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 2018  aprile 27 Venerdì calendario

Il pugno duro su Navalnyj e altri 1600 anti Putin

Sono scesi in piazza a migliaia, ieri, a Mosca, San Pietroburgo, Kaliningrad, Vladivostok, e decine di altre città in tutto il Paese. Una moltitudine di giovani, studenti e attivisti per la democrazia che si sono dati appuntamento per una mobilitazione nazionale che ha coinvolto tutta la Russia: una giornata di protesta convocata con un tam tam sul web da Aleksej Navalnyj, leader dell’opposizione anti-governativa. E così, alla vigilia della cerimonia di insediamento di Vladimir Putin per il suo quarto mandato presidenziale, prevista per domani, decine di manifestazioni hanno preso vita contemporaneamente in 26 diverse città. I sostenitori di Navalnyj, l’odiato oppositore del capo del Cremlino, si sono riversati nelle strade cantando «La Russia sarà libera», «Putin non è il nostro zar», e «Putin nemico del popolo». «Riprendiamoci le strade del paese contro l’instaurazione della monarchia, la corruzione, la disuguaglianza, la censura e l’illegalità»: queste le altre parole d’ordine e gli slogan delle manifestazioni. A Mosca i dimostranti hanno riempito piazza Pushkin, la grande area al centro della capitale: qui il leader acclamato della protesta, Navalnyj, ha arringato la folla. Poco dopo il suo comizio però la polizia è intervenuta in assetto anti-sommossa: cariche, lacrimogeni e manganellate per sciogliere il presidio. Navalnyj, insieme a molti altri partecipanti, è stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale. Il capo dell’opposizione contro il Cremlino è stato portato via di peso dai poliziotti, che sono stati costretti a sollevarlo per le gambe e le braccia. Dopo le cariche della polizia il grosso dei manifestanti, anziché disperdersi, si è raggruppato e ha dato vita a un corteo spontaneo per le strade della capitale. A San Pietroburgo invece, la seconda città del Paese, i giovani con le bandiere blu, rosse e bianche della Russia hanno formato un corteo lungo la Prospettiva Nevskij, il corso principale della città. Prima che potessero proseguire per le vie centrali sono stati caricati dalla polizia, manganelli in mano. A fine giornata il bilancio – secondo quanto riferito dalla ong Ovd-Info, organizzazione che si occupa di monitorare gli eventi e i casi di repressione in Russia – è di oltre 1.600 persone arrestate: 700 i manifestanti in stato di fermo nella sola Mosca, a cui si aggiungono 232 a San Pietroburgo. Le fonti ufficiali parlano invece solo di 300 arresti nella capitale. Tra i fermati anche cinque giornalisti, e diversi feriti. «Gli arresti in Russia minacciano le libertà fondamentali di espressione» e «la detenzione di giornalisti minaccia anche la libertà di stampa», ha dichiarato il portavoce dell’Alto rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Europea, Federica Mogherini, sottolineando che l’Ue «si aspetta che le autorità russe rispettino gli impegni internazionali che la Russia ha preso» in materia e che «rilascino senza indugio i manifestanti e i giornalisti».