6 maggio 2018
APPUNTI PER GAZZETTA - DOMANI, GIORNATA DECISIVA PER IL GOVERNOREPUBBLICA.ITUn premier a 5 stelle o della Lega? "L’ultimo dei problemi", è la risposta
APPUNTI PER GAZZETTA - DOMANI, GIORNATA DECISIVA PER IL GOVERNO
REPUBBLICA.IT
Un premier a 5 stelle o della Lega? "L’ultimo dei problemi", è la risposta. Si può trovare "anche fuori dei due partiti, un profilo terzo".
Di Maio però ribadisce la chiusura a Berlusconi. "Finché Salvini diceva che il premier deve essere del centrodestra, io facevo argine. Ma la questione è Berlusconi: apparteniamo a epoche politiche diverse. Ora siamo in un’altra fase, i politici fanno un passo indetro e i cittadini uno avanti. È difficile immaginare che un vecchio politico possa realizzare il reddito di cittadinanza".
Cosa dovrebbe essere cambiato per Berlusconi perché accetti il passo indietro? "Oltre l’accordo per un governo M5s-Lega con un premier condiviso non si va". Basta un ruolo non di primo piano per Berlusconi? "Noi proponiamo un governo politico con la Lega su alcuni punti, ma via Berlusconi. Cosa farà Berlusconi non lo so. Sono speranzoso. In questo periodo la più grande beffa è che noi ci abbiamo provato in tutti i modi, anche col Pd. Ma anche lì si è capito che valevano più le dinamiche interne. La speranza di poter fare qualcosa di buono per l’Italia io non l’ho mai persa. Credevo che sarebbe stato dificile, ma non impossibile".
Poi il capitolo del forno chiuso con il Pd. "Mettiamola così: se il presidente Roberto Fico riceve un incarico esplorativo dal Presidente della Repubblica e il Pd di fronte a quell’incaricato dice che c’è una disponibilità al dialogo e in quella delegazione ci sono i due capigruppo renziani... Ha meravigliato un po’ tutti l’intervista di Renzi da Fazio che ha fatto saltare il tavolo. Non credo che il Pd e il reggente Martina aprissero ai Cinque Stelle senza aver consultato il partito internamente. Ora sento il Pd dire ’ci siamo a un governo istituzionale’. Dunque l’unica preoccupazione era impedire al M5S di governare al costo di andare al governo con il centrodestra, questo lo dovranno spiegare ai loro elettori".
Infine, il tema del governo del presidente. "Il Quirinale sa che il M5s è stato lineare nel raccontare la propria linea. E la sua contrarietà a governi tecnici o del presidente. per la non connessione con i problemi della gente. Prendere persone non votate è anche un grande problema per il Paese, la gente si scoraggia nel vedere gente che non ha scelto. Se non è possibile un governo politico si torni al voto".
Fossi in Mattarella, rileva Annunziata, mi sentirei tirato per la giacca. "Noi stiamo provando in tutti i modi a dare una soluzione politica al presidente presidente della Repubblica, figura di garanzia che riconosciamo e sul quale non vogliamo fare pressioni. Ma se siamo a questo punto, Se si parla di governo del presidente è perché le forze politiche non si sono assunte le loro responsabilità. E noi non voteremmo la fiducia a un governo tecnico".
Se alla guida di quel governo ci fosse una figura come Rodotà, che voi volevate? "Separiamo i discorsi. Allora si parlava del presidente della Repubblica, garante di tutti. Qui del presidente del Consiglio, chi deve fare per il Paese".
Poi, una frase sulla democrazia destinata a far discutere. "Quale può essere l’effetto sul Movimento del rifiuto di due forze politiche chiamate a dialogare con noi? E si riceve solo il due di picche, per la regia di Renzi e Berlusconi? Il grave rischio è che una forza come la nostra, votata da 11 milioni di persone, si allontani dalla democrazia rappresentativa. La disaffezione alle istituzioni della Repubblica. Non sta succedendo, ma il rischio cè, la gente non ci crede più".
