Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  maggio 09 Mercoledì calendario

Perché l’Atac non fa manutenzione

roma Deficit manutentivo. Così in Atac etichettano il male oscuro capace di mettere ogni giorno in ginocchio un terzo della flotta, costringendo centinaia di bus a rientrare in officina dopo pochi metri. È lo stesso che ieri è costato alla malandata municipalizzata dei trasporti capitolini, schiacciata da 1,4 miliardi di debiti e appesa a un concordato bocciato in prima battuta dai giudici del tribunale fallimentare, l’addio ad altri due autobus. Mezzi vecchi, immatricolati rispettivamente nel 2003 e nel 2004, che hanno provocato il caos lasciandosi divorare dalle fiamme. Il primo, una vettura della linea 63 con uno spot dello show sul Giudizio Universale di Michelangelo sul retro, è spirato in mattinata in via del Tritone, pieno centro storico, in un rogo ritmato dallo scoppio degli pneumatici. Le fiamme hanno devastato un negozio di abbigliamento e una delle commesse ne è uscita malconcia, con ustioni alle braccia e al viso. Il secondo torpedone, neanche a farlo apposta, si è arenato all’Infernetto, in via di Castel Porziano. Lì, sul litorale, nel pomeriggio il fuoco ha ridotto a una carcassa rovente un bus 06. Di solito pieno di studenti, in quel momento marciava senza passeggeri. In entrambi i casi, pochi dubbi: è autocombustione. Per scoprirne le cause bisognerà attendere la fine della doppia inchiesta aperta in procura, dove si ipotizzano il reato di delitto colposo di danno in tema di incolumità pubblica, e dall’azienda guidata dal manager di nomina grillina Paolo Simioni. Per ora non si esclude alcuna causa. Poi ci sono i tecnici di Atac, che conoscono bene il fenomeno. Negli archivi della municipalizzata c’è infatti un’ampia letteratura in materia. Negli ultimi tre anni e mezzo sono andati in fiamme, con effetti più o meno devastanti, 169 bus: 43 nel 2015, 36 nel 2016, 40 nel 2017 e 10 nell’anno in corso. Dietro ai guasti, indagine dopo indagine, gli 007 aziendali hanno individuato sempre le solite due cause. Come si diceva, deficit manutentivo. Per mesi, prima dell’avvio del concordato, i magazzini sono rimasti senza ricambi a causa dello stop dei rifornimenti imposto dai fornitori rimasti senza garanzie. Così i mezzi, in particolare i più anziani, hanno iniziato a mostrare il fianco. Da una parte perché, nonostante la mancanza di liquido refrigerante, decine di mezzi sono stati lanciati in strada nonostante le spie segnalassero l’anomalia. Dall’altra per la combinazione ad alto rischio di combustione scaturita dalla mancata manutenzione sui circuiti elettrici e i motori. I cavi di plastica, ormai secca e sgretolata dal tempo, hanno finito per lasciare i cavi esposti a pochi centimetri dai pistoni intrisi d’olio: per innescare il cocktail basta una scintilla. «E in estate – spiegano dalle officine Atac – con il caldo si rischia un’ecatombe». In Campidoglio non mancano i mal di pancia. Il M5S si trincera dietro all’anzianità dei mezzi: «Per anni non sono stati acquistati bus e ora la flotta ha un’età media di oltre 12 anni, senza paragoni in Europa». Ma i grillini non disdegnano neanche l’ipotesi del complotto: nelle chat dei consiglieri pentastellati ieri circolavano messaggi su una presunta «strategia della tensione» ai danni del Movimento nei giorni caldi del concordato. Un’impressione a cui in Atac – l’azienda ha appena chiuso il bilancio 2017 con un passivo di circa 120 milioni – rispondono con i numeri. Il piano di investimenti studiato con il Comune prevede l’acquisto di 700 nuovi mezzi in cinque anni. Un bando da 1,2 milioni, poi, dovrebbe portare nelle officine 730 impianti antincendio sui bus più vecchi. Il resto sono retroscena aziendali. A completare il quadro ci sono le dimissioni del responsabile della Sicurezza della controllata del Campidoglio, Pierluigi Pelargonio. Con due bus in fiamme e una tragedia sfiorata, è in ferie, fuori Roma. Al rientro migrerà altrove. Lascerà al successore il compito di capire cosa stia succedendo nelle rimesse della municipalizzata. Inserendo la targa del bus andato in fiamme in via del Tritone sul Portale dell’automobilismo del Mit, emerge più di un dubbio sulle revisioni. Spesso sono doppie. E con risultati strabilianti. Nel caso specifico, il mezzo è stato controllato una prima volta il 3 novembre 2017. La visita è stata ripetuta otto giorni più tardi. E il contachilometri? Da quota 623.942 è sceso a 623.000 km. In Atac, tra un rogo e l’altro, succede anche questo. Mentre sembrano passare nel silenzio generale gli allarmi lanciati dai sindacati. Ieri Cgil, Cisl e Uil hanno riscritto alla direzione: «Avevamo già espresso i nostri dubbi sull’idoneità delle vetture il 13 gennaio. Così gli autisti e i passeggeri rischiano la vita».