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 2018  maggio 09 Mercoledì calendario

Lettere disperate di Oriana Fallaci

Fragile, insicura, accartocciata nel suo dolore. È una Oriana che non ti aspetti, in tutti i sensi inedita, quella che emerge dalle pagine del volume Si dà il caso che io sia davvero uno scrittore, edito da De Piante Editore, (...) :::segue dalla prima AZZURRA NOEMI BARBUTO (...) casa editrice fondata due anni fa dai giornalisti Luigi Mascheroni e Angelo Crespi nonché dall’imprenditrice Cristina Toffolo De Piante. L’opera raccoglie tre epistole che la celebre cronista inviò tra l’estate del 1976 e quella del 1977, periodo che coincide con la stesura del libro Un uomo, al suo editor e fraterno amico Sergio Pautasso, direttore letterario della Rizzoli negli anni settanta e ottanta. Pautasso, con il quale Fallaci instaura un dialogo intimo, viene definito dall’autrice «consigliere», «complice», «radio di bordo per tenere la rotta» nell’arduo compito di tessitura di quello che Fallaci considera uno dei libri più difficili e belli che abbia mai composto, appunto Un uomo, ispirato al suo amato compagno Alexandros Alekos Panagulis, intellettuale e politico rivoluzionario scomparso in un misterioso incidente automobilistico pochi mesi prima dell’avvio di tale corrispondenza tormentata. «Per scrivere una cosa veramente bella devo essere incoraggiata», e ancora «ho bisogno di un interlocutore, quando scrivo. È una mia debolezza», confessa Oriana. E, a proposito del protagonista del libro, confida: «Questo personaggio non lo guardo con distacco, è la creatura che ho amato di più nella mia vita e che è morta appena 4 mesi fa». Fallaci si sente come schiacciata dal peso della responsabilità di cui si è auto-investita e dalla quale non può sottrarsi, come un chirurgo che abbia da operare la sua stessa carne, ed ammette: «Ho paura di tradire Alekos». I FANTASMI È afflitta più che mai la giornalista fiorentina, perseguitata dai suoi fantasmi: «Scrivere senza sosta per mesi, col dolore addosso, a volte le crisi di pianto, e l’occhio all’orologio per fare presto, è cosa disumana». Oriana è quasi delirante, flagellata da una febbre strana. Sola e barricata nel suo eremo, è terrorizzata dalla eventualità che la sua piantina di basilico, che ha messo inspiegabilmente radici, possa morire, come il suo uomo, amplificando il vuoto che la circonda. La medicina è la penna: «Questo libro mi scoppia dentro. Mi guida qualcosa che prima non mi guidava: l’impegno di non fare qualcosa per me, stavolta, ma per quella piantina di basilico che non vuole morire». Sergio è l’unica presenza che la scrittrice riesce ad accettare: ella ne ha bisogno con urgenza come fosse aria. E per questo gli scrive. Scrivere e poi ancora scrivere, per guarire, per andare avanti, per superare l’insuperabile. Per sfogarsi, per mandare al diavolo l’universo intero, urlando a chiunque: «Non ho bisogno di te». Nessuno può capire, se non Sergio, il significato che riveste per Oriana quel libro. Non lo comprende Angelo Rizzoli, il suo editore, che non vede altro che un futuro best-seller. «Alla direzione editoriale non importa un cazzo di me e di ciò che scrivo. Importa solo il nome, l’etichetta che vende. Non sono considerata uno scrittore ma una gallina dalle uova d’oro», rimprovera Fallaci, che continua fiera: «Si dà il caso invece che io sia davvero uno scrittore, irrimediabilmente uno scrittore. Solo prestato al giornalismo. E che come tale intende essere trattato soprattutto da chi mi pubblica. Il che include il rispetto e la considerazione che non ho mai veramente avuto da voi. Ciò che sembrava rispetto era timore del mio carattere duro». Ed ecco che salta fuori rabbiosa quella Oriana dura, orgogliosa, presuntuosa, persino intrattabile, che tutti conoscono, la quale, tuttavia, non è nient’altro che una piccola grande donna che, al fine di esorcizzare la sua estrema fragilità, si traveste da pantera e si fa inflessibile. Oriana si scaglia persino contro Sergio, non lo risparmia dalla sua furia verbale: «Anche tu ti sei comportato in modo che mi indignò», per riconoscere, immediatamente dopo, al suo amico il sostegno prezioso che egli le ha accordato credendo in lei. Perché uno scrittore ha bisogno di questo per realizzarsi e continuare: che qualcuno gli dia fiducia. LA MINACCIA Oriana minaccia la Rizzoli di consegnare il libro alla Mondadori o anche ad una casa editrice minore. Insomma, a chiunque sia in grado di apprezzarlo, a prescindere dal guadagno che esso potrebbe produrre. «Mi sarebbe tanto piaciuto continuare con te. Sono molto sola. Completamente, assolutamente, disperatamente sola. So reggere la mia solitudine con forza disumana. I coglioni non mi mancano, lo sai. Ma la mancanza di dialogo insterilisce. E questo mi isolamento è tanto tragico quanto pericoloso», con codeste parole Oriana in una lettera dice quasi addio al suo amico, perché il fatto che lui lavori per la Rizzoli, con la quale Oriana intende sciogliere ogni contratto, rende complicato il mantenimento di questo rapporto viscerale. Sembra quasi che ella voglia fare un dispetto a coloro dai quali non si sente compresa. «Ti saluto e ti auguro buona fortuna in tutti i sensi», conclude Oriana tanto orgogliosa quanto bisognosa che Sergio le risponda: «Oriana, sono comunque al tuo fianco». È un bluff. E non c’è dubbio che Sergio lo sappia. Come ne era consapevole Vittorio Feltri, quando Fallaci diceva e scriveva anche a lui tali aspre invettive, salvo poi fare finta di nulla, ricorrendo a formule affettuose. Forse pentita, forse no, cosa importa? Tanto Oriana non avrebbe mai ammesso: «Ho sbagliato». E loro l’amavano così. Era questa la loro Oriana, personaggio complesso ed affascinante, che trasformava il suo mestiere in una questione di vita o di morte. Così come faceva persino con le virgole. «Devo finire questo lavoro. O mi ammazzo», dichiara in una epistola. Scrivere è l’unica maniera che Fallaci conosce per vincere il dolore. Affogandovi dentro. E affanculo tutti. «Queste lettere sono importanti perché raccontano molto sul libro Un uomo, rivelando particolari su come l’opera sia stata costruita, sul rapporto difficile della giornalista con la casa editrice e su quello di amicizia con l’editor Pautasso. Inoltre, esse svelano nuove sfaccettature del carattere di Oriana, che, se non fosse stata rassicurata da Sergio, probabilmente avrebbe rinunciato all’idea di finire l’opera», spiega Mascheroni.