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 2018  maggio 13 Domenica calendario

La Chiesa e il potere locale (intorno a una decisione dei vescovi tedeschi)

Angela Merkel ha ricevuto in consegna ad Assisi la “lampada della pace” e ha ricordato «la fragilità della pace» stessa. La figlia del pastore evangelico Horst Kasner (questo il cognome d’origine della cancelliera), che ha chiuso da poco le celebrazioni del quinto centenario della Riforma luterana, ha fatto un discorso molto politico su quel «progetto senza pari di pace» che è l’Europa. Cosa che tocca anche le chiese cristiane che l’ascoltavano ieri. Le chiese, infatti, possono ridursi a produttori di appelli, distributori di morale a gettone o fare le fusa sulle pantofole del potere in nome delle buone opere che riescono a inventare. Oppure possono assumere fino in fondo la responsabilità della pace di un continente in cui le pulsioni che hanno generato le guerre di religione, le guerre mondiali e la Shoah sembrano non tacere mai. Dilemma che in certo modo sembrava la filigrana di un dossier esaminato in questi giorni a Roma – forse il più delicato e complesso arrivato sul tavolo di papa Francesco – da cui sono uscite tre conclusioni epocali. Il dossier nasceva da una decisione della Conferenza episcopale tedesca. Essa aveva elaborato delle linee guida e fissato le condizioni in cui il coniuge protestante – puta caso la famiglia Kohl – può fare la comunione nella messa cattolica. Fino a oggi il diritto canonico consentiva eccezioni trattate come «gravi casi» e la prassi scaricava sui fedeli il modo di aggirare la disciplina, mentre affidava a parroci e pastori la gestione della questione. Poche settimane fa i vescovi tedeschi (fra i quali ci sono importanti teologi e che hanno attorno importanti teologi) hanno stabilito che il coniuge evangelico o riformato, che abbia coscienza della «fede della Chiesa cattolica», possa riceverne l’eucarestia. Una decisione epocale perché dice che le chiese non possono accontentarsi delle buone maniere fra capi religiosi, ma devono cercare un’unità “visibile” che tocchi la vita vissuta del popolo di Dio. Una decisione ancor più capitale perché per la prima volta vede un episcopato usare quella «certa autorità dottrinale» che la Evangelii Gaudium ha riconosciuto alle conferenze episcopali, segnando una svolta storica (basta fare il confronto col divieto imposto da Roma ai vescovi americani di fare delle linee guida contro i pedofili preti e i vescovi omertosi all’inizio degli anni Novanta). E un atto di riforma del papato: quando i vescovi andranno a lamentarsi di qualcosa – si pensi alla scarsità quantitativa e qualitativa del clero – il Papa potrà dire che non ogni problema ha una soluzione “universale”. Ma c’è una terza dimensione non meno decisiva. Dopo la decisione della Conferenza episcopale tedesca alcuni vescovi rimasti in minoranza hanno fatto “ricorso” davanti all’ex Sant’Uffizio. La scommessa era che la Congregazione per la dottrina della fede, guidata ora da un teologo di grande spessore come monsignor Ladaria, rivendicasse a sé la materia o l’arbitrato. Invece, la sentenza dell’ex Sant’Uffizio è stata «cercate un consenso possibilmente unanime fra voi». Alla vigilia della visita a Roma del patriarca ecumenico Bartholomeos, in prossimità dell’incontro con il patriarca di Mosca che potrebbe arrivare a Bari presto, nei giorni che hanno preceduto la presenza di Angela Merkel in casa di quei frati su cui Lutero riversava incandescente ironia, il papa di Roma mostra che la Chiesa può avere nel corso della storia un peso solo se si fa portare dal giogo soave del Vangelo.