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 2018  maggio 12 Sabato calendario

Un piano da 100 miliardi

Non c’è ancora il nuovo governo, men che meno si sa chi sarà il nuovo ministro dell’Economia eppure i conti pubblici sono già in tensione. Il menù che stanno preparando Lega e 5 Stelle, incentrato sui rispettivi cavalli di battaglia dell’ultima campagna elettorale, per quanto un poco temperati rispetto agli annunci roboanti dei mesi passati, ha infatti costi altissimi. Si va da un minimo di 60 miliardi sino a un massimo che supera quota 100. Tant’è che dai vari tavoli tecnici riuniti in questi giorni quasi in seduta continua è uscita l’idea di coprire tutte le nuove spese azzerando tutte le agevolazioni fiscali concesse alle imprese e varando una sanatoria di tutto il contenzioso che i contribuenti hanno con Equitalia in modo tale da recuperare in tutto all’incirca 90 miliardi di euro. Una cifra iperbolica, non certo facile da reperire, ma che renderebbe possibile il varo in contemporanea di flat tax e reddito di cittadinanza.
L’assegno destinato ai più poveri su cui spingono i 5 Stelle, per quanto ritoccato dalla richiesta della Lega di farlo durare al massimo due anni, costa infatti 14-15 miliardi di euro. Più due destinati ai centri per l’impiego: 16-17 miliardi in tutto secondo i grillini, contro i 35-38 stimati però dal presidente dell’Inps Boeri.
Flat tax a due aliquote
A sua volta il piatto forte del programma di Salvini, la flat tax, non dovrebbe costare meno di 50-65 miliardi di euro. Anche questo progetto potrebbe subire un ritocco prevedendo, almeno in una prima fase, non più una ma due aliquote (la prima al 15% sino a 80mila euro ed una seconda al 20% sopra quella cifra) con una serie di deduzioni, articolate in quattro differenti scaglioni, in modo tale da assicurare progressività al meccanismo ed aiutare i redditi più bassi.
Terzo pezzo forte del menù la legge Fornero, che non verrebbe più «abolita» ma più semplicemente «superata» o «rivista» con l’introduzione di una quota 100 come somma dell’età e degli anni di contributi (60+40, 65+35, ecc.) e la previsione di poter andare in pensione anche dopo aver maturato 41 anni di anzianità. In questo modo, anziché azzerare 15-20 miliardi annui di risparmi per varare la controriforma di miliardi ne basterebbero da 5 a 8. Infine gli aumenti Iva: sia Lega che 5 Stelle vogliono bloccarli. Per farlo occorre però reperire altri 12,4 miliardi solo per il 2019.
Il conto finale della manovra grillo-leghista è presto fatto: si va da un minimo di 83,4 ad un massimo di 124,4 miliardi lordi, a seconda che si tengano buone le previsioni dei tecnici del governo nascente o quelle di esperti indipendenti. Di qui l’esigenza di calcare la mano sui tagli ad altre voci del bilancio a partire tax expenditures (ma salvaguardando gli sgravi a favore delle persone fisiche, dalla detrazione del mutuo agli sconti per la sanità) e introducendo una sorta di condono fiscale. Operazione che però si presenta tutt’altro che facile ed infarcita di una tantum. Per questo non è da escludere che una serie di interventi, soprattutto i più onerosi, possano essere graduati nel tempo. Ma anche stando stretti il conto rischia di essere già molto alto: la manovra 2019 potrebbe infatti superare abbondantemente la soglia dei 30 miliardi. E per questo non viene esclusa la possibilità di ritoccare all’insù il deficit.
Sfondare il deficit?
La Lega è dell’idea che si possa sfiorare la soglia del 3%, i 5 Stelle sono invece più cauti. E così a fronte dello 0,8% indicato nell’ultimo Def del governo Gentiloni una possibile mediazione potrebbe fermare l’asticella tra l’1,1 e l’1,4% in modo da «liberare» 5-10 miliardi. Ue permettendo.