Gazzetta dello Sport, 12 maggio 2018
Casaleggio vuole sottoporre alla piattaforma Rousseau il contratto di governo
C’è quest’idea, esposta ieri da Davide Casaleggio in una conferenza stampa al senato: di sottoporre il contratto di governo che Di Maio si accinge a firmare con Salvini al giudizio degli elettori cinquestelle.
• È grave?
Mi pare abbastanza enorme. Casaleggio dice: abbiamo sempre fatto così, e questo sistema è risultato poi determinante. Aggiunge: il «verdetto» sarà considerato vincolante. Verrà seguita una procedura blindata per scongiurare eventuali manomissioni esterne: «Sul ruolo della certificazione stiamo lavorando in diverse direzioni». Ci sono parecchie obiezioni e alcune, assai rilevanti, di principio. Prima di tutto: in che senso Di Maio sarebbe il capo politico del M5s se un migliaio di clic sul sito Rousseau possono sconfessarlo in ogni momento? E dico “migliaio” non a caso: c’è gente che è stata candidata alla guida di una regione con poche decine di clic, la stessa Raggi, in un momento in cui qualunque candidato del M5s avrebbe vinto le elezioni a sindaco di Roma, si trova dove si trova grazie a un consenso personale di 1.764 voti, parì al 47% di una consultazione (febbraio 2016) che vide coinvolte 3.862 persone. E la ragazza, con i risultati che sappiamo, guida una metropoli con tre milioni di cittadini, 12 miliardi di debito e l’occhio del mondo perennemente puntato sopra! Poi: supponiamo che il M5s ottenga un giorno la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento e che tra i suoi iscritti circoli l’idea che gli immigrati vadano passati per le armi. Gli eletti, i gruppi, le camere nulla potranno contro la prepotenza degli internauti e la messinscena della democrazia diretta. Ma è poi davvero diretta una democrazia che si basa sull’opinione degli iscritti a un partito che hanno voglia quel giorno - e magari il giorno dopo sarebbero andati al cinema - di rispondere a un questionario? A questo punto si pone con forza anche la questione delle garanzie.
• Che garanzie?
Il vertice del M5s ha fatto presto, quando lo ha ritenuto opportuno, ad ignorare il voto degli iscritti se il risultato non coincideva con i calcoli delle segrete stanze. Dico la verità: Mattarella, che vigila su questa difficile trattativa, dovrebbe porre a Di Maio una questione dirimente: se il paese deve essere governato da un’impresa privata con fini di lucro, andiamo al voto e facciamoci confermare quest’idea dal popolo sovrano, formato da pochi iscritti e milioni di non iscritti. Dovrebbe rifiutarsi a un passaggio simile anche Salvini, che sulla faccenda dei clic prese giustamente una dura posizione l’anno scorso.
• Che cosa disse?
Pronunciò un discorso lo scorso settembre e insistette proprio su questo punto, con la foga che lo caratterizza quando parte in quarta: «Perché qualcuno il parere degli italiani lo chiede coi clic. Coi clic! Scelgono i sindaci coi clic! Evidentemente sbagliano qualcosa se col clic è uscita una marziana come Virginia Raggi che sta distruggendo quello che era rimasto della capitale». Eccetera. Sarà dura, per il capo leghista, ingoiare l’umiliazione di vedersi giudicare dai seguaci di un privato cittadino non eletto da nessuno. Allora, se si deve consegnare il potere a un non eletto - si direbbe -, meglio il governo neutrale di Mattarella.
• Mi sa che, in ogni caso, sia gli elettori leghisti che quelli grillini avranno parecchio da dire sul contratto di governo.
Le bordate sono molte. A parte i pezzi di Travaglio, che ieri è tornato alla carica invitando Di Maio ad andare a vedere Loro-2
per rinfrescarsi la memoria su Berlusconi (Travaglio, per come si sono messe le cose, considera Berlusconi un membro del governo o della sua maggioranza), sono usciti allo scoperto altri ex simpatizzanti del Movimento 5 stelle. Il sociologo Domenico De Masi l’ha giudicato un governo di destra talmente di destra che non se ne trova uno così di destra in nessun momento della storia d’Italia (la qualifica di «destra» per De Masi è evidentemente infamante). Non parliamo di Paolo Flores d’Arcais, altro estimatore delle idee rivoluzionarie di Beppe Grillo. Fino all’altro ieri. Ieri ha detto: «Il nascente governo M5s-Lega per quello che se ne può giudicare allo stato attuale è abbastanza abominevole. Salvini rappresenta in Italia il lepenismo, cioè il fascismo postmoderno. Questo basterebbe. Ma in più c’è il fatto che tratta con Di Maio anche a nome di Berlusconi, mentre milioni di elettori hanno votato M5S per chiudere un quarto di secolo di egemonia di Berlusconi sulla vita pubblica, esercitata dal governo e dall’opposizione attraverso la legittimazione del conflitto di interessi e leggi che hanno reso più difficile la lotta alla mafia e alla corruzione. Come può dunque un governo siffatto rispondere alle motivazioni che hanno spinto gli elettori a votare M5S?». Alla domanda: «Crede che i 5 Stelle usciranno con le ossa rotte da questa avventura?», Flores risponde: «Credo proprio di sì». Mi viene in mente che la storia del sondaggio possa essere un mezzo escogitato da Casaleggio, in combuta magari con lo stessio Grillo (a cui il Movimento che si sporca le mani - e non solo - per governare non è mai piaciuto), per fermare lo stesso Di Maio. Il quale ha l’aria, per la smania di diventare premier o ministro, di non aver chiaro quello che sta facendo.
• Su premier e ministri si stanno mettendo d’accordo?
Sono impegnati a dare i nomi a Mattarella domani sera. Mah.