Libero, 8 maggio 2018
Fede e Minetti condannati per il Ruby bis
Le pene ridotte di un soffio: tre mesi di sconto per l’ex direttore del Tg4, Emilio Fede e due per l’ex igienista dentale del Cavaliere, Nicole Minetti. Così ha deciso la quarta sezione penale della corte d’Appello di Milano che, sintetizzando un favoreggiamento a “intermittenza” della prostituzione a casa di Silvio Berlusconi all’epoca premier, ha inflitto quattro anni e sette mesi a Fede. E due e dieci mesi a Minetti. Tutto con buona pace della difesa dei due imputati, che ha arringato agguerrita e ostinata nel cercare di dimostrare che «il libero esercizio della prostituzione, quando non c’è costrizione, non è reato». Tradotto: il favoreggiamento della prostituzione da cui sono scaturite le condanne, non starebbe in piedi. Anzi, sarebbe «incostituzionale». Così ha (inutilmente) predicato in aula la difesa di Nicole Minetti (avvocati Pasquale Pantano e Paolo Righi), ribadendo che l’ ex consigliera regionale lombarda, in occasione delle cene a Villa San Martino ha «semplicemente e soltanto dato un aiuto alle giovani ospiti dell’allora capo del governo, nell’esercizio libero della prostituzione». Pratica che «oltretutto rientra nella libertà di autodeterminarsi». ESERCIZIO LIBERO La signora Minetti, nello specifico e stando ai difensori, avrebbe insomma usato lo stesso metodo adottato dal leader dei Radicali, Marco Cappato, per affrontare il caso (la fine) di dj Fabo. Morto in Svizzera col suicidio assistito. Ergo, come il politico Cappato ha aiutato il paziente senza speranza di recupero «nell’esercizio del suo diritto di morire», così l’ex consigliere Nicole, «non ha ostacolato le ospiti di Silvio nel libero esercizio della prostituzione». E non si comprende come possa essere «criminologicamente o penalmente rilevante», aggiunge l’avvocato Pantano, «aiutare qualcuno nell’esercizio libero della prostituzione, in una società che si è evoluta rispetto alla prostituzione degli anni Quaranta a cui si riferisce la legge Merlin». All’epoca, insiste l’avvocato, «non esistevano le escort che oggi invece si offrono liberamente». Dunque: «Se non esiste violazione della sfera di libertà, come avviene invece nella tratta delle prostitute schiave, non può esserci reato». E per sostenere la tesi, il difensore, si richiama (invano) all’ordinanza della corte d’Appello di Bari che, nel processo sulle escort portate a Silvio Berlusconi (era Palazzo Grazioli tra il 2008 e il 2009) dall’imprenditore Gianpaolo Tarantini, ha inviato gli atti del procedimento alla Consulta sulla legge Merlin. Idem la difesa dei due imputati, aveva chiesto in subordine all’assoluzione. Ma giudici di Milano hanno rispedito al mittente e fra novanta giorni dovranno motivarne le ragioni. Gli avvocati di Minetti, in particolare, volevano l’assoluzione dall’accusa di avere fatto prostituire sette signorine ad Arcore; gli avvocati di Fede (Maurizio Paniz e Salvatore Pino), avevano invece chiesto l’assoluzione dalle accuse di tentata induzione della prostituzione di Ambra Battilana, Chiara Danese e Imane Fadil (parti civili) e di favoreggiamento per altre tre ragazze (tra le quali Roberta Bonasia «la cosiddetta prediletta di Berlusconi», e Ruby-rubacuori alias Karima El Mahroug. DECINE DI OSPITI Le cosiddette serate al “bunga bunga”, celebrate nelle magioni dell’ex capo del governo, sarebbero dunque state «un libero esercizio della prostituzione». E se questo è il ragionamento, perché mai allora Silvio Berlusconi (assolto in via definitiva dalla prostituzione minorile e dalla concussione nel processo Ruby uno) avrebbe dovuto comprare il silenzio di decine di ospiti, come sostiene l’accusa nel processo Ruby ter che sta per decollare a Milano? Nel Ruby bis chiuso in Appello ieri, invece, il sostituto pg Daniela Meliota (che ha rappresentato l’accusa) aveva insistito sulla tesi del «sistema prostitutivo» e aveva chiesto la conferma delle condanne a quattro anni e dieci mesi per Fede e a tre anni per Minetti. Questo nuovo procedimento d’Appello “bis”, va ricordato, scaturisce dalla decisione della Cassazione (settembre 2015) di rinviare gli atti ad un altro giudizio di secondo grado. Scopo: colmare alcune «lacune motivazionali» della sentenza d’Appello del 2014. Insomma, è la storia infinita del “bunga bunga” che rivendica di essere legittimato. Ma la Corte di Milano (collegio Carosello-Lai-Pirola) ieri ha deciso così nel dettaglio: Fede e Minetti assolti soltanto da alcune imputazioni. Per l’ex direttore del Tg4 resta in piedi il favoreggiamento della prostituzione di Ruby, ma solo in relazione alla serata del 14 febbraio 2010, ossia la prima volta in cui Karima El Mahroug entra a Villa San Martino. Per l’ex consigliere Minetti condanna per avere favorito la prostituzione di cinque signorine su sette. riproduzione riservata TUTTO INIZIÒ CON RUBY Il processo “Ruby bis” è nato dal cosiddetto “processo Ruby”, nel quale Silvio Berlusconi è stato definitivamente assolto. Berlusconi era accusato di avere avuto rapporti sessuali a pagamento con una minorenne marocchina, Karima el Marough, “Ruby”, e anche di aver chiamato la Questura di Milano abusando del suo ruolo di premier per indurre il capo di Gabinetto ad affidare la ragazza – trattenuta per un sospetto furto – a Nicole Minetti, all’epoca consigliera regionale del PdL in Lombardia. In seguito a quello’inchiesta erano emerse le serate in casa di Berlusconi a cui partecipavano le ragazze dette Olgettine. LE SERATE AD ARCORE Nel processo “Ruby bis” Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora (l’ex agente dei vip, che sta scontando sei anni nella comunità Exodus di don Mazzi) sono accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione, in sostanza per aver portato a casa di Berlusconi le ragazze: il procedimento riguarda complessivamente 34 ragazze che, secondo la ricostruzione dell’accusa, sono state coinvolte in un sistema di prostituzione. Ieri in Appello Emilio Fede è stato condannato a 4 anni e 7 mesi, Minetti a 2 anni e 10 mesi.