il Giornale, 2 luglio 2009
Dizionario delle buone maniere
ABBONDANZA Augurabile sempre, a chi sa dissimularla. Padrone di casa, non presentate, ad un pranzo, vassoi troppo pieni, ma fate che, una volta finito il giro dei commensali, il vassoio venga riempito in cucina esattamente come la prima volta, e così ripresentato in sala. Donne di mondo, non invitate contemporaneamente tre poeti e quattro duchesse: un poeta e una duchessa basteranno, ma sapendosi sostituibili, faranno del loro meglio per riuscire insuperabili; quanto agli ospiti qualsiasi apprezzeranno la vostra possibilità di cambiare, ad ogni ricevimento, vati e patrizie. Eleganti, non mettete confusamente quattro anelli sulla stessa mano: variateli a seconda degli abiti e dell’umore. Accademici, non accumulate aggettivi. Tenori, non largheggiate di acuti. La vostra ricchezza deve restare sottintesa, per riuscire sensazionale.
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio ABITI Fanno il monaco, naturalmente e fanno, purtroppo, anche il gentiluomo e la gentildonna. Chi si senta perfettamente vestito diventerà tranquillo, sicuro del proprio involucro, se non di sé. Ho sempre raccomandato alle madri di ragazzine timide o di ragazzotti goffi il buon sarto e la buona sarta: sempre con infallibile successo. Cercate di avere, in ogni stagione, almeno un capo di cui siate fieri: si badi che un tailleur (o un completo doppiopetto) veramente impeccabile può durare tre o quattro anni, se lo si conserva bene. D’altronde la Moda Sportiva e la Moda Boutique consentono a uomini e donne di usare normalmente capi di poco prezzo: pantaloni o gonne spaiate; golf e camicie di ogni genere; cappottoni da montanari austriaci o da pastori irlandesi. In ufficio, in bottega, in gita, andranno benissimo: però dovete avere l’ottimo gessato nero con righino bianco, se il capufficio vi invita a pranzo: ed il non meno ottimo abitino che vi salvi nelle stesse circostanze.
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio ACCENTO Non dovete pronunciare mai troppo bene un nome straniero davanti a chi lo pronuncia male. I personaggi di Proust arrossivano quando qualcuno diceva, in inglese, «Venais» per dire Venezia, che in inglese si pronuncia «Vénis»; ma, nel rispondere, ripetevano l’errore altrui, per evitare di essere umilianti. Anche se avete studiato a Oxford, non dite «drink» con energia. Anche se avete letto Guerra e pace, non replicate «Tolstòi» a chi ingenuamente parla di «Tòlstoi».
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio ACCESSORI Per una donna possono essere la salvezza di una eleganza modesta. Per un uomo, la rovina di un’eleganza opulenta. Una donna ragionevole adotterà il tailleur grigio del mattino e quello nero del pomeriggio, definitivamente. Li completerà con borse, scarpe, cappelli, guanti, sciarpe, collane, clips, rinnovati spesso ed accordati sobriamente. Un uomo, invece, deve sorvegliarsi: niente gemelli ai polsini, che saranno chiusi da bottoncini di madreperla. Niente spilla sulla cravatta. Niente spilla sotto la cravatta. Niente spilla in fondo alla cravatta. Guanti, ma solo quando veramente li infila, e non per tenerli in mano e darsi un contegno. Niente braccialetto al polso. Niente ciondoli, niente catenelle, niente stilografiche che sbucano dal taschino, niente fazzoletto nel taschino, niente anelli con sigillo. L’orologio al braccio, la fede, le chiavi, il portafoglio, il portadocumenti. E state bene attenti alla scelta del portasigarette e dell’accendino, che possono farvi credere un gigolò o un vegliardo.
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio ACCETTARE Imparate ad accettare un regalo, una parola gentile, una manifestazione di tenerezza. Non cedete alla pigrizia delle lodi eccessive, che mortificano un donatore, non dite: «Ma questo libro è divino! certo la prima edizione! stampato come un Bodoni! rilegato alla perfezione!». Ma: «Desideravo tanto leggerlo, sono contenta che tu lo abbia indovinato». E non contorcetevi in proteste di falsa modestia, se qualcuno loda il vostro abito, gridando: «Ma va, figurati, un vecchio straccio messo insieme alla meglio, vuoi prendermi in giro, è un orrore»; ma: «Mi fa tanto piacere che tu lo approvi, apprezzo sempre il tuo buon gusto». E, se qualcuno vi mostra una riproduzione di Botticelli, assicurando che somigliate ad un magro angioletto dietro il trono della Madonna, non sbuffate: «Via francamente, potresti paragonarmi, come fanno tutti, ad Elizabeth Taylor!». Ma: «Grazie, capisco che mi vuoi bene, perché non si può guardare quest’angioletto senza commuoversi!».
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio ACNE Questo disturbo così frequente e così penoso merita ogni attenzione da parte delle madri quando i figli ne soffrano. Ma merita anche il silenzio da parte degli estranei: non dite alla ragazzina già avvilitissima che ha un brufolino nuovo. Non consolate il giovinetto angosciato con l’affermazione che è un male di gioventù. Fingetevi miopi, presbiti, astigmatici e cessate per sempre di veder le pustolette giovanili.
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio ADAGIARSI Non bisogna, mai, adagiarsi nella propria condizione, fortunata o sfortunata che sia, ma progredire continuamente. Soltanto, è preferibile nascondere questa febbre di progresso sotto le apparenze della serenità, dell’appagamento. Adagiatevi ufficialmente, agitatevi segretamente.
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio AGLIO Quando si battezza il Delfino, eventualmente nato in esilio da genitori esiliati, ma teoricamente sempre Delfino di Francia, gli si passa uno spicchio d’aglio sulla lingua perché erediti le virtù del suo avo Enrico IV, che senz’aglio non poteva vivere. Non siate realiste quanto il Re, e, anche se l’aglio ravviverebbe molti sapori, non ne offrite segretamente ai vostri ospiti. Certo, potete presentare Paioli, la superba mayonnaise agliata della Provenza: in salsiera separata, però, e avvertendo tutti i commensali. Non è giusto che l’amica fiduciosa esca di casa vostra ignara, vada ad un appuntamento e perda il fidanzato.
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio ALLERGIE Sono, ormai, innumerevoli e servono spesso di alibi: «Ho rotto il fidanzamento con Maria; l’adoro, però ero allergico ai suoi capelli». «Dipingere? Posso solo disegnare, essendo allergico ai colori». «Pranzare da Zia Giovanna? Dolente, sono allergico al suo giardino». Vi si raccomanda di non esagerare, perché screditereste le allergie vere, vostre ed altrui. La padrona di casa esemplare, oltre ad informarsi sui diversi regimi seguiti dai suoi ospiti, dovrà aggiornarsi sulle eventuali allergie, per allontanare il gatto o abolire le decorazioni floreali.
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio ALTA MODA una scienza esatta, che rende l’improvvisazione impossibile. Purtroppo, non tutti i giovani sarti, i giovani disegnatori, le giovani indossatrici lo hanno capito.