In caso di fallimento, per Di Maio non resta che il voto. "Io sono convinto del fatto che si può votare a fine giugno o inizio luglio. Il Parlamento sta lavorando in commissione speciale. Il governo ha presentato il Def e lo esamineremo. Ora bisogna fissare in una legge quello che il Def prevede. Sarà una manovrina o a luglio, o a ottobre, per scongiurare l’aumento dell’Iva. C’è disponibilità del M5s a tenere i conti in ordine, ma quello che non posso tollerare che per evitare problemi ci sia un governo che non rispecchia il Paese", dice Di Maio. Difficile che si voti così presto, andrebbe bene un prolungamento dell’esecutivo Gentiloni per l’amministrazione corrente in attesa di votare? "Il presidente manderebbe alle Camere un governo che non ha la maggioranza. Chiedo, perché a me nessuno ha fatto proposte".
Quanto a Grillo, che ha detto di essere a favore del referendum sull’euro: "Lui è uno spirito libero. Noi vogliamo andare al governo per andare in Europa e modificare alcuni trattati. Però bisogna riflettere sul fatto che se la democrazia rappresentativa non funziona, bisognerà ingegnarsi con strumenti di democrazia diretta. Il M5s è argine a derive di radicalizzazione, ora c’è un movimento che si è convinto che la strada istituzionale per cambiare il paese sia la strada giusta. Ma non ci mettano in condizioni di dire che le istituzioni escludono la prima forza politica in Italia". Basterà questo passo indietro di Di Maio per sbloccare la partita del governo? Una risposta probabilmente già stasera dall’atteso vertice di centrodestra a Palazzo Grazioli.
IL VERTICE DI CENTRODESTRA
ROMA - Quinto giro di consultazioni. Domani, dopo 60 giorni di stallo, il presidente della Repubblica sentirà di nuovo i partiti. Ma questo potrebbe essere il round decisivo, perché Sergio Mattarella non è più disposto ad aspettare. In vista della consultazioni, il centrodestra prova cercare una linea unitaria in una riunione fissata in serata con i tre leader Berlusconi-Salvini-Meloni nel tentativo di trovare una sintesi. Luigi Di Maio, a ’1/2h in più’ di Lucia Annunziata, ha aperto a Matteo Salvini: "Ok a un premier terzo scelto con Salvini - ha detto - ma no a Berlusconi e mai un governo tecnico". Prima ancora della riunione a Palazzo Grazioli è Annamaria Bernini, capogruppo di Forza Italia al Senato, a rispondere con durezza al leader politico grillino.
• BERNINI A DI MAIO: "BASTA TATTICISMI, È INQUIETANTE"
"Basta tatticismi e soprattutto basta veti contro FI e Berlusconi - dichiara Anna Maria Bernini - lo spettacolo offerto anche oggi da Luigi Di Maio è inaccettabile e surreale. Dopo avere tenuto il Paese intero ostaggio dei suoi maldestri tatticismi per oltre due mesi, ricevuta in ultimo una sonora sportellata in faccia dal Pd, oggi fa un appello alla divisione di quel centrodestra che lo ha battuto nelle elezioni politiche, in Molise ed in Friuli Venezia Giulia. Addirittura arriva a paventare, con parole gravissime, l’implementazione di tensioni democratiche nel Paese, ove il suo partito non dovesse andare al potere. È evidente che questi signori sono interlocutori a dir poco inquietanti e che l’unica speranza di un governo per l’Italia è a partire dal centrodestra e dal suo programma, evitando l’avventura di un ritorno alle urne che risulterebbe schizofrenia politica sulla pelle del Paese". rep Approfondimento Di Maio riapre a Salvini e cede sul premier per l’intesa di CARMELO LOPAPA Il Carroccio resta contrario a qualsiasi ipotesi di un governo di tregua guidato da un tecnico. L’ultima proposta avanzata da Salvini è quella di un esecutivo di tutto il centrodestra e dei 5 Stelle, per un periodo di tempo limitato, e con un premier anche non leghista. Forza Italia, invece, non esclude un governo di tregua guidato da un tecnico proposto da Mattarella. Mentre Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni insistono su un esecutivo guidato da un esponente del centrodestra che si basi sul programma della coalizione.
