la Repubblica, 18 maggio 2018
In morte di Leone Piccioni
Leone Piccioni, scomparso martedì sera, sarà ricordato come un grande testimone di cultura. Nel corso della sua lunga vita, 93 anni, ha frequentato i maggiori letterati del Novecento, li ha studiati e li ha fatti conoscere a un pubblico vasto. I suoi saggi hanno dato l’impronta alla critica letteraria nella seconda parte del secolo e questo è stato possibile perché gli scritti di Piccioni nascevano non solo da un profonda cultura, ma si alimentavano grazie alla frequentazione personale e in molti casi all’amicizia con tutti i maggiori protagonisti della sua epoca. È nota l’amicizia con Giuseppe Ungaretti. Ma occorre ricordare fra gli altri Mario Luzi, Eugenio Montale, Carlo Bo. E non basta. Piccioni ha attraversato una stagione irripetibile e l’ha vissuta sempre in primo piano. Era al centro di una comunità letteraria che ha saputo dare negli anni un indirizzo alla cultura italiana ricomponendo, in qualche caso, le ferite e le lacerazioni che il fascismo aveva prodotto e che si erano proiettate nella nuova era repubblicana. Critico insigne, dunque, ma anche protagonista fra i protagonisti quando si trattava di aprire o chiudere polemiche, ricucire rapporti personali, imporre una nuova opera all’attenzione generale. Vanno ricordate, fra le tappe della sua vita, l’Università di Firenze dove fu allievo di Giuseppe De Robertis, poi la sua attività di saggista, anche come docente di letteratura italiana, non meno del successo professionale come giornalista e dirigente della Rai. Direttore del telegiornale, autore di trasmissioni culturali innovative ( L’Approdo), in seguito per molti anni vicedirettore generale dell’istituto di via Teulada. Bisogna ritornare con la mente a quegli anni per capire come pochi uomini di cultura riuscirono a fare della Rai un grande veicolo di coesione culturale della nuova Italia, raggiungendo un traguardo di pedagogia civile che, al di là dei contrasti politici, non si sarebbe più rinnovato in altri contesti. Ma Leone Piccioni ha vissuto anche un’altra vita. Figlio di Attilio, braccio destro di De Gasperi e ministro negli anni del centrismo, fratello di Piero, famoso musicista, subì anch’egli i contraccolpi e le amarezze dello scandalo Montesi. Una vicenda destinata a dimostrarsi nel tempo quel che realmente era: un’oscura montatura. Ma anche a segnare dolorosamente la vita della famiglia Piccioni. Fino agli ultimi giorni di Leone, si potrebbe dire, che aveva affidato alla figlia Gloria la redazione di un libro con cui fare ancora una volta chiarezza su quel morboso “giallo” che segnò gli anni Cinquanta.