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio AMICIZIA Contraddicendo, temo, molte figure geometriche, l’amicizia è insieme la base ed il vertice di ogni successo.
• Un ironico Grand Tour il Giornale, domenica 2 luglio AMMIRAZIONE una parola che si adopera pochissimo, troppo poco per quanti (tutti) desiderano essere ammirati. Usate serenamente il sostantivo «ammirazione» per concludere la vostra lettera ad uno scrittore, ad una bella donna, ad una brava madre di famiglia, e li farete felici.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BACIAMANO Vecchissima, non risolta questione. In teoria, non si bacia la mano di una donna guantata, nemmeno a corte, nemmeno se è la Regina. Boni de Castellane, inchinandosi davanti ad una sovrana colpevole di non aver scoperto le sue dita, mormorò: «I excuse your gloves, Madame». Non si bacia una mano in tram, in autobus; si può baciarla sulla banchina della stazione, sul terreno dell’aeroporto, in segno di congedo quasi patetico. Non la si bacia se non si è sicuri di inchinarsi all’angolo giusto (limitato cioè), e di saper baciare veramente chi si vuole, limitandosi, per le altre, ad una mimica di balletto. Non la si bacia in un clima di affari: l’antiquario elegante si limita a stringere la mano della signora che compra da lui sei poltrone. Gliela bacerà, la sera, in casa di lui, in casa di amici, a teatro, al night-club. Non la si bacia quando questa mano viene tesa bassa, leggermente rigida e diritta: evidentemente la signora ha i suoi principî in materia (o un marito geloso). In alcuni paesi la si bacia anche alle signorine. In Italia solo alle signore, magari ventenni, magari accompagnate da una zia novantenne, ma zitella, e quindi non baciabile.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BAR PUBBLICO Anche se, come spesso succede, il bancone del bar è installato in una pasticceria o in tea-room eleganti, una signora sola evita di andare lì a bere qualcosa in piedi. Se proprio ha bisogno di «riprendersi», si farà servire al suo tavolino quel che desidera. Se accompagnata da un amico, la signora accetterà un drink, si comporterà con semplicità perfetta e ringrazierà leggermente, se vuole.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BATTIMANI Applaudite sempre, a teatro, alla conferenza, al concerto, dovunque cioè non disapproviate la fatica che qualcuno sta realizzando per voi. Se la commedia, le teorie, la musica, non vi piacciono, tacete senza fischiare né protestare. Ma se potete farlo senza contravvenire ai vostri principi ed al vostro gusto, applaudite sempre: vi comporterete, a seconda dei casi, con riconoscenza e con carità.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BELLEZZA Non consideratela un dono divino, ma una piccola fortuna da conquistarsi. La dieta, il sonno, il sorriso possono imbellirvi: ma, soprattutto, l’attento esame di voi stessi. Io non credo che le diete attualmente in voga convengano a tutti gli organismi; né che un naso rifatto si addica a tutti gli ovali. Le sole leggi vere sono quelle della salute: abbiate denti perfetti e carnagioni chiare, ma cercate, personalmente, quale dentifricio – o quale dentiera – e quali sughi – o quali salse – sono i vostri.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BIKINI Mentre l’atollo su cui cadde la prima bomba atomica viene già dimenticato, il costume da bagno minuscolo che ne trasse il nome di «bikini» sta giustamente passando di moda. L’uso imprudente della propria nudità può equivalere, per una ragazza in cerca di marito, ai disastri prodotti dalla bomba. In città, la credevamo snella, non scheletrica e la scopriremo, alla spiaggia, simile ad un piccolo, sofferente, invendibile abbacchio. E sua sorella, che giudicavamo florida, si rivelerà straripante e sproporzionata, una giovenca senza Giove. Questi paragoni con le vetrine dei macellai e con i mattatoi pubblici dovrebbero intimorire le maliziose, e indurle a coprirsi.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BIRICHINA una parola orribile, sia che la si scriva con una «c», e suona stracca, o con due, e suona gallesca. un orribile personaggio, un orribile atteggiamento, un’orribile abitudine.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BRILLANTI Sono i migliori amici delle ragazze, come tutti sanno. E, come tutti intuiscono, anche delle centenarie. Purché siano veramente belli, si possono portare quasi continuamente, perfino sul tailleur di flanella grigia, perfino sull’abituccio di lana nera. Al principio del secolo, si serbavano per la sera. In seguito Chanel li mescolò a biglie di legno o di agata. Poi la duchessa di Windsor, avendone di splendidi, volle mostrarli sempre. Fu un tentativo convincente per tutti.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BRINDISI Sono perdonabili solo quando chi li fa è molto spiritoso (rarissimo!) o molto dignitosamente anziano (anche più raro!). Si ammette, comunque, che ad un battesimo, ad un matrimonio, ad una qualunque cerimonia familiare o patriottica, qualcuno alzi un bicchiere, dicendo: «Tanti auguri al piccino ed alla sua famiglia» o «Agli sposi», o «Allo Statuto!». Ma niente versi, niente canzoni, niente storie. Evitate anche, bevendo un vermut con qualche amico, le diverse paroline ugualmente fastidiose: «Cin-cin!», «Skaal», «Prosit!». Solo se bevete in compagnia di persone molto semplici, contadini, operai, parenti provinciali, dovrete dire «salute» o qualcosa di simile, per evitare di offendere le abitudini e di deluderne l’attesa.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BRUTTEZZA Il più guaribile dei mali. L’igiene, la cosmesi, la chirurgia saranno, certo, gli alleati delle brutte. Lo sport, la salute, la scrupolosa lotta contro i propri complessi morali saran gli alleati dei brutti. Per gli uni e per le altre si tratta di evitare le fissazioni, gli egoismi, la crudeltà verso se stessi.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BUCATO Ingiustamente considerato lavoro pesante, malinconico, riservato alle donne, e in special modo alle donne di servizio. In realtà ogni uomo, aiutato dalle conquiste della scienza (nailon e saponi schiumosi), dovrebbe lavare la sera quanto indossò di giorno. E ogni donna dovrebbe consacrare le sue economie all’acquisto, rateale, di una lavatrice elettrica, liberandosi, una volta per sempre, dalla tirannia delle lavandaie.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio BUSTI Si appone, talvolta a torto, che gli uomini non li portino mai. Si suppone, non meno a torto, che le donne li portino sempre: però, dovrebbero. Rammentino che il busto non deve costituire una mascheratura, ma una guida: imparino, cioè, a «rimangiarsi» lo stomaco che il busto comprime; imparino a mangiare quel tanto che il busto lascia passare; imparino a star dritte, come il busto impone. E cerchino di capire perché portano il busto: se sono grosse di fianchi, il busto dovrà esser lungo, con giarrettiere relativamente corte; se il ventre le preoccupa, abbiano un rinforzo davanti, eventualmente con stecche; se desiderano mettere in risalto il vitino, abbiano le antiche stringhe da tirare. Ricordino che, idealmente, la vita deve esser bassa, il torso lungo, e si può dare l’illusione ottica del miracolo rialzando al massimo il seno, abolendo il rotolino di grasso intermedio: e, insomma, avendo un reggiseno adatto ad ogni busto, che lo completi e spesso gli sia fissato con asole e bottoni. Se il busto è ben scelto e portato con diligenza, ve ne accorgerete sentendolo diventare largo: i vostri muscoli avranno lavorato bene, il vostro lardo comincerà a sciogliersi.