Le acque nel Pd, intanto, restano sempre agitate. Ieri due i leader scesi in campo con una posizione critica rispetto a Matteo Renzi: il governatore del Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Milano, Beppe Sala. Oggi è un renziano ’critico’ ma amico dell’ex segretario, Matteo Richetti, a rivolgersi all’ex premier. Intanto, dopo l’intervento di Di Maio, arriva la replica del presidente del Pd. "Più Di Maio racconta la sua idea di democrazia - twitta Matteo Orfini - più rilancia le sue promesse elettorali, più corteggia Salvini, più io mi convinco che abbiamo fatto bene a impedirgli di diventare premier coi voti del Pd. Lega e M5s sono l’opposto della sinistra".
• RICHETTI A RENZI: "IL PROSSIMO CAMPIONATO NON È IL SUO"
"A Renzi direi che il suo campionato non è il prossimo. E fossi stato in Maria Elena Boschi, all’indomani del referendum del 5 dicembre avrei fatto un passo indietro", ha detto durante un faccia a faccia con Giovanni Minoli su La7.
Richetti precisa: "Credo che un Pd senza Renzi sarebbe un Pd più povero, però sulle prossime ripartenze in termini di leadership credo che Matteo non farebbe bene a se stesso ad essere nella partita". Il Paese ci chiedeva dove siete e noi - ha proseguito Richetti - facevamo solo l’elenco delle cose fatte" , "ma la politica vive anche di relazioni". Richetti ha ribadito il no del Pd "a governo politico, no ad accordo politico e a un sostegno tattico. Resta un’assunzione di responsabilità su un programma da parte di tutti per mettere in sicurezza i prossimi mesi: clausole di aumento dell’Iva, bilancio e intervento sulla legge elettorale".
• RICHETTI SUL M5S: "LA CASALEGGIO HA INTERESSE A METTERE LE MANI SULLA PA"
L’esponente dem non immagina scissioni nel Pd, "sarebbe folle" dice. Poi l’attacco ai 5 stelle: " La Casaleggio ha interesse a mettere le mani sulla pubblica amministrazione che vede come il più grande patrimonio informativo del Paese". Ad una domanda sull’abolizione dei vitalizi ha risposto: "è come raccogliere una cartaccia per terra e buttarla nel cestino". Perchè il pd non l’ha fatto? " Perchè non siamo stati in grado di trovare una maggioranza. Alla Camera sono riuscito a farlo approvare, al Senato non si è trovata la maggioranza. Anche nel Pd c’erano fortissime resistenze".
Richetti, ritornando sui problemi interni al Pd ribadisce poi il sì alle primarie. "Nel momento di massima difficoltà - spiega - le primarie sono il ricorso a ciò che di più prezioso abbiamo: il nostro popolo, il nostro elettorato. E danno una forza a chi viene eletto che è maggiore e superiore a quella di un’assemblea di gruppo dirigente che dovesse incoronare il prossimo segretario".
• DE BENEDETTI: "LA COSA MIGLIORE È RIMANDARE ALLE CAMERE GENTILONI"
"Penso che la cosa migliore per l’Italia sia rimandare alle Camere il governo Gentiloni", ha detto Carlo De Benedetti, presidente onorario Gedi, al Festival della tv e dei nuovi media di Dogliani (Cuneo). "La cosa più logica sarebbe un governo Gentiloni che va in Parlamento a chiedere la fiducia per rifare la legge elettorale", ha spiegato intervistato da Lilli Gruber. "Lo stato del Pd è chiaramente comatoso", ha poi aggiunto. "Non credo che gli elettori abbiano votato il Pd perché andasse all’opposizione, ma perché facesse politica". Secondo De Benedetti "il Pd ha quindi fatto male a non sedersi al tavolo con i 5 Stelle per dimostrare che il loro programma era insostenibile". Sull’ex segretario, Matteo Renzi: "È inaccettabile che abbia dato le dimissioni senza darle". E il movimento 5 Stelle? "È ridicolo - ha affermato - ma Salvini è peggio, antisemita, antieuropeo, finanziato da Putin". Per queste ultime affermazioni Matteo Salvini ha annunciato querele. "A chi bisogna credere tra Grillo e Di Maio sull’euro? Tutte buffonate", ha concluso l’Ingegnere.
