La Stampa, 5 maggio 2018
L’ultimo che si è avvicinato a questo cancello è dovuto scappare via. Una pietra lanciata da dietro una siepe ha centrato l’auto del giornalista del Tg2 Giammarco Sicuro: «Ero venuto a fare delle riprese sui beni confiscati alla mafia nel Nord Italia
L’ultimo che si è avvicinato a questo cancello è dovuto scappare via. Una pietra lanciata da dietro una siepe ha centrato l’auto del giornalista del Tg2 Giammarco Sicuro: «Ero venuto a fare delle riprese sui beni confiscati alla mafia nel Nord Italia. Hanno urlato: «Cosa volete qui!». Appena siamo saliti in macchina, è arrivato il sasso sul cofano». Dietro al cancello, c’è la casa colonica dove abita Francesco Grande Aracri, già condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa e fratello di Nicolino, boss riconosciuto della ‘ndrangheta. La casa è stata confiscata. Ma la burocrazia rallenta le pratiche. E lui è ancora lì.
Strada provinciale 62 della Cisa, Emilia Romagna, comune di Brescello. Questo quartiere però è stato ribattezzato Cutrello, perché a partire dal 1987 si sono trasferiti qui 493 calabresi, quasi tutti originari di Cutro. Come la famiglia Grande Aracri.
A cinque minuti di distanza, seguendo la stessa strada, si entra nel centro del paese. A metà pomeriggio, una comitiva di turisti tedeschi sta ascoltando l’ennesimo replay della storia di don Camillo e l’onorevole Peppone. Proprio a Brescello c’è la piazza del film. Si chiama piazza Matteotti. Ecco la statua del prete inventato da Guareschi, ecco la chiesa. Anche i bar sotto i portici hanno quel nome. Ogni vetrina ricorda Peppone e don Camillo. Solo che il paese, nel frattempo, è diventato qualcos’altro.
«Non è vero che a Brescello c’è la ‘ndrangheta», dice l’ex sindaco Ermes Coffrini, quattro mandati consecutivi per il Pd, prima di tornare a fare soltanto l’avvocato. «Se c’è la mafia, allora è una mafia che rimane sotterranea, non fa affari in paese. È una mafia che non condiziona la vita politica e sociale di Brescello. A me Francesco Grande Aracri pare una persona che vive normalmente. Non è il classico sblagone, come diciamo noi. Non è uno che vuole attirare l’attenzione». E il parroco, cosa dice il parroco don Evandro Gherardi di questa storia? «I miei superiori mi hanno chiesto di tacere. Ma non ho cambiato opinione. Le mie parole sono sempre valide. E sono quelle pronunciate dal pulpito». Ecco cosa disse, allora, l’erede di don Camillo: «Brescello non è mafiosa! Basta calunnie e immagini false».
Invece, sì. Brescello è anche terra di ‘ndrangheta. A dispetto del politico locale più famoso e dell’opinione del parroco. Da due anni il Comune è commissariato. La relazione del prefetto che ne ha decretato lo scioglimento incomincia così: «A Brescello sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che hanno compromesso la libera determinazione e l’imparzialità degli organi eletti nelle consultazioni amministrative del 25 maggio 2014, nonché il buon andamento dell’amministrazione ed il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio dell’ordine e della sicurezza pubblica». È descritto un groviglio di interessi e relazioni. «Trattamenti speciali». Lavori che dovevano essere fatti «per forza». La ristrutturazione dell’ultimo piano della scuola media comunale affidati senza gara. Un alloggio di proprietà demaniale dato a un pregiudicato calabrese con modalità che «destano perplessità»: 28 euro al mese d’affitto. Sopraffazione. Minacce a una consigliera di minoranza affinché non si ricandidasse: «Te la faremo pagare!». Una raccolta firme in favore del capo cosca. Come è potuto accadere? Quando il paese di Guareschi è diventato anche un paese di mafia? L’ultimo omicidio risale al 22 ottobre 1996: Giuseppe Ruggero venne freddato nella sua casa di Brescello da un commando di finti carabinieri. Era un regolamento di conti fra clan rivali. Ma sarebbe proprio questo l’errore più grande. Cercare modalità vecchie in un contesto nuovo.
Cutrello è un perfetto non luogo. Vie cresciute dal nulla, che finiscono nei campi di mais. Non c’è un bar. Sono villette di due piani, sormontate da cancelli automatici. Le iniziali placcate oro sui portoni bianchi, il simbolo del sole sul muro maestro. Entrano ed escono camioncini dell’edilizia. E nessuno che voglia parlare. Accanto alla cascina di Francesco Grande Aracri, c’è ancora la sua impresa sotto sequestro: Marimusa Marmi. Il figlio Salvatore, detto calamaro, è stato condannato per violenza privata ed è accusato da un pentito di aver gestito la discoteca Italghisa, comprata con i soldi del boss Nicolino. Qui davanti, abitava Alfonso Diletto detto scimmia, prima di essere arrestato e condannato a 14 anni di carcere. Anche Francesco Muto ha la casa qui. Avrebbe nascosto all’interno del consorzio edile Europa i veri intestatari di altri beni: case e ristoranti comprati con soldi della ‘ndrangheta.
I pochi che tentato di raccontare questo mondo nuovo non hanno vita facile. La consigliera leghista Catia Silva: minacciata. Paolo Monica e Lorella Galli, che scrivono un blog intitolato «Discontinuità». Il giornalista della Gazzetta di Reggio Andrea Vaccari, a cui la famiglia Coffrini ha appena intimato di non usare più il termine «coffriniano».
Il 10 giugno a Brescello si terranno nuove elezioni. La casa confiscata alla famiglia Grande Aracri è ancora abitata dal suo illegittimo proprietario. Tutto era nato qui davanti. La web tv «Cortocircuito» accompagnava il nuovo sindaco Marcello Coffrini, figlio di Ermes. Le sue parole, a proposito del condannato per mafia Francesco Grande Aracri, furono: «Un uomo gentilissimo, tranquillo, composto, educato». Non sembrano avere ancora cambiato opinione. «È stata una trappola mediatica», dice ora Ermes Coffrini. «Se uno non crea problemi, cosa altro avremmo dovuto dire?». Il prefetto ha scritto: «L’atteggiamento di acquiescenza degli amministratori comunali nei confronti della locale famiglia malavitosa si è poi trasformato in una condizione di vero e proprio assoggettamento al volere di alcuni affiliati della cosca». È stato come un piano inclinato. Senza accorgersene, il paese di Peppone e Don Camillo ha iniziato a scivolare giù.