Il Sole 24 Ore, 5 maggio 2018
La Cassa Depositi e Prestiti comprerà ancora Tim
Il progetto in tre tappe promosso dal fondo Elliott – cambio della governance di Telecom, scorporo della rete fissa e conversione delle azioni risparmio – ha convinto la Cdp, perchè coincide con la sua strategia, e il mercato. E per questo motivo il voto nell’assemblea di Telecom ieri è stato convergente sulla lista presentata dal fondo Usa. L’idea che la discesa in campo della società pubblica, con l’acquisto di una quota del 4,9% del capitale, sia stata determinante ai fini dell’esito della votazione non tiene conto del fatto che se l’obiettivo fosse stato quello di condizionare il mercato la Cdp avrebbe potuto comprare ben di più. Invece i fondi di investimento erano già convinti da soli della necessità di cambiare passo. «La vittoria è il risultato di un totale allineamento del mercato e del sistema paese alla strategia in tre punti proposta dal fondo Elliott», chiosa Roberto Sambuco, uno dei principali registi dell’operazione e partner di Vitale&C, advisor del fondo Usa.
Nelle prossime settimane la società controllata all’86% dal ministero dell’Economia prenderà in considerazione la necessità di accrescere ancora la sua quota. Perchè pur avendo messo in minoranza l’ex azionista di riferimento Vivendi, questi controlla ancora circa il 23% del capitale, mentre il fondo Elliott si ferma al 9% e la Cdp al 4,9 per cento. Il risultato va ora consolidato, anche per avere una posizione negoziale paritetica da un punto di vista azionario con gli antagonisti transalpini, che in qualche modo dovranno trovare una wayout decorosa da questa difficile posizione. Cdp, d’altro canto, è destinata a diventare un interlocutore cruciale nel momento in cui si procederà allo scorporo della rete fissa e alla progressiva uscita dal capitale del fondo Elliott. Nei prossimi mesi non sarà solo Cdp ad arrontondare la sua posizione, altri fondi o azionisti potrebbero fare capolino nell’azionariato. Certo, la società di via Goito a un certo punto dovrebbe vedere rappresentati nel board di Telecom anche propri consiglieri. Tutto questo non avverrà subito. In mezzo c’è il delicato guado della scadenza dei vertici della Cdp – il rinnovo è atteso nell’assemblea di bilancio prevista il 20 giugno – in una fase in cui ancora non prende forma una nuova compagine governativa.
«Si figuri se non sono favorevole alla riconferma di Costamagna con il quale ho un antico rapporto da quando svolgeva altre funzioni – ha detto ieri il presidente di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, rispondendo a chi gli chiedeva se sarebbe favorevole alla riconferma di Claudio Costamagna come presidente della Cdp,la cui nomina spetta alle fondazioni azionista della Cassa con il 14% circa. La conferma di Costamagna, ha ricordato Guzzetti, tuttavia è legata al rinnovo dell’ad (Fabio Gallia l’ad uscente). «Quindi aspettiamo il nuovo governo. Speriamo che arrivi rapidamente. Allora ci sarà un nuovo ministro delle finanze cui toccherà il compito di indicare il nuovo Ceo. Per noi certamente Costamagna rappresenta una figura di continuità. Se è stato presidente per 3 anni con il nostro consenso e la nostra promozione la risposta c’è già. Noi comunque confermeremo anche la squadra che ha operato bene e i dividendi si sono visti. Come si dice nel calcio squadra che vince non si cambia». Eravamo favorevoli «che Cassa Depositi e prestiti intervenisse in questa partita- ha continuato Guzzetti -. Siamo azionisti di minoranza rispettosi dei manager, ma ci pareva opportuno l’intervento di Cdp rispetto ai problemi di Tim, della rete e della fibra, in modo che l’Italia non fosse l’unico Paese ad avere due reti, magari parallele, per fare la stessa cosa. Vediamo il futuro cosa ci riserva».
La squadra per quale non si può dare, invece, per scontata la conferma è quella che oggi guida la Telecom: l’ad Amos Genish e il management da lui nominato, tra i quali il nuovo responsabile delle reti Stefano Siragusa e Pietro Scott Jovane, nuovo responsabile commerciale, dovranno dimostrare sul campo le loro capacità. L’attesa al varco non è tanto sui conti dei tre mesi, quanto quelli del primo semestre che potrebbero non essere particolarmente brillanti.
Ieri intanto c’è stato un evento nell’assemblea Telecom destinato a lasciare strascichi importanti nei rapporti Italia-Francia. Il nodo riguarda la posizione della Caisse des depots, omologa francese della Cdp e alla quale è legata da rapporti di partnership. Il management della Caisse, azionista di Telecom con lo 0,8% del capitale, in un primo momento aveva informato i colleghi italiani della decisione di non prendere posizione e astenersi in assemblea. Poi, qualche giorno fa, una telefonata da parte di un ministro del governo francese per fare presente che, pur riconoscendo che i rapporti tra il presidente Emmanuel Macron e il finanziere Vincent Bolloré sono quanto di più lontano, non «accadrà mai che un francese sia lasciato solo in terra straniera». Per cui il governo di Parigi ha chiesto alla Caisse di votare a favore della lista di Vivendi. Gli ingredienti per una vera e propria dichiarazione di guerra di Parigi verso e la Cdp e il governo italiano ci sono tutti.