La Stampa, 7 maggio 2018
La tomba di Nefertiti non esiste
Poteva essere la scoperta del secolo, ma il verdetto è negativo. Cade l’ultimo segreto del faraone Tutankhamon: la tomba non nasconde il sepolcro di Nefertiti. Non esistono camere segrete, una delle quali secondo la suggestiva ipotesi dell’egittologo Nicholas Reeves avrebbe custodito la bella e misteriosa regina, forse madre di Tut. La sua stanza sarebbe stata nascosta dietro i dipinti della camera funeraria del figlio.
Niente di tutto ciò, stando ai risultati dei georadar: «Non abbiamo trovato discontinuità dovute al passaggio dalla roccia naturale ai muri costruiti dall’uomo», spiega Franco Porcelli, docente di Fisica al Politecnico di Torino, incaricato dalle autorità egiziane di mettere fine a una disputa tra archeologi e scienziati.
Dopo che Reeves lanciò l’ipotesi nel 2015, due diverse analisi avevano dato risultati opposti. Un team giapponese sostenne di aver trovato stanze oltre il muro, e il governo egiziano annunciò: «Al 90 per cento le camere segrete esistono». L’anno dopo esperti del National Geographic smentirono. Così l’Egitto si è rivolto al Politecnico di Torino, per un verdetto definitivo: «Non esistono camere nascoste adiacenti o dentro la tomba di Tutankhamon», dice Mostaf Waziri, segretario generale del Consiglio Supremo delle antichità.
«Le due indagini precedenti erano durate mezza giornata, noi avevamo tre sistemi radar, capaci di coprire tutte le frequenze, e abbiamo avuto a disposizione sette giorni e sette notti – spiega Porcelli -. Per noi adesso la vicenda è chiusa».
A spingere Reeves all’ipotesi che la tomba di Tut fosse parte di un complesso più ampio appartenente alla regina Nefertiti, il cui nome significa «La bella è arrivata», erano stati tanti indizi. Fotografie ad alta risoluzione mostravano piccoli solchi nelle pareti, e poi dopo la scala discendente e il corridoio il percorso si sviluppava a destra, come nelle tombe femminili; la stanza funeraria sembrava troppo piccola, più simile a un’anticamera. Secondo Reeves la tomba sarebbe stata scavata per Nefertiti, moglie di Akhenaton, che rese l’Egitto temporaneamente monoteista, ma la morte improvvisa a soli 19 anni del figlio Tut avrebbe fatto riutilizzare in fretta e furia lo stesso sepolcro.
Del team fanno parte l’Università di Torino, le società Geostudi Astier di Livorno e 3DGeoimaging di Torino, la fondazione Novara Sviluppo. Porcelli è stato anche addetto scientifico dell’ambasciata italiana al Cairo, e aveva già risolto un altro mistero legato al faraone bambino, scoprendo che il pugnale sepolto con la mummia è fatto con il materiale di un meteorite. Non è per nulla deluso dal risultato. «Stiamo facendo comunque la storia, credo sia la prima volta che un team di geofisici riesce a mettere la parola fine a una controversia archeologica. Ed è un onore che sia un team italiano».
Il lavoro non si ferma qui. «Il progetto su Tutankhamon rientra nella mappatura geofisica completa della Valle dei Re». A fine giugno «torneremo per fare la ricostruzione 3d della Valle dei Re usando la fotogrammetria a bordo di velivoli e i laser». Ahmed Ellaithy, direttore del Mallawi Museum, pochi mesi fa ospite al Politecnico di Torino, ha detto che «intorno a Luxor ci sono ancora da scoprire almeno dieci tombe».