la Repubblica, 17 maggio 2018
Tom Wolfe, un provinciale che approda a New York
Pochi come Tom Wolfe hanno saputo raccontare New York in maniera così acuta, ma la lucidità del suo sguardo era dovuta in primo luogo al fatto che era un provinciale, approdato a 32 anni nella grande metropoli. Era il 1962. Wolfe capì subito di trovarsi nel cuore del mondo, rimanendo tuttavia nell’intimo un gentleman del Sud: l’impeccabile stile da dandy era la rivendicazione di quella tradizione, che lui stesso prendeva in giro. Amava passeggiare sulla Quinta avenue come se fosse ancora in Virginia, e spiegava che il suo stile era “new pretentious”. Era orgogliosamente conservatore, e detestava il conformismo ipocrita del mondo liberal: il termine “radical chic” coniato in occasione di un party offerto da Leonard Bernstein per le Black Panther, nacque quando seppe che i padroni di casa a Park Avenue si erano curati di non far trovare, quella sera, nessun cameriere di colore. Conosceva le aberrazioni del capitalismo rampante, e “the me decade”, un’altra delle sue definizioni passate alla storia, racconta in una sola battuta l’euforia corrotta della fine del secolo scorso, che immortalò nel Falò delle Vanità. Oggi appare risibile discutere se quel romanzo fosse letteratura o giornalismo, e Wolfe appare trionfatore nello scontro polemico con Mailer, Updike e Irving, che definì “three Stooges” (tre fantocci): c’è da chiedersi quanti dei libri dei rivali rimarranno nella storia come il suo capolavoro, e appare invece del tutto propria la definizione di “Balzac di Park Avenue”. In privato era un uomo attento all’interlocutore e capace di generosità inaspettate, ma in pubblico utilizzava l’intelligenza luciferina per contraddire e demolire. Lo ha fatto con il mondo dell’arte ( The Painted Word), dell’architettura ( Maledetti architetti) e in infiniti pezzi in cui ha deriso una realtà che aveva perso i valori fondanti. Se nel Falò delle Vanità parla di moralità, altrove si riferisce alla perdita dell’idea di bellezza, sacrificata sull’altare delle mode e del guadagno. Non aveva paura di esibire la ricchezza: viveva in una casa con dodici camere da letto nell’Upper East Side, e alcuni suoi anticipi hanno stabilito record, come i sette milioni e mezzo, negli anni Ottanta, per il Falò. Detestava gli schemi, e si deve a questo approccio la creazione del New Journalism. Ne parlava poco, però, e sfoggiava ancor meno la sua robusta cultura. A chi andava a trovarlo ripeteva che solo la libertà di esprimersi, sbagliare e criticare determina un essere umano, mentre ogni vincolo, politico, ideologico o segnato dal conformismo è la negazione della vita stessa.