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CAPPELLO In genere, gli uomini non portano cappello. Se lo portano, devono toglierlo spesso: in ascensore, in un qualsiasi negozio, in un qualsiasi locale pubblico, ogni volta che incontrano una signora e si fermano a far due chiacchiere con lei (ma la signora insisterà perché «si copra»), e devono, inoltre, sollevarlo leggermente se chiedono un’informazione ad un altro passante, o se il passante la chiede loro; se sorpassano qualcuno lungo una scala; se urtano qualcuno e devono scusarsi.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CAPRICCI Non fate capricci, dai quattro anni in poi. Né quelli falsi, che consistono nelle smorfiette per le donne e nelle emicranie per gli uomini: le bizze minuscole, intese ad apparire interessanti, a farsi amare di più. E nemmeno i grossi capricci che mirano alla conquista del brillante o alla disorganizzazione di una serata; quei tremendi capricci di una moglie contro il marito, davanti ad estranei; quelle parole sibilate, quelle occhiate dure, quei sorrisi rancorosi. Non otterrete nulla leticando in presenza di terzi, avvelenando l’atmosfera generale, e vi renderete colpevoli di cattivissima educazione. Bisogna sapersi dominare, sempre e, se ci si sente incapaci di questa autodisciplina, tanto vale fingere angelicamente di svenire, per venir subito eliminate dalla scena ed evitare sbagli anche peggiori.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CARISSIMA (O CARISSIMO) il modo, generalmente, di salutare qualcuno quando non ci si ricorda con esattezza il suo nome. Evitate quindi un’esagerazione di cui nessuno vi sarà grato. E non dite nemmeno «tesoro» a chi non considerate strettamente tale: «Tesoro, sii un tesoro, e passami quel tesoro del tuo portasigarette», è una frase comune; ma spaventosa. Abolite, se potete, le «stelle d’oro», gli «amore santo» ed anche gli «illustre!», i «bellezza!». Siate semplici, e cercate di rammentare, con esattezza, che l’avvocato si chiama Alberto Maineri e non Alfredo Mambretti: sfumature, direte voi, ma l’avvocato, scioccone! ci tiene proprio tanto.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CELEBRIT Non date la caccia alle persone celebri. In genere, vivono tra richieste di autografi e di spiegazioni e di biglietti gratuiti; quindi gridando: «Maestro, mi firmi il suo ritratto!», o: «Perché, perché ha fatto finire male il suo ultimo romanzo?», o: «Signora, sia buona, mi faccia avere una poltrona per la sua serata d’onore», vi cataloghereste subito tra gli Ammiratori Noiosi. Evitate anche di figurare tra gli Ammiratori Catastrofici, quelli che confondono Toscanini con De Sabata e Silvana Pampanini con Franca Marzi. Se vi interessano davvero, parlate loro con sincerità, con semplicità: dite l’impressione che vi fece ascoltarli (o leggerli o vederli) in quella particolare circostanza, il conforto che avete avuto da loro. Ve ne saranno gratissimi.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CENSURA Chi, nella conversazione, ingenuamente voglia apparire spregiudicato, condannerà la costrizione esercitata da un qualunque potere vigente (politico, religioso, conservatore) sulla letteratura e le arti figurative. Chi, furbo, voglia veramente creare sensazione, approvi la censura per un motivo qualunque: in nome del buon gusto, ad esempio, o di una superiorità intellettuale.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CHIAREZZA Siate cristallini al telefono, per lettera, di persona. «Caro ingegnere, mia moglie ed io saremmo felici di averla a colazione in casa nostra martedì 25 corrente, ore 14; lei ricorda, certo, che non abitiamo più in Via Paisiello, ma in Via Buonarroti. Prenda in Piazza Dante il filobus 135 e scenda alla fermata di Piazza Bernini. Grazie ed arrivederci». «Lisa, mi hai detto che volevi leggere l’ultimo lavoro di Peyrefitte, eccotelo, te lo avrei regalato tanto volentieri, ma non posso perché è l’esemplare che mi ha mandato Peyrefitte stesso». «Vogliamo pranzare insieme domani sera al ristorante del Falchetto? Desidero festeggiare mia nipote, appena arrivata dalla provincia, e vi sarò grato se, accettando la mia ospitalità, mi aiuterete a divertirla».
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CINISMO Utile soltanto se usato a dosi minime, o massicce. Si può essere cinici come Marlene Dietrich che, avvolgendosi nei fumi della sigaretta annuncia, leggermente, di diffidare degli uomini, ma si sottintende che spera ancora moltissimo. O si può essere cinici come Cyril Connolly, che condanna tutto e tutti, in massa. Per la signorina Dietrich ed il signor Connolly si tratta di un cinismo funzionale, da sfruttarsi in cento film e duemila saggi letterari. Nella vita privata è bene abituarsi ad un moderato cinismo, che vi eviterà le delusioni: ma è male abituarsi ad un cinismo eccessivo, che, togliendovi la fiducia nel prossimo, vi toglierà anche la possibilità di lavorare serenamente e collaborare cordialmente.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CLIMA Non lo sottovalutate e non lo fraintendete. Ci sono uomini che grondano sudore, cedendo al malumore ed alla fiacca, diventano brutti e cattivi, ripetono ostinatamente di adorare l’estate: questo perché, vent’anni fa, qualcuno li definì Nature Solari. E ci sono donne che trascorrono in casa mesi e mesi, rovinandosi lo stomaco e conquistandosi l’insonnia per mancanza di esercizio, pur di non affrontare i rigori dell’inverno: questo perché qualcuno, vent’anni fa, le paragonò alla Primavera di un pittore qualunque. Il signore accaldato dovrebbe passare i mesi estivi nei paesi nordici: non in vacanza, certo, ma sistemando i suoi affari. E la signora dovrebbe calzare galoches e impermeabili, scoprendo i piaceri del maltempo. assurdo accettare la direzione di un tabacchificio a Cuba, se, oltre i 25 gradi, si traspira e si sbuffa. Ed è assurdo rifiutarsi, senza conoscerle, le delizie della pioggia.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio COLORE Abbiate uno schema di colore per il vostro appartamento, per il vostro guardaroba, per le vostre emozioni. Voglio dire che due giovani sposi, mettendo su casa, dovrebbero decidere di aver tutte le pareti bianche e tutte le poltrone, divani, copriletti, tendoni, tappeti di feltro, o rossi o blu in modo da poterli spostare come e quando credono. E un uomo modestamente elegante dovrebbe basarsi sul grigio della flanella, sul marrone delle scarpe, sul bianco delle camicie, con un minimo di fantasia destinato alle cravatte. E una donna economicamente accurata dovrebbe scegliere il blu (se è bruna e grassa) o il beige (se è bionda e magra). E tutti quanti imparino ad usare l’accento imprevisto di un pullover giallo, di una sciarpa viola elettrico, di un panneggio dorato: raramente, drammaticamente.