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 2018  maggio 08 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO CASAMONICAREPUBBLICA.ITRoma, con Federica Angeli nel "feudo" Casamonica: "L’arroganza delle ville, la prepotenza dei pedaggi" Ville lunghe un intero isolato, muretti che invadono il marciapiede, pedaggio a chi si avventura nei vicoli della Romanina: la giornalista di Repubblica Federica Angeli racconta le vie e i luoghi del "regno" dei Casamonica, potente famiglia di Roma Est che secondo i magistrati avrebbe accumulato 90 milioni di euro grazie alle attività criminali

APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO CASAMONICA

REPUBBLICA.IT
Roma, con Federica Angeli nel "feudo" Casamonica: "L’arroganza delle ville, la prepotenza dei pedaggi" Ville lunghe un intero isolato, muretti che invadono il marciapiede, pedaggio a chi si avventura nei vicoli della Romanina: la giornalista di Repubblica Federica Angeli racconta le vie e i luoghi del "regno" dei Casamonica, potente famiglia di Roma Est che secondo i magistrati avrebbe accumulato 90 milioni di euro grazie alle attività criminali. Ora il clan si ritrova nuovamente al centro dei riflettori a causa dell’aggressione al titolare e a una cliente disabile del Roxy Bar avvenuta nel giorno di Pasqua.

Il marciapiede si dimezza, il numero civica manca perché non siano recapitati gli atti giudiziari, l’incrocio di via Gregoracci, tutti sensi unici in cui i Casamonica chiedono un pedaggio o un pacchetto di sigarette, 5 10 euro, casa di Consiglio Casamonica casa lunga quanto una via

REPUBBLICA.IT
ROMA - Sono stati arrestati i quattro esponenti del clan Casamonica responsabili del pestaggio della donna disabile e del titolare del Roxy Bar di via Barzilai alla Romanina. La scorsa notte al momento della cattura da parte degli investigatori della squadra mobile i familiari di uno dei giovani sono scesi in strada a protestare. Nello Trocchia e il filmaker Giacomo del Buono della troupe di Nemo, presenti al momento dell’arresto,  sono stati insultati e aggrediti. Una donna ha colpito la telecamera di Giacomo Del Buono con uno schiaffo, spaccando la lampada della telecamera. Oltre agli insulti i familiari hanno lanciato anche oggetti proibendo alla telecamera di avvicinarsi alla casa di Antonio Casamonica.
Nel tardo pomeriggio la sindaca di Roma, Virginia Raggi, ha incontrato in campidoglio Simona, la ragazza picchiata, per testimoniarle la vicinanza della città.

Roma, il bar della Romanina dopo il raid di Pasqua dei Casamonica  Per lesioni, minacce e danneggiamento con l’aggravante del metodo mafioso sono finiti in carcere Antonio Casamonica, Alfredo, Vincenzo ed Enrico Di Silvio. I primo due sono responsabili dell’aggressione alla donna disabile, gli altri al barista Marian.

Roma, il raid dei Casamonica nel bar: la disabile si ribella e viene picchiata Condividi   Il blitz arriva all’indomani della diffusione della notizia dell’aggressione nel  bar di via Salvatore Barzilai: Antonio Casamonica e il cugino Alfredo Di Silvio sono entrati nel locale con la pretesa di passare avanti a una invalida civile, in fila prima di loro. Alle rimostranze della donna i due hanno reagito strappandole gli occhiali, spingendola contro un muro e colpendola con la cintura. Prima di lasciare il locale le hanno scaraventato via il telefono urlando: "Se chiami la polizia ti ammazziamo". Dopo mezz’ora sono tornati e hanno preso a colpi di bottiglia il barista, un giovane romeno, ’colpevole’ di non essersi occupato subito di loro.

"Nessuna minimizzazione, nessuna sottovalutazione del caso. L’ordinanza cautelare, con la contestazione dell’aggravante del metodo mafioso a ben quattro indagati, per la prima volta a Roma, è stata eseguita in tempi non veloci ma fulminei". Lo affermano gli inquirenti di piazzale Clodio in merito agli arresti.

 "Appare evidente che i Casamonica e i Di Silvio sia assurti a ’padroni’ del territorio ove insiste in bar in questione e che l’aggressione della donna, prima, e la spedizione punitiva nei confronti del barista, con annessa devastazione del locale, dopo, abbiano costituito una rivendicazione di tale diritti". E’ quanto scrive il gip Clementina Forleo nell’ordinanza di custodia cautelare . "La complessiva condotta tenuta in tale circostanza - prosegue il giudice - costituisce una ostentazione del potere su un territorio che gli indagati considerano sottoposto al loro dominio: in altri termini, si é trattato di un modo per riaffermare il proprio potere anche per disincentivare eventuali future reazioni rendendo evidente a tutti quale trattamento sarebbe stato riservato ai soggetti che non assecondavano i loro voleri". Casamonica, la troupe di Nemo aggredita durante l’arresto dei presunti aggressori del bar Condividi    "Ancora un’aggressione nei confronti di una trasmissione Rai impegnata a raccontare gli sviluppi giudiziari di un grave fatto di cronaca consumato a Roma.

