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 2018  maggio 13 Domenica calendario

Casanova, il coltissimo

A Praga, nella notte del 29 ottobre 1787, andava in scena la prima del Don Giovanni di Mozart. Era assente il librettista Lorenzo Da Ponte, richiamato a Vienna. Si fece sostituire dall’amico Giacomo Casanova, ritiratosi da un paio d’anni come bibliotecario nel castello di Dux, oggi Duchcov, dei conti Waldstein, un centinaio di chilometri dalla capitale ceca. Incredibili avventure, che sembrano aneddoti e invece furono reali, unirono il musicista al vecchio libertino, ormai prigioniero del suo passato.
Non ne tentiamo una rassegna, diremo soltanto che un lustro dopo quella magica notte, nel settembre 1792, Da Ponte, con la moglie Nancy, farà visita all’amico. Il motivo si legge nelle Memorie del librettista: «Dovevami alcune centinaia di fiorini». Ben presto, però, si accorse che «la sua borsa era più smunta della mia»; per tale motivo lasciò cadere il credito e prese la strada di Dresda, senza insistere. Casanova lo ringraziò con un consiglio: se gli occorreva denaro, poteva “mettere a rendita” le qualità della giovane sposa. La quale restò colpita – aggiunge Da Ponte – «dalla vivacità, dall’eloquenza, dalla facondia e di tutte le maniere di questo vegliardo straordinario».
È un ritratto diverso da quello del principe Charles-Joseph de Ligne. Nelle sue Mémoires et mélanges si legge: «Ha in testa soprattutto le donne e le ragazzine, ma ormai esse non possono più uscirne per passare in qualche altro posto. Ciò lo irrita, lo fa arrabbiare contro il bel sesso, contro se stesso, contro il cielo…» (edizione Dupont 1828, IV tomo, p. 291). Del resto, Casanova sfugge a ogni possibile raffigurazione, soprattutto se si cerca di conoscerlo soltanto come femminiere. Non va dimenticato che era coltissimo. Oltre la celebre Histoire de ma vie, documento indispensabile per capire il ‘700 gaudente e intrigante, tradusse in ottava rima l’Iliade, anche se dal latino e senza compire l’impresa; nel 1788 pubblicò a Praga l’Icosameron, un romanzo in cinque volumi in cui è descritto un viaggio al centro della Terra, anticipando le fantasie di Verne e Wells. Inoltre, a Dux sono stati ritrovati testi filosofici inediti. Conosceva matematica e teologia, suonava il violino, per il figlio del senatore Bragadin cercò la pietra filosofale, aveva notevoli conoscenze esoteriche. Eugenio Garin amava ricordare che quando fu arrestato per empietà, magia e altro nel luglio del 1755, tra i libri sequestrati c’era il Picatrix, testo latino tradotto dall’arabo dell’XI secolo, indispensabile per l’occultismo astrologico.
Ora una biografia dello storico delle religioni orientali Silvio Calzolari, intitolata Casanova, approfondisce e mette in luce gli aspetti qui soltanto accennati. È accanto a Mozart e studia le sue scienze, si reca da papa Benedetto XIV («mi prosternai e baciai la santa croce della sua santissima pantofola») e organizza “truffe alchemiche”. Calzolari ne segue i passi, sino in Lettonia e Russia, ricostruisce la relazione con la marchesa d’Urfé, che lo porta da Rousseau: sarà alleggerita dal nostro di soverchie ricchezze in cambio di relazioni con il mondo invisibile. Né mancano gli incontri con il conte di Saint-Germain, alchimista e personaggio di rilievo alla corte di Francia, che si ritrova tra l’altro ne La dama di picche di Puškin. Conosce Cagliostro, Caterina II a San Pietroburgo, Voltaire, Federico II, e anche un prete di Breslavia che fu amante del sovrano.
Calzolari, oltre l’esoterismo, evidenzia censure, frequentazioni e non soltanto amori; insomma, la sua è una biografia sapiente e leggibile. Come congedarci da Casanova? Con una frase che forse pronunciò, di certo la proferirono Metternich e Talleyrand al Congresso di Vienna, assise in cui si parlò (tra le ultime volte e seriamente) di Europa: «Chi è nato dopo il 1789 non può dire cosa sia la vita». Con la Bastiglia fu demolita anche la joie de vivre? Casanova conosceva la risposta.