Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  maggio 17 Giovedì calendario

Cancellare 250 miliardi di debito con un colpo di spugna è impossibile

Ordinare, imporre, o anche solo chiedere cortesemente il “congelamento” e la “cancellazione” dei BTp “in pancia alla Bce” per 250 miliardi, è un atto unilaterale del debitore, lo Stato italiano, verso il creditore, ed equivale in soldoni a una dichiarazione di default sul debito pubblico. 
L’interlocutore di questa fantasiosa operazione non è la Bce ma la Banca d’Italia perché è Palazzo Koch che detiene sul suo bilancio quasi l’intero ammontare dei BTp comprati tramite il Public Sector Purchase Programme deciso dal consiglio direttivo della Bce. A Bankitalia verrebbe dunque detto che quei titoli del debito dello Stato italiano, acquistati sul mercato, equivalgono a carta straccia, perché non verranno né rimborsati né le loro cedole verranno più pagate. Quella che forse è stata presa in considerazione dal M5S e dalla Lega come una scorciatoia per ridurre in un solo colpo (contabile o non) il 10 % dello stock del debito pubblico, ha in verità la portata di un “disorderly default”, un default disordinato, il peggiore di tutti gli incubi per i Paesi dell’Eurozona, le agenzie di rating e i mercati finanziari. 
Congelare e cancellare 250 miliardi di debito pubblico italiano attraverso la Bce è oltretutto tecnicamente impossibile, se si rispettano i Trattati europei. La Bce, e dunque le banche centrali nazionali dell’Eurosistema compresa la Banca d’Italia, non possono erogare prestiti né sovvenzionare o concedere aiuti finanziari agli Stati e alle istituzioni dell’amministrazione pubblica, centrale o locale dell’Ue come stabilisce l’articolo 123 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ex Trattato di Maastricht. 
L’Eurosistema in effetti sta acquistando, con lo strumento di politica monetaria non convenzionale del quantitative easing, i titoli di Stato di 18 Paesi dell’Eurozona (non quelli della Grecia) in via indiretta, sul mercato secondario e dunque non in asta, con una proporzionalità dettata dalla chiave capitale. Si tratta di acquisti temporanei, né a fondo perduto né a tempo indeterminato: prima o poi il bilancio della Bce, e dunque delle banche centrali dell’Eurosistema, si sgonfierà e questi titoli spariranno dal loro bilancio. La Federal Reserve è già su questa strada, perché ha cessato di riacquistare l’intero importo dei titoli di Stato e altri bond in scadenza sul suo bilancio. Cancellare i 250 miliardi detenuti dalla Banca d’Italia non solo creerebbe un buco nel bilancio della banca centrale ma soprattutto getterebbe in un buco nero la fiducia nella capacità e soprattutto nella volontà dello Stato di ripagare puntualmente e integralmente i suoi debiti. Cancellare una sola fetta di debito pubblico italiano, quella detenuta dalla Banca d’Italia, farebbe marcire il resto della torta. I mercati, che non sono altro che gli amministratori del risparmio degli italiani, degli europei e di qualsiasi investitore nel mondo, scapperebbero a gambe levate. 
Una cancellazione a senso unico, senza contropartita, niente responsabilità a livello nazionale per accompagnare una richiesta di solidarietà a livello europeo, nessun accenno a impegni di condizionalità in cambio di un aiuto esterno: questo è, e questo sì fa tremare oltre a Bce e Banca d’Italia anche i partner europei dell’Eurozona – Germania e Francia in primis – che in questo momento stanno cercando faticosamente la quadra sulle riforme per una maggiore integrazione con un’accelerazione dell’Unione bancaria e il potenziamento del Meccanismo Europeo di Stabilità trasformato in Fondo monetario europeo: un percorso che passa per la condivisione e riduzione dei rischi (Francia e Bce), o prima per la riduzione e poi la condivisione dei rischi, come ha ricordato ieri Angela Merkel nel discorso sull’avvio del dibattito al Bundestag sul budget e sul bilancio pluriennale del governo di Grande Coalizione. Dopo naturalmente aver sottolineato al Parlamento la vittoria sul debito/Pil tedesco che scenderà presto sotto il 60%. 
Gli aiuti esterni agli Stati vengono per ora gestiti nell’Eurozona dal Meccanismo Europeo di Stabilità che eroga prestiti dopo la firma di un Memorandum of Understanding da parte del Paese richiedente aiuto: prestiti sono concessi a condizioni di favore ma che devono essere rimborsati dallo Stato indebitato. Non è prevista la cancellazione del debito pubblico, al momento, ma un haircut tramite l’allungamento delle scadenze e l’abbattimento dei tassi d’interesse nei prestiti MES. Non ci sarà da sorprendersi se, dopo questa fuga di notizie in Italia sulle intenzioni di cancellare il debito unilateralmente da parte delle due forze politiche che hanno vinto le elezioni, la vera grande riforma europea che ora prenderà il largo sarà quella dell’“orderly default”.