L’azienda esprime la piena solidarietà ai colleghi aggrediti questa mattina davanti alla casa di un esponente della famiglia Casamonica e conferma il suo totale impegno a tutela di tutti coloro che lavorano per garantire al Servizio Pubblico la possibilità di essere nei luoghi dove avvengono i fatti". Così la presidente Rai Monica Maggioni e il direttore generale Mario Orfeo commentando l’aggressione avvenuta ai danni di una troupe della trasmissione di Rai2 ’Nemo’. E aggiungono che "nessuna intimidazione potrà mai fermare il racconto della realtà che la Rai quotidianamente offre agli italiani".

INTERVISTA ALLA DISABILE
ROMA - "A tutti quelli che non mi hanno aiutata, ho gridato: ribellatevi". Parla la giovane disabile presa a frustate, calci e pugni da Antonio Casamonica e suo cugino Alfredo Di Silvio. La sua colpa: ha osato rivolgergli la parola, opporre resistenza a un sopruso. Una furia brutale ripresa dalle telecamere del Roxy bar nella periferia sud-est della Capitale. La donna finisce a terra in una pozza di sangue davanti a decine di clienti che non intervengono.

È entrata per prendere un caffè in un giorno di festa e l’hanno massacrata. Cosa è successo?
"Ho 42 anni e una violenza simile non l’avevo mai vista. I proprietari del bar, una giovane coppia di rumeni, sono delle brave persone, gran lavoratori, infatti avevano aperto anche la domenica di Pasqua. Volevo solo un caffè, ero in fila alla cassa e sono entrati due ragazzi. Erano agitati. Il barista stava servendo un cliente e subito uno ha detto all’altro: "Questi rumeni di merda non li sopporto proprio". Io ho sentito quella frase e gentilmente, per di più con un tono ironico, mi sono rivolta a loro con queste parole: se il bar non vi piace andate altrove". Tanto è bastato per farli scatenare?
"Sì, uno dei due mi ha fatto volare gli occhiali dietro al bancone, mi sono voltata e l’altro, quello più basso, ha iniziato a picchiarmi con la cinta e poi calci, pugni sul lato sinistro del corpo. Non si fermavano mai. Al pronto soccorso mi hanno detto che se mi avessero dato un calcio al fegato non sarei più qui. Sono stata quattro settimane a letto perché ho avuto un versamento pleurico al polmone sinistro. I segni sul collo, perché me l’hanno stretto forte, mi sono rimasti per quindici giorni. Ero a terra quando mi hanno strappato il telefonino di mano e, mentre tentavo di raggiungerli per farmelo restituire, me l’hanno lanciato contro urlando: se chiami la polizia ti ammazziamo".

Nel bar c’era molte persone eppure sono rimaste tutte immobili. Si è sentita abbandonata sotto i colpi della prepotenza mafiosa?
"Nessuno è intervenuto perché hanno paura di ritorsioni. Io quel giorno, quando sono riuscita a uscire dal bar, ho detto a tutti: ribellatevi, non fatevi trattare così".

Ma lei era consapevole che i due appartengono al clan Casamonica?
"Non sapevo chi fossero. Abito in zona però e so come funziona. So che spadroneggiano e terrorizzano il quartiere. Qualche settimana fa, per caso, li ho incontrati. Proprio quei due che mi hanno picchiata. Sanno che li ho denunciati, ma io non mi sono messa paura, sono andata avanti dritta e a testa alta".

Ha saputo che poi sono ritornati e hanno distrutto il locale e preso a bottigliate il barista?
"Sì, Marian è stato l’unico che mi ha soccorsa e mi ha consigliato di andarmene, perché per lui sarebbero tornati. Ed è stato così. Il tempo di chiamare il 113 e quelli erano di nuovo lì. Hanno rotto la vetrina, sfasciato tutto e l’hanno picchiato. Gli hanno detto: qui comandiamo noi, questa è zona nostra".

Ha deciso di denunciare?
"Sì, io e Marian abbiamo denunciato. Loro hanno rimesso in piedi il locale, continuano a lavorare nonostante le minacce. Io proseguo per la mia strada. Ho una famiglia da proteggere, mia mamma anziana, quattro nipoti e la vita qui è difficile, regna la violenza, ma bisogna avere il coraggio di ribellarsi".

PEZZO DI BONINI
Come era già successo il 19 agosto del 2015, quando avevano trasformato Cinecittà in un grottesco set per consegnare ai posteri la dipartita del boss Vittorio, i Casamonica ricordano al Paese che "hic sunt leones", che c’è un quadrante di Roma dove chi comanda sono e restano loro. La Romanina. Due chilometri quadrati di città, 30 chilometri a Sud-Est di piazza Montecitorio e piazza del Campidoglio. Dove una domenica di Pasqua si può lavare l’affronto di non essere stati serviti per primi al bancone di un bar, prima massacrando una donna disabile a cinghiate perché "nun s’è fatta i cazzi suoi" e non "è stata muta" di fronte alla prevaricazione. E quindi finire il lavoro a bottigliate con quel "rumeno demmerda" del barista che non ha capito come vanno le cose nel quartiere e quindi è bene che si strozzi nel suo sangue.

