Gazzetta dello Sport, 4 maggio 2018
Tregua nel Pd, fiducia a Martina
Il Pd è spaccato, ma non lo fa vedere, grazie a un bel lavoro preliminare dei renziani che hanno chiuso in bellezza la settimana cominciata con l’intervista di Renzi a Fabio Fazio.
• Sentiamo. Anzi no: se il Pd non fa vedere di essere spaccato, come facciamo a sapere che è spaccato?
Perché sappiamo che le varie correnti possono sempre essere riunite in due raggruppamenti: i renziani e gli antirenziani. Gli antirenziani si qualificano perché negano a Renzi il diritto di andare, per esempio, da Fazio, a dire quello che pensa. Una posizione, se ci riflette, assurda, e infatti Matteo Richetti, che non ha firmato il documento renziano dell’altra sera (perché divisivo), ha spiegato ieri che non si puà impedire a Renzi di andare a parlare in televisione dato che i vari salotti televisivi sono pieni di esponenti del Pd che dicono qualunque cosa. L’esponente più autorevole degli antirenziani è il ministro dei Beni culturali, e autore di romanzi, Dario Franceschini. Egli ha parlato ieri dalla tribuna della direzione e ha detto questo: «Abbiamo immaginato di iniziare a percorrere la strada del confronto con i grillini che non portava automaticamente a un accordo di governo. L’intervista di Matteo Renzi ha interrotto questo percorso per il peso numerico e politico che ha. Tanto che 10 minuti dopo Di Maio ha detto ’dialogo chiuso’. Ci saremmo dovuti arrivare dopo un confronto». Tipicamente antirenziano: sappiamo che sei forte, ma se adoperi la tua forza sei antidemocratico.
• Lei è un renziano sotto mentite spoglie.
No, ma come già accadeva prima della scissione di Bersani e D’Alema, vedo che i nemici di Renzi hanno il fiato più corto di Renzi, s’attaccano ad argomentazioni speciose, si direbbero quasi accecati dall’avversione verso il fiorentino. Martina, nei colloqui con i grillini che hanno preceduto l’intervista di Fabio Fazio, sapeva benissimo di non avere spazio politico per fare i discorsi possibilisti che faceva. Renzi l’ha semplicemente richiamato all’ordine. Non avrebbe potuto fare diversamente.
• Come hanno fatto a nascondere la spaccatura?
Semplicemente votando tutti uniti la relazione del reggente Martina, che è quindi passata all’unanimità. I termini di questa relazione erano stati stabiliti con Martina dai renziani prima che la direzione cominciasse. I termini erano quelli del documento fatto girare l’altro giorno da Lorenzo Guerini e firmato dalla maggior parte dei parlamentari: nessuna possibilità di un governo con i cinquestelle, nessuno appoggio a un governo del centrodestra, apertura verso le iniziative del Quirinale per sbloccare la crisi, sì a una fiducia nel reggente Martina che condurrà il partito fino all’assemblea in cui si deciderà se andare a un congresso o eleggere direttamente un nuovo segretario, che sarà evidentemente un renziano di ferro, se non lo stesso Renzi. Renzi ieri ha fatto il senatore semplice e non ha parlato. La data dell’assemblea non è stata fissata. In ballo c’è soprattutto il potere di formare le liste per le prossime elezioni. Renzi è forte nei gruppi, i suoi nemici vorrebbero togliergli o intaccare proprio quel primato.
• Novità sul governo?
Mattarella ha convocato tutti per lunedì. Venti minuti di tempo per ciascuno, cominciando dal Movimento 5 stelle, alle 10, e finendo in serata con i presidenti di camera e senato. Il centrodestra si presenterà unito. Uno o due giorni di tempo e il presidente prenderà una decisione. Le ultime voci dicono che le elezioni sono escluse, perché non si fa più in tempo per giugno. Rimandare Gentiloni alle camere, farlo sfiduciare e lasciare che poi sia lui a gestire la finanziaria che deve salvarci dall’aumento dell’Iva e la nuova legge elettorale? Improbabile. L’ipotesi più forte è un incarico istituzionale alla Elisabetta Alberti Casellati, chiamata in causa non perché berlusconiana, ma perché presidente del Senato. In quanto comunque berlusconiana sarebbe difficile per Salvini non votarla e in quanto istituzionale potrebbe prendere i voti - o l’astensione - anche del Pd. Starebbe in piedi. Di Maio, rifugiandosi all’opposizione, potrebbe cercare di far dimenticare le brutte figure di questi 50 giorni, sancite dal flop friulano.
• Salvini non insiste per far lui il governo?
Sì, l’ha ripetuto anche ieri attaccando l’Unione europea colpevole di aver presentato un bilancio che toglie quasi due miliardi agli agricoltori italiani. I forzisti gli hanno dato una mano sostenendo (Romani) che non si può andare alle elezioni dopo appena due mandati esplorativi.