la Repubblica, 18 maggio 2018
Elogio di Amilcare Cipriani
Caro direttore, c’è un personaggio storico, morto cent’anni fa, il primo maggio 1918, Amilcare Cipriani (1844), riminese di famiglia, al quale lo Stato francese e quello italiano dovrebbero chiedere scusa ricordandolo invece per l’eroe e il patriota che egli realmente fu. Per l’Unità d’Italia ha combattuto a 16 anni a San Martino, ha disertato per essere coi Mille in Sicilia (nominato ufficiale sul campo), di nuovo con Garibaldi a Bezzecca. Era col Generale anche all’Aspromonte e dopo dovette, bi-disertore, fuggire all’estero, in Egitto, implicato in una oscura rissa notturna in cui fu aggredito e non aggressore. Divenuto anarchico, rimase però garibaldino e combatté come tale, per la Francia, a Digione nel 1870. Alla Comune di Parigi, l’anno dopo, Cipriani fu comandante a Place Vendôme: il governo reazionario lo condannò ai lavori forzati e alla deportazione in Nuova Caledonia per otto lunghi anni e otto di carcere durissimo li scontò, condannato senza prove, a Portolongone per la rissa di anni prima in Egitto. E altri tre gliene inflissero per i disordini scoppiati a Roma per il Primo Maggio 1891, imputati a lui oratore a Santa Croce in Gerusalemme. Nel 1897 tuttavia accorse con una legione garibaldina in Grecia contro i Turchi, battendosi col solito valore, ferito gravemente ad una gamba a Domokòs, accusato dai compagni anarchici di aver tradito la causa. Accusa ripetuta nel 1914, quando con personalità libertarie del livello di Kropotkin, Malato e Grave, si espresse a favore della Francia democratica contro gli imperi centrali. Credo che Italia e Francia dovrebbero scusarsi con lui e ricordarlo adeguatamente. – Vittorio Emiliani, giornalista e saggista studia da anni storie e personaggi legati al Risorgimento e ai movimenti libertari e le origini del fascismo