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 2018  maggio 14 Lunedì calendario

Gli aeroporti italiani sono 113

Se c’è una cosa che in Italia non manca sono gli aeroporti: ne esistono 113. Escludendo quelli militari, le scuole di volo, gli aeroclub e le basi degli aerotaxi, gli scali effettivamente operativi che ospitano il vero e proprio traffico commerciale sono 42, che risalgono a 53 considerando anche i casi ibridi. Ma quanti di questi aeroporti vengono gestiti con sani criteri economici? La domanda non ha una risposta facile, perché l’economicità non andrebbe valutata solo sulla base dei bilanci aziendali come entità a sé stanti, ma anche tenendo conto delle risorse che uno scalo (pur se passivo di suo) riesce ad attrarre sul territorio. Con tutte le riserve del caso, Andrea Giurcin, docente di Economia dei trasporti all’università Milano Bicocca, dice che «l’esistenza di almeno metà degli aeroporti commerciali italiani non è giustificabile in termini economici».
Le agevolazioni
Una voce importante, in questa anti-economicità diffusa, è il doping delle agevolazioni e degli sconti sul prezzo dei servizi (di fatto si tratta di sussidi) che parecchi scali pagano a Ryanair o ad altri vettori (low cost o tradizionali) per deviare artificialmente qualche flusso di traffico verso le loro piste. Antonio Bordoni, docente di gestione delle compagnie aeree alla Luiss e autore del libro «Ryanair nel Bel Paese» (ancora più significativo è il sottotitolo: «Cronaca di una colonizzazione»), dice che «una situazione del genere non ha riscontri negli altri Stati europei».
Però, a sorpresa, gli analisti del settore, pur se paladini del libero mercato, non condannano automaticamente tutte le agevolazioni alle compagnie aeree. Ancora Giuricin: «In certi casi la strategia del sussidio si è dimostrata vincente. Per esempio ha funzionato con l’aeroporto di Bergamo, che non contava niente ed è cresciuto fino a diventare il terzo d’Italia, o con quello di Pisa, che gradualmente ha superato Firenze». Qual è il discrimine fra i casi di successo e gli altri? Il docente della Bicocca dice che «i sussidi sono utili se inseriti in un progetto di crescita a lungo termine. Se invece hanno un respiro di pochi anni, fino alle successive elezioni, solo per far rieleggere il politico di turno, e se per di più si accompagnano ad altre diseconomie, come disattenzione ai costi, personale in eccesso eccetera, le agevolazioni alle compagnie aeree si trasformano in puro e semplice spreco di denaro. Che nella maggior parte dei casi non riesce neanche a giustificarsi con l’attrazione di flussi turistici extra, perché è raro che basti offrire posti in aereo per raggiungere l’obiettivo».
L’ultima parola al prof. Bordoni: «In Italia si aprono di frequente inchieste sulla cattiva gestione degli aeroporti, ma poi le autorità locali fanno una telefonata per segnalare che così saltano dei posti di lavoro, e l’indagine si arena».