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 2018  maggio 19 Sabato calendario

Il caso Bramini


Questo Sergio Bramini, imprenditore, 70 anni, da Brugherio in Brianza, potrebbe essere un eroe del nostro tempo, anzi dei nostri giorni, potrebbe cioè esser lui ad aver favorito il massimo avvicinamento tra la Lega di Salvini e il Movimento 5 Stelle di Di Maio.  

Chi è?
Un imprenditore che guida, anzi guidava, una piccola azienda di Monza con 32 dipendenti, la Icom spa. Questa Icom era specializzata nei cosiddetti «servizi ambientali», in sintesi il trattamento dei rifiuti. Ha partecipato e vinto parecchie gare, specie al Sud, nel primo decennio del Duemila e, attraverso questi lavori, ha accumulato un credito nei confronti della Pubblica amministrazione che sarebbe di 4 milioni di euro. Dico «sarebbe» perché da Palazzo di giustizia rispondono che i milioni da riscuotere sarebbero in realtà due. In ogni caso: si tratta, per un piccolo imprenditore, di una montagna di soldi ed è indiscutibile che questi soldi Bramini non li ha avuti. Per non licenziare i 32 dipendenti ha ipotecato la casa - una villa a Monza con giardino e piscina - poi i soldi del mutuo sono finiti e nel 2011 il tribunale, su istanza della banca che aveva erogato il prestito, ha decretato il fallimento. L’azienda non esiste più, i 32 lavoratori sono stati licenziati e adesso il curatore fallimentare - che ha a cuore solo gli interessi dei creditori e si disinteressa del resto - vuole la villa per rivenderla e saldare la banca. In tutto questo i due o i quattro milioni dello stato chi sa dove sono. Magari un giorno si materializzeranno da qualche parte e anzi ci sarà il problema del soggetto a cui dovranno essere versati dato che la Icom non esiste più.  

Brutta storia. In che modo attraversa i commerci fra Salvini e Di Maio?
I due hanno colto la palla al balzo e innalzato il caso Bramini a emblema di questo Stato inefficiente e ingiusto e che loro intendono cambiare dalle fondamenta. Di Maio è andato in via Sant’Albino 22 a Monza, indirizzo della villa, a portar conforto a Bramini e sparare a zero contro la pubblica amministrazione. Ieri Salvini ha fatto lo stesso, profittando di una piccola manifestazione in favore dell’imprenditore (c’era lo sfratto esecutivo) e proclamando addirittura che il prossimo premier (ancora ignoto al momento) dovrebbe proprio essere lui, il Bramini. E chissà che lunedì...  

A parte il conforto morale e la presa di posizione politica che cosa si potrebbe fare?
Il leghista Gianmarco Corbetta ha eletto via Albini a proprio ufficio parlamentare, e questo lo renderebbe intoccabile se lo sfratto non fosse già esecutivo. C’è la battaglia politica e la mobilitazione, con la distribuzione del volantino in cui Bramini spiega che gli piglieranno e la venderanno per mezzo milione a qualcuno che poi la rivenderà per due milioni almeno. Cioè l’inefficienza criminale dello stato sembra costruita apposta per favorire gli speculatori. A parte questo, c’è poco da fare, perché s’è mossa la giustizia, nelle vesti del tribunale fallimentare, e la giustizia non è, non può essere sensibile se non alle fattispecie da cui è investita. Se Bramini deve avere soldi dallo stato - dice la giustizia - faccia causa allo stato...  

Seeee, e se va bene i soldi li vedranno i suoi nipoti...
Più in generale, c’è la questione della politica economico-finanziaria che si propongono i due quasi-vincitori delle elezioni - politica fortemente espansiva che, se vincente, spingerà gli istituti di credito a tenere aperti i cordoni della borsa e chissà che qualche dollaro, dalle borse spalancate, non ci scappi pure per Bramini. Poi c’è una bella idea del responsabile economico della Lega, Claudio Borghi, che l’ha spiegata l’altro giorno al quotidiano di Belpietro, La Verità.  

Sentiamo.
Siccome i soldi che lo stato deve alle imprese stanno tra i 60 e i 90 miliardi (non c’è certezza neanche sulla cifra) e l’immissione nei circuiti di questa somma avrebbe effetti evidentemente assai benefici, Borghi propone di saldare il conto immediatamente con l’emissione di mini-bot, subito spendibili, che non aumenterebbero l’indebitamento dello stato perché sarebbero il pro-forma di un debito già esistente, e rimetterebbero in moto i meccanismi che determinano il Pil evitando tragedie come quella di Bramini. All’obiezione che in questo modo si metterebbe in circolo una moneta parallela, Borghi risponde così: «Già adesso esistono forme di controvalore che i cittadini scambiano e impegnano, normalmente, nella vita di tutti giorni. Ad esempio, cos’ è un ticket restaurant, se non un titolo garantito con cui si possono comprare delle cose? No, non è una moneta. Tecnicamente è un debito cartolarizzato». E all’altra obiezione: in nessuno stato si segue una procedura simile per pagare i fornitori, Borghi risponde in questo modo: «Non esiste nessuno Stato che sia così cattivo pagatore come il nostro».