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 2018  maggio 09 Mercoledì calendario

Calcio e Balcani

Croazia, Bosnia e Erzegovina, Serbia, Macedonia, Bulgaria, Romania, Grecia, Cipro. Quasi tremila chilometri. Partenza da Trieste, terra di confine, l’inizio e la fine. È da qui che prende il via questo viaggio calcistico nei Balcani che Gianni Galleri racconta nel suo “Curva Est” (pubblicato da Urbone, 200 pagine, 15 euro). Qualcuno ha detto che se sai solo di calcio non sai niente di calcio. Nei Balcani sapere solo di calcio è quasi impossibile: qui il pallone si intreccia a doppio filo con la storia, la politica, l’amore e la guerra. In molti ricordano quella foto in bianco e nero scattata 28 anni fa, il 13 maggio del 1990: un giovane Boban, magro e fascia di capitano sul braccio, che colpisce con una ginocchiata al volto un poliziotto, simbolo del potere di Belgrado. Quel giorno al Maksimir di Zagabria si sarebbero dovute affrontare Dinamo e Stella Rossa. Il clima era infuocato, dentro e fuori lo stadio: la settimana prima le elezioni croate avevano sancito la vittoria dei nazionalisti di Franjo Tudman. Quella partita non si giocherà mai. Da squadre semisconosciute alla Stella Rossa campione d’Europa, dai protagonisti in campo di oggi fino alla storia di uomini del passato fattisi club come Vasil Levski, dai temibili Grobari – i tifosi del Partizan – fino ai derby in cui si scontrano culture diametralmente opposte come quello di Mostar, “Curva Est” è una galoppata in questa parte di Europa tra squadre dai nomi forse poco appetitosi (Spartak, Cska, qualche Lokomotiv e molte Dinamo) dove l’autore mescola il presente e il passato – con gustosi aneddoti – e usa il calcio per raccontare storie, culture, religioni, tragedie. Un viaggio che inizia in Croazia, dove si fa subito la conoscenza dell’Hajduk, la squadra fondata da tre studenti in una birreria di Praga nel 1911; qui, dove nel 1950 nacque il primo gruppo ultras d’Europa, la Torcida Split; e dove il 4 maggio del 1980 al Poljud contro gli acerrimi nemici della Stella Rossa la partita si interruppe a quattro minuti dalla fine: il maresciallo Tito, gran tifoso della squadra, era morto. Ancora più giù, e ancora più a Est, si arriva in Romania. E alla storia di quel “tedesco” coi baffi, Helmuth Duckadam, l’eroe di Siviglia: il portiere della Steaua capace di parare quattro rigori nella finale di Coppa dei Campioni al Barcellona. Dopo quella vittoria la sua carriera finì. Il suo momento di popolarità, dice la leggenda, aveva finito per ingelosire il figlio di Ceausescu, che lo avrebbe fatto torturare e imprigionare. Anche questo è il calcio nei Balcani.