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio COME STA? Domanda superflua e meccanica cui bisogna rispondere regolarmente «benissimo». Il bollettino della nostra salute non interessa nessuno e tanto meno chi ce ne chiede così convenzionalmente notizie.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CONFORMISTI Sono sempre più frequenti e sempre più insopportabili, in qualsiasi campo. La genìa più comune e più irritante è quella mondano-intellettuale-poliglotta, quella che adora la Russia, studia il russo, dichiara l’America scaduta e l’Europa imputridita. Non fa sport, ma adora le villeggiature scomode. Si ostina a credere nel cinema d’avanguardia. Ammette solo l’arte astratta. Il Conformista può condurvi alla follia in dieci minuti di conversazione, perché «corregge» la vostra pronuncia, le vostre opinioni ed i vostri gusti. Perché adora ogni specie di «gergo», quello scientifico, e si esprime in formule; quello intellettuale, e si esprime in assurdità; quello mondano, e si esprime in eresie. Il Conformista adora le «abbreviazioni», e non tanto quelle di uso corrente, la Fao o l’Onu, no, lui si specializza in sigle indecifrabili, che voi non capirete e che gli consentiranno di guardarvi con rinnovato disprezzo.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CONO GELATO O GELATO DA PASSEGGIO Com’era prevedibile, la mia esperienza in materia è indiretta: non ho mai mangiato, né mai mangerò, un gelato da passeggio. Vorrei non doverli neppure ritrovare in umide, collose tracce, sul volto dei miei nipotini o sulle spalliere delle mie poltrone. Vorrei anche che chi passeggia con un gelato lo trattasse riguardosamente ed evitasse ogni leziosità ambigua. Vorrei che non producesse rumore alcuno, non si leccasse le dita poi e non porgesse infine una mano appiccicosa.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CORAGGIO Elemento indispensabile a qualsiasi carriera, materiale o morale. Non sarete promossi se non avrete il coraggio di manifestare, quando sia necessario, opinioni opposte a quelle dei superiori. Non vi sposerete se non avrete il coraggio di dire la verità a chi amate, in tempo, per tempo, nel tempo. E non vi stimerete se, guardando nel vostro passato, scoprirete di aver vissuto con vigliaccheria, reticenza e noia.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CORONE NOBILIARI Addirittura soppresse, per me, dagli oggetti di uso corrente. Niente coroncine di strasse sulla borsetta, niente coroncione di brillanti sul vestito da ballo. giusto, certo, che una sposa di grande famiglia porti nel giorno delle sue nozze il diadema di una prozia imperatrice, come fece la figlia del duca d’Alba. giusto che una vecchia signora porti la complicata breloque vittoriana – coronatissima – ereditata da una madre elegante al tempo di Vittoria Regina. Ma non è giusto, attualmente, ordinarsi una cerniera per borsetta araldica o una cintura decorata così. Passi per i biglietti da visita: qui si tratta di spiegazioni, oserei dire di informazioni: «Come altri è avvocato, io sono marchese». Ma perché si debba rivelare ai passanti, utilizzando una clip puntata sul cappello, di esser baronesse, è cosa di cui non riesco a capacitarmi.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, domenica 9 luglio CRONACA MONDANA Accettatela, dal momento che esiste e che la vostra disapprovazione non la farebbe abolire. Generalmente i giornali affidano queste cronache a giovinetti ambiziosi, ma del tutto inesperti, o a zitelle coscienziose, ma del tutto miopi e distratte. Naturalmente, rifiutandovi di riceverli al vostro cocktail-party, vi attirerete la loro antipatia, che può essere pericolosa. Charles Beistegui, che nell’estate 1951 diede un grande ballo a Venezia, trascurò questa preoccupazione suprema: trattar bene i cronisti mondani, tranne i due o tre rappresentanti di grandissime riviste americane. Attirò così su di sé, e sul capo dei suoi amici, stravaganti invenzioni di giovinetti, calunnie di zitelle, sciocchezze generali. Considerate i cronisti mondani comuni lavoratori e aiutateli cortesemente, senza piaggeria, né disprezzi. Accettate di farvi fotografare da loro durante un ricevimento nuziale, ma non assumendo pose drammatiche.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. DARE LA DESTRA Un uomo dà sempre la destra ad una signora. In strada però il posto privilegiato è quello accanto al muro, non sull’orlo del marciapiede, e quindi si tratterà, ogni tanto, di darle la sinistra. Salendo le scale la lascerete dal lato del corrimano; se la scala è stretta e non potete salirla insieme, camminerete davanti a lei, salendo. E scendendo, davanti, così, nel caso cadesse, vi troverebbe pronto a farle da materasso.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. DIETE Pensate all’Ottocento, ai gagliardi discorsi di gastronomia, e dimenticate le vostre diete ogni volta che siete ospite (in trattoria o in casa) di qualcuno. Qualcuno che, del suo meglio, ha fatto venir per voi caviale russo o pollanche bressane e gaspacho spagnolo, oppure vi ha ordinato la pizza Margherita, orgoglio di quella pizzeria. Ebbene, avete solo un modo di ricompensarlo, risarcirlo, premiarlo per il suo buon cuore. Mangiate, mangiate, mangiate. Riprendete il risotto, chiedete con falsa confusione una patata supplementare, anche se per smaltire quelle calorie dovrete digiunare tre giorni; anche se avete sempre odiato la pizza Margherita; anche se il pizzaiolo vi sembra sporco. Potete rifiutare l’invito, adducendo la salute vacillante o la partenza per il Congo. Ma, se accettate, dovete divorare, sorridere, lodare l’orchestrina (inevitabile nelle pizzerie), il vino mediocre (le mogli degli amici servono sempre vino mediocre), lodare la temperatura, la luce, il silenzio, il rumore, la compagnia, la solitudine. Uscendo di lì, bagno turco e purga, se credete. Ma non dimenticate una telefonata o un rigo di rallegramenti! I nostri regimi devono renderci snelli, non detestabili.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. DONNA una fragile creatura, degna di ogni rispetto, lo sappiamo, e non ne parleremo. Voglio però segnalarvi l’errore in cui i giornalisti cadono troppo spesso, quando scrivono «Donna Gronchi», invece di «donna Carla Gronchi». Inoltre «donna» è una specie di titolo, troppo spesso regalato con leggerezza: sono «donne» per diritto, dall’infanzia alla morte, le figlie dell’altissima nobiltà italiana. Sono «donne» le mogli degli ambasciatori, degli altissimi funzionari statali. Lo sono, per deferenza, le attrici, le scrittrici, le celebrità, insomma, alle quali non si sa dire «signora Borboni», ma si dice «donna Paola». Da Roma in giù, secondo l’uso spagnolesco, tutte sono «donna», anche, e soprattutto, la portiera e la lavandaia. Ma sempre «donna Assunta», non «donna Esposito»; il nome di battesimo è indispensabilissimo.