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 2018  aprile 27 Venerdì calendario

Peones e spaventati dalla crisi il partito del “non ritorno al voto”

Onorevole Librandi, lei lo voterebbe un governo del presidente? «Penso proprio di sì. Sono un imprenditore e questa crisi prolungata non fa bene al Paese». Gianfranco Librandi, 64 anni, lombardo di Saronno, è stato berlusconiano, appoggiò la candidatura di Letizia Moratti a sindaco di Milano, poi montiano, prima del voto ha aderito al Partito democratico e ora è deputato a Montecitorio.
«Sono renziano», premette.
«Farò quel che dirà il mio partito, ma questa incertezza non fa bene, l’Italia va stabilizzata: quindi sì, questo governo di tregua io lo voterei».
Chi la pensa come lei nel Pd?
«Credo in tanti».
Nella pancia del Parlamento serpeggia la paura di quelli che vedono avvicinarsi minacciosamente il voto. Se si facesse un sondaggio anonimo sarebbe di gran lunga il primo partito. I peones, i piccoli, quindi vedono come una zattera di salvataggio l’ipotesi che alle Camere possa presentarsi un governo nuovo, benedetto dal Colle. In teoria un simile esecutivo avrebbe poche chance, ma chi può dirlo invece alla prova dei fatti?
Bruno Tabacci, +Europa-Centro democratico, oggi correrà i cento chilometri in bici a Ischia.
«Un intervento legittimo, quello del presidente Mattarella, che io sosterrei certamente. Questi giovani politici alla ribalta dopo due mesi hanno miseramente fallito, fornendo una retorica dei vincitori che alla prova dei fatti si è rivelata inconcludente.
Basta scherzare! Ci attendono mesi difficili. Impegni internazionali. Bisogna scongiurare l’aumento dell’Iva». Manfred Schullian, avvocato, deputato della Svp, guiderà domani pomeriggio la delegazione del Gruppo misto al Colle: ventuno deputati divisi in cinque componenti diverse, e infatti ognuno dirà la sua.
Quindi il presidente Mattarella prima sentirà «le mie considerazioni generali», precisa Schullian, poi parleranno Maurizio Lupi per Noi con l’Italia, Alessandro Fusacchia per +Europa-Centro democratico, Renate Gebhard per le Minoranze linguistiche, Beatrice Lorenzin per Civica popolare, Salvatore Caiata per il Maie (Movimento associativo italiani all’estero), dov’è confluito il drappello degli espulsi dal Movimento Cinquestelle: Silvia Benedetti, Andrea Cecconi, Antonio Tasso, Catello Vitiello. Sei voci diverse.
Quanto è grande la preoccupazione di andare al voto? «Direi altissima, ma questo è normale dopo soli due mesi», sintetizza Schullian.
«Votare il governo di tregua?
Dipende. Noi della Svp non firmiamo cambiali in bianco, però siamo persone con il senso della responsabilità». Quelli del Misto rappresentano una minuscola porzione della Camera (21 su 630, poco più del 3 per cento), ma esprimono umori indicativi.
In queste ore si tessono molte trattative silenziose. Perché l’eventuale “governo neutro” potrebbe alla fine esercitare un effetto calamita anche su molti parlamentari dei partiti maggiori, la maggioranza silenziosa che teme di non venir rieletta al prossimo giro.
Salvatore Caiata, presidente del Potenza calcio, ad esempio ha molti amici dentro Forza Italia: domani alle 17 farà il suo esordio nello Studio alla Vetrata.
Renzo Tondo, eletto col centrodestra, già presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, dice che un governo di tregua «lo voterei subito, sarebbe una soluzione corretta per uscire dall’impasse e fare almeno la legge elettorale». Il suo collega Ale Colucci invece afferma che si può pensare «a un governo di transizione», anche se «in primis fare il governo toccherebbe veramente a noi».
Il sottosegretario Gabriele Toccafondi, già esponente di Forza Italia e poi ex Ncd con Angelino Alfano, rieletto adesso nel centrosinistra nel partito di Lorenzin, dice: «La pancia del Parlamento non vuole andare al voto, questo è chiaro. Io sarei favorevole a un governo di tregua, non solo per fare la legge elettorale e il Bilancio, ma anche per rimettere insieme le riforme, di cui questo Paese ha urgente bisogno. Nuove elezioni sarebbero un errore. Il centrodestra forse arriverebbe al 39 per cento, l’M5s potrebbe pure toccare quota 35, ma non cambierebbe certo lo scenario».
Leu (14 deputati), invece, che farà? «Se sarà un governo di tutti, valuteremo», dice il capogruppo Federico Fornaro, «se invece sarà un esecutivo di tregua camuffato da un accordo centrodestra-Pd noi non siamo interessati. Eravamo disponibili a sederci a un tavolo per valutare i programmi di un’alleanza M5S-Pd-Leu».
Domani Fornaro sarà al Colle con Pietro Grasso e Loredana De Petris. «Questo stallo è figlio di una legge elettorale sbagliata, il Rosatellum, che provoca un vincitore di coalizione e uno di lista», denuncia Fornaro. Qual è lo scenario più probabile? «Le elezioni anticipate».