corriere.it
Si vedranno stasera a cena Berlusconi, Salvini e Meloni, a palazzo Grazioli, per concordare una linea unitaria per arrivare domani alle consultazioni al Quirinale parlando con una voce sola. Ma non sarà facilissimo. Perché al di là delle posizioni ufficiali ribadite in pubblico anche ieri, è dietro le quinte che si tengono i contatti incrociati e che si valutano scenari divergenti e in parte opposti. shadow carousel Il bacio di Luigi Di Maio e Giovanna Melodia Il bacio di Luigi Di Maio e Giovanna Melodia Il bacio di Luigi Di Maio e Giovanna Melodia Il bacio di Luigi Di Maio e Giovanna Melodia Il bacio di Luigi Di Maio e Giovanna Melodia Il bacio di Luigi Di Maio e Giovanna Melodia Il bacio di Luigi Di Maio e Giovanna Melodia Il bacio di Luigi Di Maio e Giovanna Melodia Il bacio di Luigi Di Maio e Giovanna Melodia Il bacio di Luigi Di Maio e Giovanna Melodia PrevNext
I rapporti
Da una parte c’è Salvini, che continua a mantenere stretti rapporti con Di Maio (si sono parlati a lungo venerdì) e che oggi con grande interesse ascolterà quello che il leader del M5S dirà nell’intervista Lucia Annunziata a «In mezz’ora in più», visto che sarebbero attese «novità» o in un senso — apertura all’offerta di un governo a tempo — o nell’altro, chiusura su tutti i fronti. Nel primo caso, sembra che in privato il leader della Lega abbia proposto all’interlocutore un esecutivo da fare assieme con un premier che non sia lui stesso ma nemmeno Di Maio, una figura di garanzia per tutti insomma. Allo stato però sembra che i 5 Stelle siano ancora fermi sul veto nei confronti di FI, e allora si torna al nodo iniziale: può Salvini rompere con Berlusconi? In casa Lega sussurrano che sì, potrebbe avvenire se fosse lo stesso leader azzurro a dichiararsi indisponibile o a dividersi dall’alleato (il che non dispiacerebbe troppo al Carroccio) dicendo sì a un governo del presidente, ipotesi totalmente scartata da Salvini. Il fatto è che in FI al momento non si ha intenzione di rompere l’alleanza. In una dichiarazione con il visto del Cavaliere, il fedelissimo Sestino Giacomoni afferma che FI è «forza responsabile» che chiede due cose: un governo che faccia quello che si aspettano gli italiani, e che sia guidato «da chi ha vinto le elezioni», ovvero un esponente di centrodestra. In teoria le posizioni collimano, in pratica i discorsi che si fanno ad Arcore sono diversi.
shadow carousel Salvini e Di Maio a Vinitaly Salvini e Di Maio a Vinitaly Salvini e Di Maio a Vinitaly Salvini e Di Maio a Vinitaly Salvini e Di Maio a Vinitaly Salvini e Di Maio a Vinitaly Salvini e Di Maio a Vinitaly Salvini e Di Maio a Vinitaly Salvini e Di Maio a Vinitaly Salvini e Di Maio a Vinitaly PrevNext
Le formule
Se infatti Giacomoni aggiunge che le formule per far nascere il governo «le valuterà il capo dello Stato», Mariastella Gelmini va oltre e parla di «ora della responsabilità» e di necessario ascolto di quello «che ci dirà Mattarella» per «uscire dallo stallo». Berlusconi infatti è convinto che andare al voto con questa legge sarebbe una pazzia, perché «non si avrebbe ancora una volta una maggioranza», e quindi non disdegnerebbe l’ipotesi di un governo del presidente (sostenuto da tutti o quasi) con figure o tecniche di area dei vari partiti o indicate in totale autonomia da Mattarella per modificare il Rosatellum, mettere in sicurezza i conti e poi eventualmente tornare a votare. Ma dato che FI da sola (anche in accordo eventuale col Pd) non avrebbe i voti per sostenere un governo di questo genere, non è prevista una rottura con Salvini, che a livello elettorale sarebbe pagata carissima.
Lo stato
Per questo, pur guardando in direzioni diverse, allo stato nel centrodestra sono costretti a muoversi insieme, aspettando di capire se arriveranno segnali dal M5S o se Mattarella farà un appello ai partiti davanti al Paese, chiamandoli alla «responsabilità», tanto da cambiare il quadro. Appello che metterebbe in difficoltà Meloni e Salvini, il quale si porta avanti nella battaglia contro il Pd attaccando Gentiloni che aveva detto come in questo momento servano immigrati all’Italia ma con flusso regolare: «Chiamate un medico», è il commento postato su Twitter.
