la Repubblica, 3 maggio 2018
La Ue ci darà più soldi per i migranti
Dal nostro corrispondente bruxelles Per capire quanto «maschio e virile» sarà il negoziato tra governi – il copyright è di Jean- Claude Juncker – basti pensare che la proposta sul nuovo bilancio europeo 2021- 2027 ieri è stata bocciata da una serie di capitali prima ancora della sua presentazione ufficiale. In ballo ci sono i 1.279 miliardi per finanziare le politiche Ue del prossimo decennio. Che la Commissione europea vuole affrontare guardando al futuro. Ma poi, stringi stringi, la battaglia tra leader sarà meno nobile, non riguarderà strettamente le politiche più meritevoli di essere sostenute a livello comunitario, ma il conto tra dare e avere per i singoli stati dell’Unione. Per questo, anche se Bruxelles punta a chiudere i negoziati tra le capitali entro le elezioni europee del maggio 2019, il suk tra governi probabilmente si protrarrà oltre. Il punto di partenza della proposta esposta ieri dalla Commissione Ue è il buco lasciato da Londra, che con la Brexit farà perdere all’Unione il suo contributo pari a 15 miliardi all’anno. Per questo Bruxelles chiederà maggiori versamenti ai governi, taglierà i fondi di coesione e agricoli, eliminerà tutti gli sconti concessi sulla falsa riga del “British rebate” e aumenterà i finanziamenti diretti alle casse Ue con una tassa sulla plastica (80 centesimi al chilo), una sullo scambio dei certificati per le emissioni di CO2 e con una revisione dell’Iva e delle tasse sulle imprese che aumenterà i flussi di denaro verso il bilancio europeo. Che dall’ 1% del Pil continentale ( 1.000 miliardi) del 2014-2020 passerà all’1,11%. Per dare risposte ai cittadini in tempi di euroscetticismo, Bruxelles punta sul finanziamento di una serie di nuove politiche: innanzitutto raddoppiando i fondi per la gestione delle frontiere e dei migranti ( 33 miliardi) utili anche a portare a 10 mila gli agenti di Frontex. E una proposta che viene incontro all’Italia e alle sue preoccupazioni. In un tweet il ministro dell’Economia Per Carlo Padoan promuove «la gestione dei flussi migratori», quelle delle minacce alla sicurezza e il sostegno agli investimenti. Alla difesa europea andranno 20 miliardi, raddoppiano i fondi per Erasmus ( 30 miliardi) mentre un centinaio di miliardi serviranno a sostenere occupazione giovanile, inclusione sociale e miglioramento delle professionalità. Più soldi anche a ricerca e sviluppo. Altre due le novità ( che piacciono a Roma): un fondo per aiutare le riforme nazionali (25 miliardi) e uno per sostenere gli investimenti in caso di crisi ( 30 miliardi). Infine 15,2 miliardi Ue per muovere 650 miliardi di investimenti grazie a privati e governi. Tutto bene? Niente affatto, perché la coperta è corta e per finanziare le nuove priorità dell’Unione Bruxelles propone di sfrondare le classiche politiche Ue con una sforbiciata del 5% ad agricoltura e fondi di coesione. Un taglio minore del temuto, ma che per i pessimisti potrebbe comunque costare caro a Roma, mentre per gli ottimisti potrebbe addirittura regalarle più soldi: dipenderà dai criteri che Bruxelles scriverà per spalmare il sacrificio tra i diversi paesi. C’è poi delicato capitolo delle condizionalità: ieri la Commissione ha lanciato quella contro i paesi dell’Est – Polonia e Ungheria in particolare – che prevede di legare i fondi Ue al rispetto dello stato di diritto. Chi non lo farà perderà finanziamenti. Non è resa esplicita invece quella sul rispetto delle regole su conti e riforme, ma viene accennata e rimandata a un testo successivo. Non pervenuta quella sui migranti: Roma e Berlino – guardando a Visegrad – chiedevano il taglio dei soldi per chi non ospita i rifugiati, Bruxelles ha invece inserito l’integrazione tra i criteri per stabilire le percentuali di fondi che andranno ai singoli paesi ( insieme a Pil e disoccupazione), meccanismo meno doloroso per Orban e soci. Il documento di Bruxelles ha già spaccato i governi. La Germania tra i più positivi, si è detta pronta a pagare di più ma vuole «maggiore equità». La Francia, come l’Italia, lamenta il taglio dei fondi agricoli mentre Danimarca Svezia, Olanda e Austria non vogliono versare più soldi alla Ue. Per questo quello tra leader sarà un negoziato durissimo: per affrontarlo «l’Italia avrà bisogno di un governo autorevole», ammoniva ieri Antonio Tajani.