Corriere della Sera, 29 aprile 2018
Il cofano di Nuvolari
«Tazio, fermiamoci: guarda che il cofano balla, finisce che si apre e vola, meglio sistemarlo». «Stai buono, che tanto salta via da solo». È una furia, Nuvolari. E replica così, seccamente, alla prudenza del co-pilota che gli sta accanto, Sergio Scapinelli, ventenne sbarbatello ma già apprezzato meccanico. Pedale sull’acceleratore, «Nivola» sfreccia a 150 all’ora sulla Flaminia, nei pressi di Gualdo Tadino, nel Perugino. È nel cuore dei tifosi, ha un palmarès senza limiti ma ha 56 anni e soprattutto è gravemente malato ai polmoni, condannato a morte: ma figurarsi se il «mantovano volante» si lascia spaventare.
In quel momento è in testa alla gara, l’ultima «Mille Miglia» della sua vita, quella del 1948. È al volante di una Ferrari, la 166 Sc, una delle prime progettate dal «Drake». Che per quella corsa – a sorpresa e con una scelta dell’ultimo istante, dopo averlo incontrato per caso il giorno prima della partenza a Brescia – ha voluto alla guida proprio «Nivola». Anche se vecchio, sofferente, dato per finito.
Pronti, via: Tazio guida come sempre, coraggio, follia, talento, la derapata controllata da lui inventata. Sbalordisce andando in testa subito e l’Italia impazzisce ascoltando alla radio il racconto della cavalcata destinata a diventare leggenda. Ma l’auto perde pezzi e a Gualdo davvero vola per aria, quel cofano. Che verrà raccolto, dimenticato, ceduto, ritrovato: un’altra storia favoleggiata in un documentario – «Quando corre Nuvolari» – uscito nelle sale cinematografiche pochi giorni fa. Una pellicola diretta da Tonino Zangardi, romano, regista che prediligeva racconti di periferia, morto di tumore a 61 anni lo scorso 19 febbraio. «Stava male ma non voleva dirlo per terminare a tutti i costi il racconto del recupero di quel cofano. Un sogno, un’ossessione. Anzi una fiaba» spiega ora l’attore Alessandro Haber, che di Zangardi è stato fraterno amico – «la domenica eravamo sempre assieme davanti alla tv per guardare i Gran Premi» – e tra i protagonisti del film. La parte che interpreta è quella del contadino che da spettatore della Mille Miglia (ma era un bimbo, nel 1948) raccoglie il cofano, custodendolo per anni senza dire niente a nessuno. «Tifosissimo del Nivola, una volta vecchio e diventato nonno – è ancora Haber a parlare – decide di consegnare la lamiera della 166 Sc al museo dedicato a Tazio, a Mantova».
Vicenda quasi vera, che però ricalcava – sulle prime senza il dovuto riconoscimento – quella, stavolta verissima, ricostruita da Mario Donnini, giornalista di Autosprint. Un narratore di motori e F1, nato proprio a Gualdo, che ricostruì – «era il 1987 e fu il primo articolo che scrissi, trasformandolo poi in un libro di 200 pagine» – le peregrinazioni di quel cofano grazie ai ricordi del papà, pure lui ultrà di Tazio. «Mi raccontò che quel pezzo d’acciaio fu usato dal contadino che lo raccolse, Gildo Remigi, come coperchio di un pozzo. Poi in cambio di un motorino usato lo cedette al proprietario di un distributore di benzina, Federico Cirelli, che ne fece l’abbellimento di un frantoio. Qui lo ritrovai per portarlo davvero a Mantova nel 1993».
Quando, lo scorso anno, Donnini seppe del film, telefonò a Zangardi per un bonario chiarimento: «Cadde dalle nuvole ma era simpatico: sostenne che la storia del cofano gliela narrò una sera a cena Lucio Dalla, senza però spiegargli dove l’avesse appresa».
L’incrocio di racconti intanto prosegue. «Nivola», ancora in testa, termina la Mille Miglia a Reggio Emilia: rottura del motore. «Scese dall’auto furibondo, sporco di morchia» è la testimonianza data a Donnini dall’ex premier Romano Prodi, spettatore (aveva nove anni) della corsa: «Gridava e bestemmiava, mio padre pensò fosse meglio portarmi via». Mica è finita. Ferrari corre a Reggio, vuole sincerarsi delle condizioni di Tazio. Che sta a letto, esausto. Ma sorride e gli dice: «Enzo, ricordati bene di oggi. Perché alla nostra età giornate così non capitano più».