MARTINI SULLA STAMPA
Nel decimo sabato di quel che sta diventando il più lungo dopo-elezioni nella storia della Repubblica, al Quirinale hanno mentalmente annotato le ultime novità (informalissime) provenienti dai leader, ma non per questo hanno interrotto lo scouting (informalissimo) in atto da qualche giorno. Alla ricerca di ministri e di un primo ministro per quel governo «neutrale» che dovesse «imporsi» davanti all’incapacità dei partiti di trovare una maggioranza condivisa. E sebbene dal Quirinale non trapelino dettagli, tanti segnali lasciano capire che - in caso di precipitare degli eventi - il presidente Mattarella abbia già predisposto una rete di salvataggio: una squadra quasi completa di ministri, anche se al momento sembrerebbe mancare la casella più importante. Quella del presidente del Consiglio.
Figura per 72 anni declinata al maschile: una sequenza che nelle intenzioni del Capo dello Stato potrebbe interrompersi. Non è un imperativo categorico, ma un tentativo serio: per la guida del governo il presidente Mattarella sta sondando anche la possibilità di individuare la figura di una donna, una donna di spessore, capace di rappresentare una novità sociale e di costume e al tempo stesso dotata di quelle doti di carisma e di «tenuta» richieste dall’incarico. Ricerca non semplice proprio per il ritardo italiano nel valorizzare e sperimentare le donne più capaci. Sembra siano stati esaminati i profili di personalità di forte spessore. Come Fabiola Gianotti, cinquantottenne fisica direttrice generale del Cern di Ginevra: la rivista «Time» l’ha collocata in quinta posizione nella graduatoria di Persona dell’anno 2012, mentre «Forbes» l’ha inserita nella lista delle 100 donne più potenti al mondo. Come Lucrezia Reichlin, 63 anni, docente alla London Business School: il suo nome venne ventilato per il ruolo di vice-governatore alla Banca d’Inghilterra.
Come Marta Cartabia, 55 anni, la più giovane vice-presidente della Corte Costituzionale nella storia della Repubblica. Come Paola Severino, già Guardasigilli nel governo Monti e autrice della legge che, tra l’altro, ha messo fuori gioco Berlusconi alle ultime elezioni. Una «firma» che non la aiuta. Al profilo individuato dal Quirinale rispondono personaggi come Anna Maria Tarantola, già presidente della Rai, una vita in Banca d’Italia e come l’economista Fiorella Kostoris Padoa Schioppa. In corsa resta la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati.
Tutte donne che presentano controindicazioni (o resistenze personali) di varia natura e che potrebbero portare ad una scelta più «tradizionale». Domani Mattarella chiederà alle delegazioni dei partiti eventuali aggiornamenti. Se Matteo Salvini dovesse sostenere di averi i «numeri» per formare il governo, il Capo dello Stato potrebbe chiedergli i nominativi dei «responsabili» disposti a votare per un esecutivo di centrodestra. Se fosse acclarata l’inesistenza di una maggioranza, il Capo dello Stato è intenzionato ad inoltrarsi in quella che può definirsi una terra incognita: nel 2011, quando Napolitano affidò l’incarico a Mario Monti aveva la certezza di una maggioranza. Stavolta il governo del Presidente dovrà guadagnarselo il sì del Parlamento.
E l’esecutivo del Presidente non è una passeggiata. Il Capo dello Stato sa che un conto è richiamare i partiti alla propria responsabilità, altro conto è sfidarli e non è sua intenzione superare i confini istituzionali. Ecco perchè la qualità oggettiva della «sua» squadra può fare la differenza per «conquistare» una maggioranza. Dunque niente ministri tecnocrati, funzionari, grand commis, ma tanta società civile. Per il ministero dello Sviluppo il profilo «giusto» sarebbe quello di un imprenditore del Nord-Est, mentre un personaggio come Raffaele Cantone potrebbe avere i requisiti per ministeri di prima fascia come Giustizia e Interno. Per Economia, Esteri e Difesa la competenza è considerata fattore dirimente. Mentre per il ministero come i Beni Culturali potrebbe arrivare una sorpresa, con la scelta di un personaggio di grande popolarità.
FABRIZIO D’ESPOSITO SUL FATTO