la Repubblica, 6 maggio 2018
Il giovane Ruffin che fa la guerra a Macron
Amiens contro Amiens. «Siamo la prova che la stessa scuola può aprire strade molto diverse», aveva scherzato Emmanuel Macron l’anno scorso davanti a François Ruffin. È il derby politico della città simbolo di una delle regioni più depresse di Francia, la Piccardia. Sia il presidente francese che Ruffin ci sono nati e cresciuti, si conoscono da vent’anni, quasi coetanei, hanno entrambi frequentato l’istituto gesuita La Providence. L’ultima volta che si sono visti davanti a una telecamera il giornalista agit-prop aveva portato un assegno formato gigante da far sottoscrivere al candidato di En Marche per gli operai della fabbrica Whirlpool nella loro comune città natale. Macron aveva rifiutato di firmare in diretta ma poi era andato a parlare con i lavoratori ai cancelli dello stabilimento, con un coraggio riconosciuto anche da Ruffin. Il duello prosegue a distanza. «Facciamo la festa a Macron», scandiva ieri Ruffin, nel frattempo eletto deputato della France Insoumise, e alla guida della manifestazione che ha attraversato le strade di Parigi per l’anniversario dell’elezione del giovane leader. Le regole fissate da Ruffin erano chiare: nessun partito, né sindacato, doveva prendere il posto d’onore. «Ognuno porta un ingrediente, una rivendicazione – aveva spiegato – facciamo una protesta come il bollito misto». Qurantadue anni, giornalista, fondatore della rivista militante Fakir, nella primavera del 2016 era stato uno dei promotori di Nuit Debout, il movimento che ha occupato per quasi due mesi place de la République sognando di fare la Rivoluzione. Ruffin si è fatto conoscere attraverso la regia del documentario “Merci Patron!”, inchiesta sull’industriale più ricco di Francia, Bernard Arnault. Il film è diventato un piccolo caso nel mondo del cinema, programmato per mesi in tutta la Francia solo grazie al passaparola. L’arrivo all’Eliseo di un tecnocrate già banchiere come Macron, che al suo arrivo decide l’abolizione della patrimoniale, è stato un regalo politico benvenuto. “Président des Riches”, slogan che perseguita il Presidente francese, è in tutte le invettive di Ruffin. «Sono un riformista rivoluzionario» ci aveva detto in occasione della presentazione del film, rifiutando etichette politiche. Appena eletto, ha rinunciato a una parte dell’indennità da parlamentare. «Non faccio politica per i soldi». È stato multato per aver infranto il regolamento dell’Assemblée Nationale. Si era presentato nell’emiciclo indossando la maglia di una squadra di calcio amatoriale, un modo di chiedere di tassare i contratti milionari dei grandi club. Con il movimento di Jean-Luc Mélenchon ha un rapporto tormentato, e non solo perché ruba spesso la scena al tribuno gauchiste attraverso le sue trovate mediatiche. Ruffin si considera vicino anche ai comunisti, con cui “Méluche” ha rotto ormai da tempo. I suoi video sono molto condivisi sui social. Con il suo accento del Nord, il linguaggio semplice, è l’antitesi del raffinato Macron. Difficile che la popolarità dell’anarchico Ruffin basti a unire la galassia di sinistra, frammentata tra mille sigle. Lui comunque non ci pensa. «Voglio essere il portavoce dei senza voce», ripete spesso, senza bisogno di farsi carico di proposte o alternative concrete. L’anti- macronismo rischia di limitarsi a essere parola d’ordine di una manifestazione e non costruirsi come un’alternativa politica vera. Ruffin e Macron alla fine si fanno comodo a vicenda.