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. DRIVE-IN Frequentate i drive-in? Risposta immutabile, cui mi associo: «In America sì, in Italia no». Se decideste di frequentarli, ricordate che il peggior inconveniente non è la distanza, né la vastità delle immagini, né l’inevitabile disciplina: ma la claustrofobia ispirata dal profumo penetrante della ragazza invitata, o la brillantina del ragazzo, o il perpetuo tintinnare di braccialetti troppo vicini, moltiplicati dall’accostamento. Le americane amano il drive-in anche perché entrano nella propria macchina dal giardino, o dall’uscio di cucina comunicante con il garage, e possono serbar la vestaglia, le pantofole, i bigudì dentro il turbante appena annodato. Se avessero fame o sete possono ricevere, sul vassoietto fissato allo sportello della macchina, pressappoco quel che avrebbero cucinato a casa, uova e pancetta o frittelle. Oppure non troveranno triste, rientrando, saccheggiare il frigidaire. Da noi il drive-in ha tono più mondano, costa parecchio, è infrequente. Ci si va in comitiva, prima o dopo della pizzeria, si tende a scherzare sulla pellicola con maggior libertà di quanto si farebbe in un cinematografo. E, incontrollati, si finisce anche per esser più insopportabili del solito.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. EMANCIPATE Parliamone, poverine. Parliamo delle spavalde, delle superbe, delle sventate. Di quelle che vogliono vivere la loro vita: sorpassare i luoghi comuni; liberarsi dai pregiudizi; accontentare il fidanzato, che altrimenti «andrebbe in una casa malfamata»; mostrarsi superiori; abbagliare il corteggiatore timido; mettersi all’altezza del corteggiatore spavaldo; godere la gioventù che passa troppo presto; far vedere all’innamorato infedele che, in fin dei conti, le occasioni non mancano! Insomma, han fatto quello che, secondo me, secondo i pregiudizi, secondo la saggezza, non dovevano fare. Se ne trovano bene? Naturalmente no, anche se non sono abbastanza ragionevoli per ammettere che gli errori si scontano. Poverine, cercano giustificazioni personali: si sono date ad un bruto; un’altra donna si è messa di mezzo; gli uomini sono tutti mascalzoni; potevano mai prevedere di ritrovarsi incinte? potevano mai supporre che le brutte malattie circolano ancora? potevano mai sognare che l’opinione pubblica è ancora tanto arretrata? Ebbene, sì, potevano immaginare tutto. E potevano, si intende, anche immaginare in se stesse il vuoto, la paura, l’inquietudine, il complesso d’inferiorità perpetua, la gelosia, il rimpianto. Anche se portano abiti 1954 le emancipate conservano spesso un trepido cuore 1901.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. FACCIA A CUORE Il rossetto più alto possibile. La bocca non troppo rossa, non troppo evidentemente dipinta: premete la vostra matita al centro, usatela leggermente verso gli angoli. La vostra fronte sarà già ampia, moderate quindi le vostre sopracciglia. Qualche ricciolo, qualche ciocca, sulla fronte stessa. Occhiali, se ne portate, disegnati in modo da seguire, senza contrasti, la linea degli occhi: non troppo grandi, non troppo tondi, non troppo squadrati.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. FACCIA A DIAMANTE Allargate con il rossetto la parte superiore della gota, lasciate pallida la inferiore. La stessa bocca, ben centrata, ma non accentuata, che conviene ai «Cuori». Le sopracciglia devono dare aspetto orizzontale, ed i riccioli aspetto infantile ad una fronte inevitabilmente angusta. Occhiali ampiamente incorniciati in alto, leggermente in basso.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. FACCIA A MARCHESE (A diamante tagliato in sfaccettature «marquis»). Rossetto alto, ma leggero. L’evidenza della fisionomia si concentrerà piuttosto sulla bocca, e precisamente sul labbro inferiore, allargato. Sopracciglia brevi e dritte. Pettinatura ricca, densa, che copra di frange o di ricci, fronte ed orecchie. Occhiali larghi e rotondi.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. FACCIA A PERA Rossetto a triangolo, la cui base sia per adeguarsi alla mascella un poco pesante, ma senza curva eccessiva! Sopracciglia diritte (depilatele in modo da raddrizzarle) e brevi, per non appesantire una fronte già stretta. Pettinatura alta e gonfia, orecchie accuratamente coperte. Occhiali: montatura ampia e sporgente, che conferisce importanza alla parte superiore del volto.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. FACCIA OBLUNGA Rossetto al centro delle guance. Bocca «piena», accesa nel colore, che equilibri la composizione un poco malinconica dell’insieme. Sopracciglia diritte, nel complesso, appena un pochino piegate alle estremità. Pettinatura che accorci ed allarghi: frangia, eventualmente. Occhiali ampi, arrotondati in basso.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. FACCIA OVALE Signore leonardesche, signore perfette, collocate il rossetto a metà della guancia, spingendolo verso la tempia, tenendolo abbastanza alto sotto l’occhio. Coloratevi le labbra seguendone la linea naturale, curvando solo un poco gli angoli del labbro inferiore. La stessa morbida curva dovrà ritrovarsi nelle sopracciglia. Scegliete una pettinatura assolutamente simmetrica: spesso, il Perfetto Ovale si completa con l’attaccatura dei capelli a puntina: mettetela in valore! Occhiali: ovali, né più grandi né più piccoli dell’arco sopraciliare.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. FACCIA QUADRATA Un cerchio di rossetto sotto l’occhio, da spargersi poi accuratamente verso gli zigomi, e verso la mascella, già scurita alla base. Bocca preziosamente curvata agli angoli (senza quadrature tipo Crawford!). Sopracciglia arcuatissime. Pettinatura irregolare ed un pochino barocca, senza righe, senza scriminature. Occhiali. Avrete indovinato! rotondi.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. FACCIA ROTONDA Il rossetto sia distribuito dalla mascella alla tempia, sulla «base» scura /. Sopracciglia lunghe, lunghissime, eventualmente allungate con la matita. Labbra disegnate generosamente, per evitare la forma «bocciolino di rosa», stucchevole in tanta rotondità. Pettinatura alta ed asimmetrica, con riga laterale, arricciatura sollevata. Occhiali: chiusi in una montatura stretta, a mascherina cinese, che vi dia occhi leggermente obliqui.