La Stampa, 10 maggio 2018
“L’asparago farà la fortuna di Santena”. Parola di Cavour
Asparagi e Cavour, storia e agricoltura: un binomio indissolubile della tradizione di Santena, cittadina di 10 mila abitanti a una manciata di chilometri da Torino. Una storia che comincia nell’800 quando Cavour, originario di Santena, scrive a un cugino chiedendogli di contattare un famoso agronomo perché vuole incrementare la coltivazione degli asparagi: «Saranno la fortuna di Santena» dice lo statista con l’intuito che lo ha sempre contraddistinto. Oggi se ne producono 1500 quintali l’anno per un business di 4 milioni di euro che coinvolge Santena e il territorio del Pianalto.
I produttori locali associati, che sono una ventina e fanno capo al vulcanico Gino Anchisi, hanno voluto omaggiare Cavour mettendo la sua effigie sul marchio di qualità che contraddistingue gli asparagi di Santena in occasione dei dieci giorni della sagra che parte domani. Incrociando le dita per il tempo: l’asparago è sensibile al clima e l’anno scorso si temeva di non avere abbastanza prodotto per la festa. Finiranno in pentola 23 quintali di asparagi per un totale di oltre 10 mila pasti serviti grazie a una settantina di volontari che si alterneranno tra cucina e tavoli. Una sagra che racconta ancora una volta di asparagi ma anche di Cavour: a partire dal logo, un asparago spaziale per ricordare il premio intitolato allo statista e dato quest’anno a Samantha Cristoforetti. Per arrivare al gemellaggio celebrato sabato con la cittadina di Plombières: centro termale conosciuto per gli accordi stipulati il 21 luglio 1858 tra Napoleone III e Cavour.
Un intreccio di storia e tradizione che ora guarda al futuro. «In questi anni ci giochiamo la partita del ricambio generazionale – dice Anchisi -, coltivare asparagi deve diventare un mestiere per giovani». E i fatti cominciano a dargli ragione. «Abbiamo creato un’asparagiaia all’Agrario di Carmagnola, i loro studenti fanno stage di alternanza lavoro nelle nostre cascine». Per imparare un lavoro che non si improvvisa. «Con l’insalata e gli altri ortaggi è semplice – spiega Anchisi – si seminano e nascono. Per avere il prodotto da un’asparagiaia ci vogliono tre anni. Ma la vendita poi è diretta, dalla cascina, non ci sono intermediari, il guadagno è immediato. Anche perché nel caso dell’asparago dalla raccolta al consumo deve passare pochissimo tempo: solo così la qualità resta buona. La coltivazione non è a km zero, ma a tempo zero. La richiesta è molto alta, l’offerta non la copre. Per questo bisogna aprire ai giovani, far capire che è una buona occasione di lavoro». I presupposti ci sono, l’anno prossimo potrebbe partire anche una collaborazione con l’Agrario di Chieri: «Noi siamo ben felici di aprire agli studenti – continua Anchisi -. I giovani sono preparati, più pronti ad associarsi. Da loro rinascerà l’agricoltura tutta. Una scommessa per il futuro».