la Repubblica, 10 maggio 2018
Le pringles dell’amico di sinistra
Gli amici del bar la prendono sul ridere: l’idea che possano essere i voti di Berlusconi (e della zia di Mubarak) a consentire di mettere in piedi uno straccio di governo viene accolta come una specie di comica finale. «Più finale che comica», li correggo. Ma non mi va di sembrare troppo di cattivo umore, anche perché quel ruolo (il ruolo di quello di cattivo umore) è già tutto a carico di A, il grillino della prima ora, quello dell’acqua pubblica e della decrescita felice, quello che da un bel po’ di anni mi spiega che lui sì che è di sinistra, mica come me. E adesso per darsi un contegno resta in un angolo a mangiare le Pringles, ma si capisce che è nervoso, anche perché ne ha già ingurgitati due tubi e ha in mano il terzo.
Se non fossi suo amico gli direi: ma come? Tutto questo strepito, questo moto palingenetico, questo Mondo Nuovo a portata di clic, per poi finire al governo con la Lega della famiglia Bossi e di Gentilini, di Borghezio e di Salvini, e i suprematisti bianchi di Varese, e gli imbroglioni delle quote latte, e quelli che non pagano le tasse perché lo Stato è ladro, e tutto il trumpismo da cortile delle nostre parti? Ma tu, caro amico A, non eri quello molto più a sinistra di me? Non eri quello che mi dava le lezioni su come ci si deve comportare? Ma non gli dico niente. A non è stupido e ha già capito per suo conto di non essere felice. E attacca il terzo tubo di Pringles.