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 23 luglio 2006. FEDELT Istinto essenziale oppure decisione ammirevole. Siate fedeli in affari, in amicizia, in politica, in bontà: e, si intende, in amore. Ma non aspettatevi la fedeltà che nessuno vi ha promesso e nulla vi ha garantito. Parlo qui per le ragazze e non per i ragazzi, specifico; per le quindicenni, non per i quindicenni. Sono sempre le mie lettrici che, annunciandomi il loro «fidanzamento ancora clandestino per via di papà» con un coetaneo, mi chiedono di trovar loro un grazioso appartamento, un figurino d’abito nuziale, e forse anche un modello di culla. I lettori, al massimo, vorrebbero sapere come «comunicare ad una bellissima fanciulla castana» i loro sentimenti teneri, ma niente affatto solidi. La costanza è parte integrante del carattere femminile, nonostante le opinioni personali del duca di Mantova. La donna non è mobile. La donna, anche inesperta, ingenua, ignara, sviluppa strane doti di praticità, non appena pensa al matrimonio. Il compagno di scuola l’ha guardata? Significa che l’ama, la vuol conoscere, conquistare, sposare. Se lui si limita a parlare di sport, di studio, o di qualsiasi altro argomento, la Delusa e Scoraggiata mi interroga convulsa: «Quali sono le sue intenzioni?». Se le rispondo: «Discutere con te gli argomenti che lo interessano», la Delusa Scoraggiata Disperata Infranta replica: «Allora, non mi ama?». Se le garantisco che già il desiderio di chiacchierare con lei e non con un’altra indica un minimo di preferenza, la Delusa Forse Rasserenata, esulta: «Se mi preferisce, mi ama. Se mi ama, mi sposa. Se mi sposa, sarà mio, per sempre!». E qui sarebbe assurdo rammentarle che una vita umana dura facilmente settantacinque anni, e che lei non può ipotecare i prossimi sessanta; e nel suo stesso interesse le conviene aspettare, limitarsi alle conversazioni, non esigere e non imporre promesse eterne. No, già trasformatasi in Sposina Bambina Adorata, la mia corrispondente sta spiando, furiosamente, le reazioni dell’ignaro studentino, che, tra un anno, figurerà nell’archivio sentimentale di lei come il Primo Mascalzone Traditore.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. FORCHETTA , in realtà, lo strumento prediletto, l’eroina di un’apparecchiatura in cui il coltello rappresenta il fellone, ed il cucchiaio il padre nobile. Tutto, o quasi, si mangia con la forchetta: bisogna imparare a tenerla con leggerezza tra le dita, a posarla garbatamente nel piatto, con la punta al centro ed il manico all’orlo. Non caricatela di troppo cibo. Non costringetela ad entrarvi in bocca come una nave in porto. Naturalmente vi servirete di un pezzetto di pane per stabilire sulla forchetta i piselli. E naturalmente non vi servirete della forchetta per schiacciare il riso bollente, o per sparpagliare la purea di patate fumante. (Se, qualche volta, la utilizzerete per aprire le deliziose patatine arrostite, e così riempirle di sughi fragranti, fatelo di nascosto).
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. FORMIDABILE Parola tabù, vi rende antiquati, ridicoli, enfatici.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. FORUNCOLINI Ignorateli, se non per coprirli di essiccanti spolverizzati e per correggere la vostra dieta, evidentemente troppo ricca di grassi. Praline, indossatrice celebre, narra nelle sue memorie di aver rischiato la rovina per un foruncolino schiacciato imprudentemente, non disinfettato, infettato, terribile, durante una sua presentazione di modelli in Sud-Africa.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. FURBI Se evidenti, sgradevoli. Se prudenti, pericolosi.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. GESTI Gestite il meno possibile, particolarmente quando parlate in una lingua straniera, perché allora è quasi inevitabile supplire, con lo schiocco delle dita, con la flessibilità dei polsi, alle frasi che ci sfuggono. Non esitate, conoscendo la vostra tendenza, ad incrociare fermamente le dita sul bordo della scrivania, o nel vostro grembo, senza però contorcerle. Le ballerine classiche e le principesse reali imparano uno stesso segreto: la lentezza, che tiene sempre luogo di maestà. Se alzano un braccio, lo fanno pensando alle ali dei cigni. Se indicano un pasticcino che vorrebbero mangiare dànno l’impressione di manovrare una bacchetta magica. Oltre ad esser lenti, bisogna esser astuti, ricordando che la incipiente vecchiaia non si rivela tanto attraverso le rughe (c’è la chirurgia estetica per abolirle), né attraverso la pinguedine (ci sono le diete), quanto attraverso i gesti sbagliati.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. GIOVENT Come sono noiosi i giovani, anzi, i più-gio vani-di-noi: non sembrano mai immaginare che invecchieranno, che passeranno per stadi successivi fino a raggiungerci nel nostro limbo. Convinti del loro buon diritto, i giovani ménages deprecheranno i doni ricevuti per le nozze, gli esempi ricevuti per tradizione e, insomma, quasi tutto. Sarebbe inutile serbar rancore, meditar vendetta, e consoliamoci pensando che anche i giovanissimi sono maggiori a qualcuno: e c’è, quindi, qualcuno che li disprezza e compiange.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. GOMITI A tavola, tenete i gomiti stretti al corpo. Se siete anglosassoni, tenete le mani in grembo appena potete: tutte e due negli intervalli, ed almeno una quando, con il cucchiaio, mangiate la minestra. Se siete latini, tenetele sempre sul lavoro, leggermente appoggiate all’orlo. Ma i gomiti non poseranno mai sul legno, non si staccheranno mai dal torace.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. INVITO Invitate a colazione una persona timida e niente affatto sicura di sé. Vi risponderà: «Oh, Dio mio ma non vorrei che lei si disturbasse»; implicando così l’idea che voi abitualmente non facciate colazione; oppure mangiate un boccone, in fondo alla pentola e sul tavolo di cucina; oppure consumiate, nel cartoccio di carta, qualche porcheriola acquistata in rosticceria. Invitate a colazione una persona snob e sicurissima di sé. Vi risponderà «Grazie, come è carina! Purtroppo domani (o eventualmente anche tra quindici giorni) ho promesso a Pam di stare con lei. Ma ci telefoniamo e magari appena torno da Palm Beach...». Avrete così la gioia di sapere che fa colazione con la ex signora Churchill, che va in America, ma che forse, se tutto si aggiusta, c’è qualche speranza per voi. E allora invitate una persona cortese, ma estremamente povera. Vi risponderà: «Grazie, purtroppo domani arriva qui mia cognata, le sono tanto, tanto grata lo stesso», perché già pensa che non saprà come «disobbligarsi», e quindi preferisce non aver debiti di riconoscenza con nessuno. Quanto alla risposta esemplare, benché forse non sincera, eccola: «Grazie, che gioia, potremo finalmente fare una bella chiacchierata; a che ora devo venire?» e poi, venire all’ora esatta, perché il rituale sufflè non crolli. L’altra alternativa. una frase che abbiamo imparata nei film di gangster, quando il poliziotto, legato e condannato, si sente proporre una possibilità di salvezza; o quando il capobanda, disarmato e imbavagliato, si vede offrire una via di scampo. «Qual è l’altra alternativa?». Ma, benché nessuno si esprima mai con tanta precisione, l’Altra Alternativa appare spesso nei rapporti unicamente mondani: «Giovanni, vieni a pranzo con noi mercoledì sera?». «Volentieri, ma non sono certo di essere libero, magari vi ritelefono...». Questo significa: un miliardario oppure una bellissima donna hanno lasciato sperare che, forse, mercoledì, sarebbero disponibili per pranzo. Se, però, non potessero, l’uomo prudente tiene in serbo l’altra alternativa, il pranzo modesto con i vecchi amici. Ma naturalmente anche i vecchi amici sono furbissimi; e quando, il mercoledì si sentiranno comunicare che, oh gioia!, Giovanni ha potuto liberarsi e viene davvero a pranzo con loro, non ne saranno molto soddisfatti.