la Repubblica, 16 maggio 2018
Spike Lee non nomina mai «quel tizio che vive alla Casa Bianca»
Intervista di CANNES Hate e Love, odio e amore, le due parole scritte sugli anelli che Spike Lee sfoggia sulle nocche delle dita: le ha mostrate a tutti gli spettatori alla fine del suo applauditissimo film, BlacKkKlansman, qui a Cannes alla sua prima mondiale. Tratto dall’autobiografia del poliziotto afroamericano Ron Stallworth (interpretato dal figlio maggiore di Denzel Washington, John David), segna il ritorno di Lee a Cannes, dove aveva praticamente iniziato la sua carriera con Fa’ la cosa giusta nel 1989. Incontriamo il regista di New York, 61 anni, il pomeriggio dopo la première. Perché questo film? «Jordan Peel, il regista di Get Out, mi chiama dicendomi che ha acquistato i diritti del libro. Gli chiedo: di che parla? Lui: di un poliziotto nero a Colorado Springs negli anni 70 che s’infiltra nel Ku Klux Klan. Gli dico: vuoi ripetere? Un nero infiltrato nel KKK? È mai possibile? Sì, mi dice. Ed eccoci qui a Cannes, di nuovo». Di grande attualità, anche se ambientato negli anni Settanta. «Per avere successo sapevo che dovevamo mettere nel film, dall’inizio alla fine, frasi e parole che avrebbe fatto chiedere allo spettatore: un momento, ma davvero dicevano queste cose allora? Beh, le dicono anche oggi». Ha scelto di chiudere il film ricordando i tragici eventi di Charlottesville e lo scontro tra i liberal e i suprematisti bianchi di destra. Perché? «La tragedia è successa durante la post produzione del film che uscirà proprio nel primo anniversario di quegli eventi. Io mi trovavo allora a Martha’s Vineyard in Massachusetts, e quando ho sentito quello che è successo ho subito saputo che questo doveva essere il mio finale. Ho chiamato la madre della ragazza che è stata ammazzata, messa sotto dall’auto del folle, e una volta ottenuta la sua benedizione ho detto “fottetevi tutti, quella scena sarà nel fottuto film”. Abbiamo un tipo nella Casa Bianca di cui non dico il nome e quel fottuto aveva la possibilità di dire che in America serve l’amore e non l’odio, quel fottuto non ha denunciato i fottuti Klan, l’ultra destra e i fottuti nazisti. Ma questa non è una cosa solo degli Usa, la destra appartiene a tutto il mondo. Ogni sera vado a letto pensando che questo tipo alla Casa Bianca ha un codice nucleare, e mi spaventa. Ma ci sono ingiustizie in tutto il mondo, non voglio che la gente esca da questo film pensando che queste cose succedono solo negli Usa, è un problema globale». Con il film dice di voler risvegliare gli animi, non solo in America. Un film può ottenere questo effetto? «Io credo che l’arte possa cambiare il mondo, che sia un quadro, una fotografia, un film, un libro, una canzone, è il potere dell’arte e della narrativa. Sì, per me questo film esorta a un risveglio delle coscienze. E non mi importa cosa dicono, io so che siamo dalla parte giusta della storia». Ha detto che il tipo alla Casa Bianca, come lo definisce lei, dopo Charlottesville aveva la possibilità di parlare al paese chiaramente. Che intende? «Le sue parole saranno il suo epitaffio. Non solo come presidente ma come essere umano, famoso o meno, arrivi a un punto in cui devi fare una scelta. Che fai? Fai la scelta giusta, la cosa giusta, fratello, quando arriva il momento. Perché la vita è fatta di scelte, e le scelte che fai hanno ripercussioni e conseguenze. E quando diventi un leader mondiale le conseguenze delle scelte e delle tue parole sono enormi. Per esempio il Presidente Lyndon Johnson ha fatto la scelta del Vietnam, e la gente ancora ne soffre, quella guerra è stata immorale, non avremmo mai dovuto esserci». Perché gli anelli con le parole “love” e “hate”? «Due homages, per dirla alla francese, visto che siamo qui. Mi sono ispirato al grande film La morte corre sul fiume di Charles Laughton con il mitico Robert Mitchum che aveva dei tatuaggi sulle nocche che dicevano odio e amore. Poi ho pensato al personaggio di Radio Raheem in Fa’ la cosa giusta, vi ricordate? Ho pensato: che faccio sul tappeto rosso? E li ho tirati fuori dal cassetto. Perché è una scelta: odio o amore? Per me la scelta è molto semplice».