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 2018  maggio 18 Venerdì calendario

L’amaca

Gli amici del bar, dopo rapida consultazione, si sono espressi per Bonafede premier. In mancanza di altri elementi di giudizio (idee politiche, frasi celebri, pubblicazioni accademiche, imprese sportive) si basano solo sulla faccia, e la faccia di Bonafede, nel novero delle papabili, sembrerebbe la meglio. Pare un tipo allegro (caratteristica che deve avergli procurato, tra i cinquestelle, una invincibile diffidenza). Poi chi lo ha visto nei talk show dice che non sbraita, non strabuzza gli occhi e non tenta di strangolare gli astanti, qualità che, di questi tempi, già bastano e avanzano a conferire statura da premier.
Il grillino A, che in ogni titolo di studio superiore al diploma vede un attentato alla democrazia diretta, ha qualche perplessità sul fatto che Bonafede è avvocato, ma il leghista G, che quando vuole sa essere perfino cavalleresco, lo rassicura spiegandogli che non tutti gli avvocati sono delle cattive persone. Mi mordo le labbra per non citare una delle mie battute preferite, il solito Groucho Marx: «Non dite a mia mamma che faccio l’avvocato, le ho fatto credere che suono il piano in un bordello». Nel mio bar rappresento l’opposizione (insieme a E che ha votato Leu, e non parla con nessuno da tre mesi) e devo starmene al mio posto. Per giunta anche a me Bonafede sembra il meno peggio. Dalla faccia, d’accordo. Ma è un periodo, questo, che bisogna accontentarsi di poco, e imparare a distrarsi con i dettagli dimenticando l’insieme.