la Repubblica, 29 aprile 2018
Le amministrazioni pubbliche non vogliono passare per la Consip e spendono un sacco di soldi in più
Mentre da Bruxelles continuano ad arrivare segnali di inquietudine per la tenuta dei conti pubblici italiani, uno dei gangli fondamentali del sistema di spesa pubblica non riesce a sbloccarsi: gli acquisti di beni e servizi, stando alla riforma voluta dall’allora commissario alla spending review Carlo Cottarelli nel 2014, dovrebbero passare attraverso 35 centrali di acquisto, la Consip nazionale e quelle locali, anziché essere dispersi in decine di migliaia di stazioni appaltanti. Ma di fatto questo avviene solo in minima parte. A lanciare l’allarme è lo stesso Cottarelli, che oggi dirige l’Osservatorio sui conti pubblici presso l’Università Cattolica, e ha scritto un rapporto che Affari & Finanza, in edicola domani, ha letto in anteprima. Eppure la Consip ha fatto la sua parte: ha stipulato accordi e contratti con migliaia di fornitori ai quali dovrebbero rivolgersi le amministrazioni per goderne gli effetti. Comprare una piccola auto usando una di queste convenzioni costa 7.500 euro, fuori convenzione oltre 9000, il 17% in più. Eppure gran parte della PA sceglie la seconda opzione. Per un furgone lo sconto possibile arriva al 25%, e al 40% per telefonia, elettricità, carburanti. Il sistema delle convenzioni Consip copre già oltre 48 miliardi sui 91 del totale della spesa pubblica per beni e servizi ma solo poco più di 8 miliardi transita correttamente per le convenzioni Consip. Oggi, 40 miliardi di spesa pubblica anziché essere intermediata dalle stazioni centralizzate, e godere dei benefici delle convenzioni, viene gestita con i vecchi metodi, specie per gli enti locali. Ma com’è possibile? Colpa dei ritardi nei decreti attuativi della riforma del 2014 ( molte stazioni appaltanti non sono ancora organizzate) e nella definizione esatta delle categorie merceologiche che dovrebbero essere veicolati per questa via. Si è creato un vuoto regolamentare e una fumosità legislativa grave, a 4 anni dalla riforma. Affari & Finanza di domani poi pubblica un’inchiesta sul derby infinito Italia-Spagna, che non è solo calcistico ma si estende all’economia. Incontri, scontri, fusioni, acquisizioni ostili o amichevoli, non si contano più: Abertis- Autostrade, Enel- Endesa, Santander- Montepaschi, Benetton- Zara, Eni- Repsol, Telefonica- Tim, Bertolli- Deoleo, Alitalia-Iberia, e via dicendo. Ognuno con le sue caratteristiche, e il suo esito. Sul supplemento economico di Repubblica ci sono poi un’intervista a Nerio Alessandri sui trionfi di Technogym nelle palestre e in Borsa, sull’ondata di utili che travolge le Fondazioni di origine bancaria, sull’effervescente mercato del “seconda mano”.