E dove, del resto, ogni giorno dell’anno, da quando esistono i Casamonica - più o meno mezzo secolo - l’intimidazione violenta, l’estorsione, l’umiliazione fisica e verbale sono la regola e lo strumento immediatamente percepibile del comando. Dove lo Stato e le sue istituzioni sono ridotte a un malinconico e disarmante simulacro. Dove un clan di origine Sinti di un migliaio di anime incrociate in una ragnatela di rigida consanguineità tra famiglie (i Casamonica, i Di Silvio, i Di Guglielmo, i Di Rocco, gli Spada, gli Spinelli) controlla ogni angolo di strada. E, in una rappresentazione quasi scolastica dell’anti-Stato, decide l’assegnazione degli alloggi nelle case popolari, impone divieti di sosta e pedaggi, piuttosto che gli orari di apertura e chiusura dei locali per evitare che intralcino le piazze di spaccio, presta a strozzo con tassi del 300 per cento. Mentre, un po’ alla volta, gli si vanno consegnando altri lembi periferici dell’area metropolitana. I Castelli e Ciampino, piuttosto che la Borghesiana e Bracciano.

Come facessero ormai parte dell’arredo urbano della città, né più e né meno delle sue buche o dei suoi cassonetti debordanti di rifiuti, e fossero specchio della sua trasformazione antropologica, i Casamonica fanno i Casamonica, viene da dire. Se necessario ingrassando la loro epica con gli strumenti del reality (per i cultori del genere, YouTube documenta i loro parchi macchine, le loro feste, il loro look) e con la consapevolezza di una raggiunta dimensione "mafiosa", nel significato tecnico del termine, ormai pacificamente documentata nelle inchieste e nei processi che, ciclicamente, li colpiscono. Perché non sanno fare altro. Perché il loro mix di violenza predatoria e primitiva che ne definisce il Dna è direttamente proporzionale al vuoto dell’indifferenza e della rassegnazione che li circonda.

Accade infatti che, in una sproporzione di linguaggi e in una ennesima abdicazione di responsabilità, la sindaca di Roma, Virginia Raggi, scelga di rispondere allo spettacolo, prima con un post su Facebook ("Le immagini dell’aggressione dei Casamonica nei confronti di una donna e un barista sono inaccettabili. Le istituzioni non abbassano lo sguardo. Oggi ho portato la solidarietà di Roma alla moglie del titolare del bar in cui è avvenuta la vile aggressione. Sentirò il prefetto e il ministro dell’Interno perché sono convinta che anche loro non vorranno abbassare lo sguardo. Chi denuncia deve essere sempre tutelato. Noi siamo e resteremo sempre con i cittadini onesti. #FuoriLaMafiaDaRoma") e quindi con una visita al bar dell’aggressione.

Come se il recupero di quella parte di città fosse solo questione di sicurezza e ordine pubblico, quindi esclusiva faccenda di polizia, carabinieri e procura della Repubblica. Come se il deserto civico in cui i Casamonica la fanno da padroni non ponesse un problema politico e civile innanzitutto a lei, sindaca della città, e al Movimento Cinque Stelle. Non fosse altro perché alla Romanina, alle ultime consultazioni politiche, il Movimento ha ottenuto il 32,5 per cento dei consensi. In linea con le comunali del 2016 (quando i voti per Raggi erano arrivati al 36,8 per cento al primo turno e al 67,7 al ballottaggio).

La storia delle mafie insegna che non esiste contrasto degno di questo nome, non è data ricostituzione del tessuto connettivo di una comunità, non c’è emancipazione dalla paura, dalla sottomissione, se non in un quadro in cui ciascuna articolazione dello Stato dimostri di esercitare il proprio ruolo e soprattutto di essere in grado di farlo. Possibilmente senza furbizie retoriche o improvvise amnesie.

Ma, a Roma, lo spettacolo è stato e continua a essere un altro. Per avere traccia dell’ultima volta in cui la sindaca si è occupata di cosa accada alla Romanina, bisogna tornare indietro al gennaio scorso, nei giorni della campagna elettorale. Giorgia Meloni aveva postato il video di un maiale grufolante tra i rifiuti del quartiere. Raggi, con espressione insieme desolata e severa, l’aveva pubblicamente rimproverata con queste parole: "Mi dispiace che la campagna elettorale abbia spinto Meloni a rilanciare le immagini di un maiale in strada. La politica dovrebbe essere altro. Ma tant’è. Lo dico perché ci tengo a chiarire che questo animale è di proprietà di un membro della famiglia Casamonica, il quale ha ammesso alla polizia municipale di averne perduto il controllo nel giorno antecedente".
Ma sì. Alla Romanina è possibile perdere il controllo di un maiale, prendere a cinghiate una disabile, minacciare di morte chi alza la testa. Vorremo forse pensare che è anche un problema della politica?