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 2018  maggio 13 Domenica calendario

Toni Servillo racconta il corpo di Berlusconi

Nel giorno in cui i giudici decidono per la riabilitazione di Silvio Berlusconi, che ora può ricandidarsi alle elezioni, mi trovo a parlare con Toni Servillo della sua interpretazione di Berlusconi nel film di Paolo Sorrentino, Loro, la cui seconda parte è appena uscita nelle sale. Chiedo a Servillo che immagine intendeva comunicare impersonando il tycoon televisivo, l’ex Presidente del Consiglio. «Quando ho interpretato Andreotti nel Divo avevo ben presente che si trattava di un attore politico che si muoveva al centro dei palazzi del potere e, pur non essendo scevro di presenza fisica, faceva dell’allusività, del mistero, della distanza, dell’introversione il suo costume. Con il personaggio di Silvio Berlusconi mi sono dovuto misurare con un attore politico che agisce in estroversione, che mette al centro della scena il proprio corpo, il suo totem, un uomo che calca la scena politica con una precisa strategia autoriale». È forse per questa ragione che Sorrentino ha scelto la scena privata, per raccontarlo, per sfuggire all’aspetto più pubblico del personaggio? «È così. Nella recitazione io ho dovuto collocarmi a metà strada tra l’attore-Berlusconi, perché questo è, un attore, e il suo personaggio reale. Sorrentino l’ha ambientato nell’Eden sardo, nel momento in cui è estromesso dal potere e vuole tornare al potere. Solo in quella dimensione privata era possibile raccontarlo, non in quella pubblica». La sua recitazione pare puntare su una fissità del personaggio, nelle espressioni del viso, ad esempio la palpebra destra abbassata, e anche nei movimenti del corpo, che pare ingombrante, grosso. All’epoca del racconto cinematografico ha settanta anni. Oggi che ne ha ottanta quello di Berlusconi è ancora un corpo politico, funziona ancora la sua fisicità? «Credo che sia ancora un corpo politico, che ha un’influenza notevole sulle coscienze degli italiani; agisce nel loro inconscio; la sua tecnica estroversa, da star, produce la sensazione che il pubblico lo giudichi sulla base di quello che pensa di se stesso. Per cogliere il mistero di Berlusconi bisognava estrarlo dalla dimensione pubblica, collocarlo in un luogo in cui agiscono i sentimenti, i suoi sentimenti personali. Sorrentino l’ha portato su un piano simbolico, e questo gli ha permesso d’agire a briglia sciolta con la propria fantasia, per cercare risposte alle domande su chi sia Silvio Berlusconi, per capire come riesce a introdursi nell’ossessività del pubblico che lo segue, che lo vota, che lo adora. Il film non fornisce spiegazioni, ma immagini». Loro è diviso tra una prima parte, con il sesso, il carnaio delle ragazze, e una seconda, che invece sembra più quieta, lenta, meno ossessiva dominata da Silvio? «La prima parte è quella del disorientamento psicosociale, è il disorientamento morale, quello del “liberi tutti”, incarnato da Scamarcio, che recita Sergio Morra; è il vacum psicosociale dei nostri anni; la seconda corrisponde invece all’otium del personaggio principale, Silvio, nel suo piccolo paradiso. La relazione con la moglie diventa il punto di svolta, di passaggio nel ritorno al potere». Ma non è forse vuoto anche il Silvio di Sorrentino? «Per risponderle mi rifaccio alla trilogia della villeggiatura di Carlo Goldoni, che è poi la fonte di gran parte della commedia all’italiana. C’è la prima parte, che è la smania della villeggiatura, poi durante la seconda, la villeggiatura, i nodi vengono al pettine nel rapporto tra pubblico e privato, infine c’è il ritorno dalla villeggiatura stessa: delusione. Goldoni racconta una trasformazione antropologica. Lo stesso ha cercato di fare Sorrentino. Nella Grande bellezza c’erano le terrazze romane, in cui si chiacchierava, si sparlava, si discuteva. Loro racconta invece come oggi la scena sia occupata dal ballo delle individualità. Il Paese avrebbe bisogno non del disordinato ballo individuale, in cui ciascuno va per i fatti suoi, ma di un altro ordine collettivo, diciamo “repubblicano”, come nel 1946. Purtroppo si va facendo strada l’idea che ciascuno si fa i fatti propri, e chi li fa meglio è il più bravo. Noi avremmo bisogno d’idee, non dell’ossessione dei corpi, o del modello del corpo politico di Berlusconi che ha dominato in questi anni». Con quello che è accaduto ieri in tribunale si prospetta un ritorno del leader di Forza Italia direttamente nella politica. Berlusconi appare immortale. «Certamente coltiva l’idea di un’immortalità che si fa beffe del tempo. Pensi che nel secondo dopoguerra De Gasperi è durato sette anni. Davanti a uno statista così si aveva la sensazione che il suo corpo, al pari della sua vicenda politica fosse, caduco, mortale. Silvio Berlusconi ha un corpo politico che si propone come immortale». Il film di Sorrentino, come lei dice, pare suggerirci delle interpretazioni, non un’unica interpretazione. In Loro 2 Veronica, la moglie, alla fine gli dice: “Non ti sei mai rivelato, non si sa chi sei”. Si esce dalla sala, dopo aver visto la prima e la seconda parte, con la sensazione di essersi avvicinati al mistero di Silvio, di averlo sfiorato, senza però raggiungerlo. Forse è proprio quel vuoto a colpirci. Mi sono domandato: ma come ha fatto la bolla del vuoto ad arrivare così in alto? Come è potuto accadere? Lei sapeva chi è davvero Silvio Berlusconi mentre lo interpretava sul set? «No. Francamente da uomo di teatro so che un personaggio lo capisco solo interpretandolo, e più lo si interpreta, più lo si capisce. Berlusconi per me è un personaggio, ma è anche un uomo in carne e ossa. Tuttavia in teatro, alla fine delle repliche, il personaggio che hai interpreto è diventato anche inafferrabile. Sorrentino non ha voluto dire chi è davvero Silvio, ma porre la domanda agli spettatori, non dargli la soluzione del mistero, piuttosto mettere in moto i loro pensieri. Abbiamo provato a raccontare nella sua singolarità storica un personaggio che è uno dei gli uomini più ricchi del Paese, ed è stato anche Presidente del Consiglio, per cercare di avvicinarci il più possibile, per suggerire tutte le porte che si possono aprire». Ho la sensazione che nel film circoli un senso di morte, a partire dalla prima scena, in cui schiatta di colpo la pecora, che forse è il simbolo stesso dell’innocenza. È così? «Il senso di morte è perfettamente speculare alla presenza del presente, all’immortalità. Se lo ricorda uno slogan pubblicitario di qualche tempo fa? Diceva: “Life is now”. Una pubblicità ossessiva, oscena. Ecco, l’immortalità di Silvio Berlusconi è la vita ora, nel presente, in un eterno presente».