La Stampa, 17 maggio 2018
Il sistema di potere della Val d’Åosta
Chi nasce all’inferno si crede in paradiso, recita un vecchio detto valdostano. Peccato che il paradiso sia piuttosto ammaccato. Dopo mezzo secolo di benessere, stabilità e (apparente) buona amministrazione, la Valle d’Aosta ha scoperto di essere anche altro. Instabile: tre presidenti di Regione – che qui conta più del governo – in cinque anni. Opaca: inchieste sui legami tra politica, affari e giustizia. Da reinventare: antichi miti – come il Casinò – sono in disgrazia.
Domenica si vota per eleggere i 35 consiglieri cui toccherà nominare il presidente della Regione. È un’anomalia, ma non l’unica. La seconda è il sistema di voto: per la prima volta in Italia lo spoglio delle schede sarà centralizzato per impedirne la riconoscibilità e combattere il voto di scambio.
L’autonomismo in crisi
Per la prima volta il sodalizio dei partiti autonomisti capeggiato dall’Union Valdôtaine rischia di perdere l’egemonia su una terra che governa dal 1946. Colpa di indagini, divergenze politiche e rancori al cui centro si erge Augusto Rollandin. L’Imperatore, sulla breccia dal 1978, non può più fare il presidente (troppi mandati), ma guida l’Uv, nonostante una raffica di guai giudiziari che avrebbero stroncato chiunque. L’ultimo risale a pochi giorni fa: la procura lo accusa di associazione a delinquere e corruzione.
«Avessi fatto cose che non dovevo mi sarei fatto da parte», assicura. Secondo i pm, che volevano arrestarlo, «si muove da padrone» della Valle. Con Rollandin è indagato un imprenditore, Gerardo Cuomo: averne favorito i traffici è costato le manette, a gennaio 2017, all’allora procuratore capo Pasquale Longarini. Reggenza affidata a Giancarlo Avenati Bassi, rigorosissimo magistrato torinese, fino alla nomina di Paolo Fortuna, ex capo a Torre Annunziata, il primo magistrato italiano ad aver imbastito un processo per voto di scambio.
Indagini e candidature
Tutto torna. Ma niente si muove. Nonostante una condanna passata in giudicato e diverse indagini, Rollandin corre per la nona volta, forte di un pacchetto di voti che vale cinque consiglieri e impedisce all’Uv di fare a meno di lui. Almeno è rimasto fedele alla linea; un buon numero di candidati invece indossa una casacca diversa rispetto a cinque anni fa. Del resto uno scranno da consigliere vale oro là dove la mano pubblica arriva dovunque. Con 74 Comuni e 126.883 abitanti la Valle d’Aosta ha 14 mila dipendenti pubblici e 60 società. Ecco perché le inchieste degli ultimi anni sono state urticanti per la politica: Banca credito cooperativo, rimborsi dei consiglieri, ampliamento dell’ospedale, Finaosta (il braccio finanziario della Regione). E infine il Casinò de la Vallée, il simbolo dell’autonomia, concesso alla Regione nel 1948 al posto della zona franca. Fino al 2009 i valdostani non potevano entrarvi. Fino al 2000 ha fruttato 1,7 miliardi; dopo il 2003 ha perso 134 milioni. Era la prima voce di introiti per la Regione, oggi è una zavorra, tanto che tutti ne mettono in conto la privatizzazione.
Verso il cambiamento
Fine di un mito. E di un modello. «La Valle ha espresso una visione originale, autonomista ma anche federalista», spiega l’ex presidente della Regione, Roberto Louvin, oggi insegnante di Diritto pubblico all’Università della Calabria. Ha lasciato la politica, oggi osserva da lontano. «È tempo di superare la retorica del “dobbiamo stare uniti perché il nemico è alle porte”, che in passato è servita anche a coprire le magagne di casa».
In questo senso il voto di domenica può segnare una svolta epocale: la fine dell’egemonia dei movimenti autonomisti, insediati da Movimento 5 Stelle e Lega. Per la prima volta la Vallée è terreno di battaglia nazionale. Tra oggi e domani sono attesi Salvini, Di Maio, Martina e Berlusconi.
Il vento del cambiamento però sembra apparenza. In profondità si agitano le solite pulsioni: la nuova legge elettorale vorrebbe favorire le coalizioni, invece ci sono 10 liste che corrono divise. E quasi tutte evocano il mito dell’autonomia. Allora non è impossibile immaginare come sarà la Valle d’Aosta di lunedì: frammentata, litigiosa e ingovernabile. Ma autonoma.