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 2018  aprile 29 Domenica calendario

La rondine Iniesta

Oggi la rubrica parlerà in larga parte di un gentiluomo e di altri meno. Calciatore e gentiluomo è Andres Iniesta. Venerdì, piangendo, ha reso ufficiale una notizia che sapevano anche i sassi, a Barcellona. C’erano tutti i suoi compagni, tranne Messi e Suarez. Iniesta non lascia il calcio, ma la maglia blaugrana. Non smette di fare magìe, va a farle in Cina. Quasi certamente al Lifan di Chongqing, cincin. L’onomatopea del brindisi ci sta tutta, perché uno dei motivi, forse il principale, che ha spinto Iniesta ad accettare, è strettamente connesso al vino. Oltre all’ingaggio, che basso non sarà, il Lifan mette a contratto che sarà sua cura importare due milioni di bottiglie del vino che produce Iniesta, o meglio suo padre José Antonio nella tenuta di Fuentealbilla, e commercializzarlo. Non è un export da poco, deve aver pensato Iniesta. E deve aver pensato che 22 anni al Barça, su 34 di vita, sono tanti. Non piangono i mendicanti di bellezza, né il loro capitano Eduardo Galeano. La regola: si piange solo chi muore. Se fosse un torero, alla fine dell’esibizione gli spetterebbe un’orecchia, o due, o la coda del toro. Ma penso che Iniesta non sappia o non voglia ammazzare nemmeno una gallina, un coniglio. Tutto in lui è serenità, equilibrio, dolcezza. Fin dagli inizi. A 16 anni aveva già una faccia da vecchio. La stessa di oggi, che sembra da ragazzino. Il tempo gli è passato addosso senza condizionarlo. Mai cambiato pettinatura, o fatto crescere barba e baffi, o ceduto alla viperina seduzione del tatuaggio. Ha illuminato il mondo con la sua luce calcistica, ha vinto 8 campionati (quasi 9), 4 Champions, 3 coppe del mondo per club, e in Nazionale due Europei e un mondiale. Zidane ha detto una cosa giusta: «Iniesta non è del Barça, è del calcio». Sì, ma più del Barça, dove nessuno s’è chiesto se Iniesta e Xavi potevano giocare insieme, come si sarebbe fatto in Italia e non solo, ma che dovevano giocare insieme. Iniesta è bassino, sembra un impiegato statale, un seminarista o un medico di campagna, è molto corretto nel gioco. Il suo gioco sono gli altri. Fa tutto in funzione della squadra. Lo chiamano il Mago. Assomiglia molto a un altro Mago, illusionista, trasformista: Arturo Brachetti. Un altro genio dello spettacolo. Con una differenza: Brachetti cambia fisionomia e abbigliamento in continuazione. Iniesta mai. C’è chi ha la musica nel sangue. Iniesta ha il calcio, e lo fa diventare musica. E bellezza, no olvidas, direbbe il nostro capitano. Certo, don Eduardo. Bellezza. Ma più di tutto leggerezza. Tori, gazzelle, pantere, leoni: c’è un bestiario nel calcio come in tutti gli sport e da anni penso a che animale accostare a Iniesta. È la rondine, ma non so spiegare perché. Iniesta è un costruttore di gioco senza ruspe. Costruisce case con le conchiglie, usa scale di bave di ragno, organizza concerti di grilli. Leggerezza, tecnica e fantasia. Iniesta (9,5) è il bambino immortale. Imeno gentiluomini, adesso. Ho visto su un tg un commento ai fatti di Liverpool, stralciato da un social. “Chi sta nascosto dietro una tastiera, chi compie gesta in terra straniera. Onore ai leoni di Liverpool”. I cavalieri che fecero l’impresa secondo alcuni erano 13, secondo altri 20. Facciamo 13, contro uno, chiaro esempio di sprezzo del pericolo nella perfida Albione. Non è uno scontro, 13 contro uno, è una vigliaccata, ma non importa, sia onore ai leoni di Liverpool. Scusate, com’era quell’uno che ha scatenato il branco? Un gigante ubriaco? Uno che stava bruciando la bandiera della Roma? Uno che ha fornito lo straccio di un pretesto? No, era quello con l’aria più mite, nelle inquadrature. Uno isolato, un po’ di pancetta sotto il maglioncino azzurro. Sulla cinquantina, poteva essere il padre di qualcuno del gruppo. Ah, ecco, direbbe uno psicologo. Prendere per il collo uno così e dargli un sacco di cinghiate, pugni e calci è un gioco da ragazzi (appunto). Però, se questi sono i leoni di Liverpool, preferisco i cani, i maiali e i topi di fogna. Grazie ai leoni, mercoledì Roma sarà una città in stato d’assedio. Azione chiama reazione, nel loro codice. Gli inquirenti dovrebbero capire se l’aggressione di Liverpool è una vigliaccata estemporanea o fa parte di un piano studiato per incendiare il ritorno. Resta lo spazio per un libro che vale più di quel costa (15 euro, ed. Einaudi). “Poesie” di Carlo Porta, traduzione in italiano di Patrizia Valduga. Una traduzione, va precisato, nel rispetto della rima e della metrica. Una specie di sesto grado, su cui nessuno s’era avventurato, fin qui. Ma Valduga non soffre di vertigini (8) e si vede.