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 2018  maggio 17 Giovedì calendario

I tre figli Ligresti

MILANO Negli anni d’oro il nome Ligresti era quello di una delle famiglie più potenti d’Italia. Senza blasone, ma con tutti gli agganci giusti per contare. Tempi passati: la morte a 86 anni del patriarca Salvatore, dopo un lungo periodo di malattia e di totale appannamento sociale, dà la misura di quanto sia cambiata la finanza italiana in una manciata di anni. Sembra passata un’era geologica, ad esempio, da quando Jonella Ligresti lasciò il posto in consiglio di amministrazione di Mediobanca, nel 2012, perché presidente di Fonsai e vice presidente di Premafin, la holding della famiglia. Ma di quella compagnia assicurativa sono rimaste le cause penali e un oblio, per quanto non totale, che ha in qualche misura coinvolto anche i tre figli Ligresti: Jonella, la maggiore e la beniamina, quella più simile al padre e più determinata nel seguirlo negli affari; Giulia, sempre elegantissima, una passione per il design e lo yoga, che tuttora pratica costantemente in un paio di centri milanesi, anche con lezioni private, all’epoca presidente di Premafin; e Paolo, il minore, dedito agli affari immobiliari nei tempi andati, quando era consigliere Fonsai. Proprio Paolo è quello rimasto più nell’ombra – per quanto all’epoca fosse profumatamente remunerato, anche in franchi svizzeri, da Fonsai – con passaporto elvetico e nemmeno un giorno in galera, a differenza delle sorelle. È anche l’unico finora assolto in primo grado. Ora è in corso l’appello ma il procuratore generale proprio di recente ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado: assoluzione, dunque, perché il fatto (falso in bilancio e aggiotaggio) non sussiste. Sono le stesse imputazioni per cui, a Torino, Jonella è stata condannata a cinque anni e otto mesi; sentenza appellata, ma in cui non è ancora stata fissata l’udienza. Lei si è fatta quattro mesi dietro le sbarre e altri otto ai domiciliari; chi la conosce dice che è stato solo per seguire meglio il figlio più piccolo che a un certo punto aveva chiesto il patteggiamento della pena, che le fu comunque negato. In attesa dell’appello, intanto Jonella lavora con la figlia Ludovica, al bar-panineria di lusso Pret a panin, nel centro di Milano. Allora ventenne, la figlia aveva fatto irruzione in procura a Torino, gridando «Ti voglio bene mamma»; ora ha il 70% della società Doc Point, che gestisce appunto il bar. Sulla pagina Facebook di Jonella c’è la cancellazione dell’evento che avrebbe dovuto tenersi stasera nel locale; si terrà invece nel pomeriggio il funerale del padre Salvatore. Nel 2016 il bilancio della Doc Point era in rosso, per 163 mila euro, ma all’epoca si trattava praticamente di una start up. Evidentemente però la figlia primogenita di Jonella ha preso dalla madre (e ancora più dal nonno) la passione per gli affari, perché da pochissimo ha registrato una nuova società insieme ad altri soci, la Glimmed, per commercializzare on line e non prodotti di moda, accessori e pelletteria (comprese le cover per i telefonini). Ma il marchio Glimmed esiste già da qualche tempo. Settore contiguo a quello tanto amato dalla zia Giulia. Le sue borsette Gilli – quelle della “borsa assicurata” e poco rimpiante dai bilanci Fonsai, per le tante consulenze pagate alla seconda figlia di Don Salvatore – sono state sostituite dall’arredamento di design. Prima tappa, sedie in silver, oro e bronzo, con le lettere nello schienale per comporre parole.