La Stampa, 13 maggio 2018
La mamma che nessuno vorrebbe
Cara Maria,
ho 22 anni, sono sempre stata una brava ragazza. Bei voti a scuola, pochi grilli per la testa, responsabile. Almeno nella norma. Una brava figlia, come si dice. Ma non sono mai stata apprezzata dai miei genitori, soprattutto da mia madre. Loro si sono separati che io avevo 12 anni. Mio padre se ne è andato perché la convivenza con mamma perennemente depressa e con un problema serio con l’alcol era durissima. Io l’ho pregato, anche se ero solo una bambina, di non lasciarmi sola con lei, ma lui ha detto che non poteva rinunciare alla sua vita. Stava troppo male. Che io sarei potuta andare a vivere con lui. Ma io ero solo una bambina e a casa c’era mamma, infelice e ossessionata dai suoi demoni Non potevo pensare di abbandonarla. Sono fatta così, non ce la faccio proprio a pensare solo a me. Voglio bene alla mia mamma e quando emerge la vera lei, «l’originale», la parte non intaccata dalla sofferenza e dal tormento, è una donna profonda, sensibile, anche divertente. Ma capita rarissime volte. Tutto il resto del tempo è ripiegata su se stessa e scarica la sua ansia, anche la sua rabbia, su di me.
Mi dice che sono grassa, che non sono buona a niente, di non fidarmi dei miei amici che tanto mi tradiranno. Che è meglio che io resti sola perché visto che non sono né ricca né bellissima sono destinata a essere lasciata e a soffrire. Prima queste cattiverie le diceva a mio padre, da quando non lo ha più sottomano le dice a me e io non riesco a essere indifferente, a pensare che fa così perché sta male. Questo influenza la mia vita, il mio rapporto con gli altri e adesso che sto finendo l’Università capisco che devo andarmene. Penso di fare un master all’estero ma sono tormentata dai sensi di colpa. Mio padre mi incita a provarci, ma tanto lui è il re dell’egoismo. Non ci ha pensato due volte non solo a lasciare lei ma anche me. Io sono diversa. Come posso lasciarla da sola? È mia madre.
Carmen
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