Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  maggio 03 Giovedì calendario

Il primo bilancio di Scholz è una delusione: pareggio über alles

Dalla nostra corrispondente BERLINO Il socialdemocratico Olaf Scholz ha presentato ieri il suo primo bilancio preventivo da ministro delle Finanze. E il Haushalt della prossima legislatura contiene già una notizia che potrebbe far arrabbiare Donald Trump. La Germania non ha alcuna intenzione di aumentare la spesa per la Difesa, come solennemente promesso ai partner della Nato: rispetto all’1,24% del Pil di quest’anno, nel 2022 la quota delle spese militari scenderà persino di un decimale. Non più tardi di una settimana fa, il presidente americano aveva rimproverato Angela Merkel a Washington di non tenere fede alle promesse fatte al vertice di Wales di quattro anni fa. Non a caso, la ministra cristianodemocratica della Difesa, Ursula von der Leyen, sta protestando veementemente per le scelte del collega Scholz, sottolineando che si tratta di una lesione degli impegni presi nel Contratto di coalizione. E una fonte del ministero ha suggerito ieri che alcuni progetti militari concordati con i partner europei potrebbero finire per questo nel congelatore. Ma non è questo il motivo per cui i giornali tedeschi hanno cominciato a chiamare l’ex sindaco di Amburgo “Schaeuble light” o a ribattezzarlo “Wolfgang Scholz”. Durante una discussione recente a Washington, Scholz avrebbe persino risposto, a chi gli chiedeva se riuscisse a spiegare le differenze tra le sue politiche e quelle del suo predecessore – considerato l’emblema dei “falchi” in Europa – con un secco e disarmante “no”. E nei numeri, indubbiamente, la continuità è palese. Siccome il suo partito, la Spd, continua a strombazzare la necessità di un maggiore impegno e di una maggiore solidarietà in Europa, non si capisce bene in cosa si esprimerà, questa annunciata generosità. Forse nella disponibilità a concedere maggiori risorse per il Bilancio Ue, come scolpito al primo punto del Contratto di coalizione? Per ora, il bilancio non rivela quanto Berlino sarà disponibile a concedere. Scholz ha parlato ieri di 10 miliardi all’anno, ma dipenderà dall’andamento del negoziato con i partner UE. Intanto, la continuità più evidente con Schaeuble è nell’impegno a mantenere fede al pareggio di bilancio fino al 2022. Scholz vuole spingere il debito sotto la soglia di Maastricht del 60% del Pil, in un periodo in cui la Germania continua a migliorare le sue stime per la crescita. Quest’anno dovrebbe raggiungere il 2,3%, l’anno prossimo il 2,1%. Ma le finanziarie dei prossimi anni, se sembrano orientate a una grande generosità sul piano sociale – la spesa per queste voci aumenterà addirittura di 24 miliardi nei prossimi quattro anni – hanno stroncato le aspettative d chi chiedeva a gran voce un impegno maggiore sul versante degli investimenti. Uno dei temi della campagna elettorale è stato quello delle scuole che cascano a pezzi, dei ponti, degli edifici o delle strade con urgentissimo bisogno di un restauro. E su questo, come sulle risorse per la grande sfida del futuro, il digitale, Scholz sembra aver deluso le aspettative. L’anno prossimo Berlino spenderà 37,9 miliardi per gli investimenti; nel 2022 saranno 33,5 miliardi. Quasi quattro miliardi e mezzo in meno. Dal ministero obiettano, tuttavia, che i trasferimenti ai Land e ai Comuni sono aumentati, dunque che le spese per le infrastrutture o le scuole potranno essere incrementate a livello locale. Intanto, però, l’opposizione è sulle barricate. Non a caso l’autorevole economista Marcel Fratzscher, presidente del Diw, ha commentato ieri che il piano di Scholz contiene «troppo poco per gli investimenti». E ha concluso, senza nascondere la delusione, che «sembra più difficile decidere le giuste priorità quando le cose vanno bene».