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. LAVADITA Generalmente d’argento o di peltro, ma piacevole anche di cristallo, viene portato in tavola al momento del dessert e va collocato a sinistra del piatto in cui, appunto, si mangeranno frutta o dolci. Tuttavia se si servono crostacei e se si considera che molti adorano mangiare con le mani certi gamberi, allora il lavadita va offerto subito dopo quest’operazione di cannibalesca apparenza. Si può benissimo adoprare il lavadita come coppa per fiori: basso, largo, è ideale per tenere in fresco, poniamo, le violette. Ma non si ammette che serva ad offrire una macedonia di frutta o di crema: soltanto se in vetro avrà la nostra indulgenza, perché così lavabile, perché di così controllabile pulizia.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. LEI E TU Io sono favorevole, generalmente, al «Lei» invece del «Tu», ogni volta che convenga serbar giuste distanze. Il «Lei» del dittatore fanciullesco può aver le sfumature di deferenza verso i suoi subalterni con capelli grigi, e di autorità con i subalterni dai capelli neri. «Lei», ed una macchina modesta ed un corredo grigio. Il padrone cadetto non tenti neppure di stabilire i contatti personali, esuberanti, del banchetto sociale, della gita collettiva. Non sia testimone alle nozze, né padrino ai battesimi. Mandi doni immutabili, in denaro ovviamente. Testimoni il suo interesse con attenzioni impersonali, la visita di uno specialista agli infermi, la vacanza pagata ai convalescenti, i corredi identici ai neonati. Scapolo, non si faccia fotografare al night-club con la Bellissima di passaggio. Ammogliato, non ostenti le pellicce e i diamanti della moglie anche se – soprattutto se – la dote o le parentele della moglie gli valgono la sua fortuna. Non partecipi a gare automobilistiche. Non abbia un aereo privato. Abiti in albergo, tenga la famiglia in campagna, viva insomma come l’eremita-miliardario cui ci stiamo abituando.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. MADRI «On formerait, ma chère enfant, une autre grande amitié de tous les sentiments que je vous cache»: così scriveva a sua figlia madame de Sévigné, e può esser la miglior lezione per le madri che parlano troppo, o per le figlie che non capiscono abbastanza.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. MANCE Il più famoso mercante d’arte dei nostri e di tutti i tempi, lord Duveen, mi disse, un giorno, di dover tutte le sue fortune alle grosse mance che distribuiva e che gli valevano l’amicizia, la complicità, la devozione, generali. Bevete un aperitivo di meno e fatevi amico del barman; non mangiate dolce, ma conquistatevi il cameriere della trattoria; siate generoso con i portinai ed avrete in loro i mallevadori della vostra rispettabilità. A Natale, a Pasqua, a Ferragosto, incaricate il portinaio di distribuire lui le mance a chi di dovere; fattorini, postini, spazzaturai, guardiani notturni ed altro, e di stabilire lui stesso le cifre proporzionate. Incaricato dei vostri interessi li difenderà nobilmente. E fate piccoli doni natalizi a quanti non accetterebbero mance, la giornalaia, il tabaccaio, la dattilografa, coloro insomma che contribuiscono ogni giorno al benessere della vostra giornata.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. MATRIMONIO Spero di non irritare le mie lettrici e di inorgoglire i miei lettori quando dirò che, per la donna, il matrimonio simboleggia il vero, grande, unico, successo. Anche se le tredicenni mi confidano: «Voglio dedicarmi all’astronomia, e non mi sposerò mai», anche se le sessantenni stridono: «Come sono contenta di non essermi ancora sposata!» io so che mentono. E non solo le nubili vogliono sposarsi, ma le vedove, le divorziate, le divorziande. Quelle che mi espongono i loro drammi presenti di gelosia e di percosse e di brutture, buttano lì anche una speranza, giustificabile, certo, ma curiosamente espressa: «Vorrei tanto rifarmi una vita, ottenendo l’annullamento per sposare un uomo veramente degno di me». Quelle che si accontenterebbero di sapere da me come accostare il loro quindicenne compagno di scuola, non vogliono chiedergli componimenti in regalo, ma formale impegno matrimoniale. Considero commovente questo fervore femminile, antichissimo, probabilmente istintivo: ma, come so che duecento Indignate mi scriveranno protestando («Figuriamoci! Matrimonio, io! Meglio la morte! I tempi sono cambiati!»), così so anche che la massa delle donne rifiuta di considerare seriamente il proprio problema. Se ciascuna, infatti, ammettesse onestamente di desiderare il matrimonio, si potrebbe preparare con maggior serietà alla sua vera carriera. Intanto, serbandosi saggia, casta, pulita; poi imparando cucina, economia domestica, rammendo; infine scegliendo una carriera conciliabile con il matrimonio perché evidentemente una hostess in attività di servizio o una giovane diva dal seno sporgente non costituiscono le mogli ideali: adorabili, rispettabili, quel che volete, ma non facilmente coniugabili. Insomma, l’addetto d’ambasciata che vuol diventare ambasciatore studia lingue e si comporta seriamente. La ragazza che decidesse, lucida e serena, di volersi sposare, dovrebbe comportarsi seriamente e studiare gli uomini: diventerebbe una moglie felice.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. MENTIRE «J’aimais Paris, où je me suis fait tant de mal, parce que j’y avais moins besoin d’y mentir qu’ailleurs». Questa frase di Maurice Sach può rappresentare la chiave per molti segreti. Le ragazze che scrivono: «Adoro Gaetano, sono bella, giovane, ricca, colta, ma lui mi preferisce una cinquantenne grassa, povera, ignorante e brutta», si convincano che con ogni probabilità la cinquantenne non possiede arti magiche. Soltanto, quando è con lei Gaetano si sente amato, compreso, compatito, qual è. Non è costretto a mentire come lo sarebbe con la vezzosa giovinetta: ostenta anzi i suoi difetti, si libera delle sue repressioni. Ogni donna veramente innamorata dovrebbe saper dare al suo uomo il diritto della verità.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. MENTO Se doppio, avvilisce tanto l’uomo quanto la donna che possono, comunque, cercare di abolirlo così: ungete largamente la pelle; sdraiatevi sul letto, con il cuscino sotto le spalle e la testa bassa; spostate venti volte la testa da destra a sinistra e viceversa; sporgete in fuori il mento in modo che i denti inferiori sporgano su quelli superiori; aprite e chiudete la bocca venti volte, lasciando la mascella pendere e rialzandola. Riposatevi, rialzatevi, e percuotete rapidamente tutta la linea mascellare con il dorso delle mani... Francamente, non credo che un solo uomo seguirà questo consiglio, e dedico quelli successivi unicamente alle donne. Se il vostro doppio mento è davvero considerevole usate, quando siete sola in casa, la mentoniera di gomma (o una vecchia calza di cotone!). E per il trucco: la cipria bianca mette in evidenza un mento sfuggente; la cipria scura diminuisce un mento sporgente; il doppio mento richiede un’incipriatura particolare, che, stendendosi da un orecchio all’altro, ben scura, abbia il risultato di «tagliarlo».
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 30 luglio 2006. MODERAZIONE Assoluta, generalmente, continua. Moderate la cortesia e l’insolenza; la preparazione ed il capriccio; il trucco ed il non trucco. Moderate perfino la bontà, non diminuendola, ma mascherandola, per non offendere, con l’evidenza della superiorità vostra, la triste inferiorità altrui.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. MOTOSCOOTER Ha molti nomi diversi, è passato attraverso periodi di diversa popolarità. In genere, lo si considera un privilegio e una malattia degli Italiani, i soli che se ne servirono su larghissima scala, incoraggiati dal clima mite e dalla produzione nazionale. Inoltre, mentre nel mondo intero la donna che va (sola o accompagnata), in motoretta, deve sedersi a cavalcioni ed appare sgraziatissima, i regolamenti italiani le consentono di sedere, graziosamente, di fianco... Il giornalista Jean Fayard scrisse un articolo spiritoso, «La frise d’Ostie», ovvero il «Fregio di Ostia», per descrivere il suo stupore alla vista delle ragazze che, morbidamente rannicchiate dietro le spalle del compagno, volavano verso Ostia, trasformando le strade in labirinti vagamente erotici... Dovremmo ricordare ancora una volta ai motoscooteristi che i loro privilegi di mobilità, sveltezza, economia, non dovrebbero mai tradursi in cattiveria pubblica. Certo è facile, nelle ore di punta, infilarsi tra i filobus e i torpedoni, coglier di sorpresa l’automobilista e irridere al pedone; ma sono vantaggi diabolici, e si scontano.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. NASO Quel che Cyrano diceva in duecento versi, le ragazze di oggi condensano in due parole sole. «Sanvenero Rossellini»: a lui, infatti, si devono i migliori nasi delle Italiane e degli Italiani. Naturalmente a Parigi, a New York, dovunque, ci sono altri specialisti che, con una spesa abbastanza forte ed una sofferenza abbastanza ridotta, sostituiscono a nasi sgradevoli nasi impeccabili. Io rispetto troppo, tuttavia, le antiche scienze donnesche dei «trucchi» per tacervi che, prima del chirurgo, si può ricorrere alle scatole della cipria e delle creme: 1) una leggera riga tracciata con la «base» colorata ai lati del naso, e poi coperta di cipria, lo farà apparire più dritto; 2) un tocco di «base» piuttosto scura, intorno alle narici, accorcia il naso; 3) un pochino di crema chiara, alla radice del naso, lo fa sembrare più piccolo e pieno. Si intende che simili miracoli hanno buoni risultati sullo schermo, a distanza, e, comunque, solo di sera. Le nostre antenate incipriavano di bianco i nasi voluminosi, con l’idea di mimetizzarli: sbagliavano, poverine.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. NERO Il nero, secondo le donne «sfina». E secondo gli uomini, attualmente convertiti ad una moda del nero, «va sempre bene». Le donne astute sanno, però, che il nero non deve costituire il colore base del loro guardaroba, ma piuttosto il colore complementare per accessori invariabili su abiti variabilissimi. Il nero, in quanto tale, richiede l’assoluta perfezione del taglio e del tessuto; se accompagnato al bianco, ammette anche una mediocrità assoluta perché, invariabilmente, lo si trova di-uno-chic- folle.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. NOBLESSE Parola che non si dovrebbe dir mai, né, soprattutto, si dovrebbe dirla tra virgolette. «La grande rivista benefica organizzata dalla noblesse cittadina...» scrivono, tetramente, i cronisti provinciali. «Che vedo, che vedo», gridano gli invitati goffi alla padrona di casa compiaciuta, «hai riunito tutta la noblesse...». La traduzione francese della parola «nobiltà» sembra da un lato renderla esotica, dall’altro facilmente smontabile, un poco buffa, accessibile. Mai gli eleganti araldici ammetterebbero una simile assurdità: così come si rifiutano ora a dire «Bel Mondo», che qualche anno fa li accontentava per il suono proustiano: preferiscono «Buon Mondo» con le sue implicazioni di buone maniere, buona nascita, buona sostanza, buone tradizioni.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. NOCCIOLINE AMERICANE Non ho mai capito perché si mangino se non, forse, per mascherare la propria timidezza e per crearsi intorno una sana atmosfera di campagna (trascurata e mal tenuta). E nemmeno ammetto che a teatro, al cinema, al concerto si trovi continuamente il bisogno di succhiare caramelle, gelati o i tremendi «bonbons acidulés» dei Francesi. Solo durante una partita sportiva, o alla corrida, o alle corse, il sole, il caldo, la polvere, possono spiegare, seppure non giustificare, questo bisogno di rinfrescarsi, distrarsi, darsi da fare.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. NOMIGNOLI Spesso madri amorose mi hanno scritto per chiedermi, ansiosamente, come accomodare i nomi, secondo loro bruttissimi, che per volere dei suoceri avevano dovuto imporre ai figliolini. Come ridurre, ad esempio, Assunta? O Giuseppe? O Carlotta? Dirò subito che, secondo me, non esistono nomi brutti (e quelli che esistono non possono venire imposti, né al fonte battesimale, né sui registri dello Stato civile; ci sono apposite leggi per proibire «Anarchico Sempre» o «Avanti» o «Satana», un tempo popolari tra i liberi pensatori). In fin dei conti è meglio chiamarsi Assunta che non Luana, Giuseppe che non Gary. Si risale con maggior simpatia a virtuosi nonni provinciali che non a titoli di film, o a idolatrie di attori. Quanto ai diminutivi, quasi sempre i bambini se li inventano da soli, nel tentativo di balbettare il loro nome, ed avremo così Sissi o Pucci. Ma bisogna stare attenti a non prolungarli troppo; il trentenne Pucci farà figura di gagà, e la sessantenne Sissi di vecchia matta. Io ho una predilezione per «Nina», così italiano, così settecentesco, così gentile.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. OCCHIALI Gli uomini tendono ad abusarne, perché ci trovano un complemento serio e solenne alla (supposta) incertezza dei loro lineamenti. Le donne tendono ad evitarli, perché temono di esserne imbruttite. Certo le due o tre diottrie che autorizzano gli uni alle lenti e le altre alle strizzatine di palpebre, richiedono sola ginnastica, attenzione, ed insomma lo studio del metodo Bates: sopra le tre diottrie, occhiali studiati per gli uomini in modo da completare realmente il loro personaggio. Per le donne, la varietà assoluta: occhiali da pellegrino per ufficio; ombrati e ampissimi per spiaggia e per sport; diamantati per sera.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. OLIVE Io detesto le olive nei bicchieri del martini e, in genere, dovunque. Ingrassano e non aggiungono nulla al sapore dell’alcol o dei cibi. Comunque la regola vuole che una grossa oliva, saldamente sorretta dal suo bastoncino, si mangi in due tempi, rosicchiandola: spero che abbiate bellissimi denti da far vedere. Le olive ripiene si mangiano in un boccone solo; o, se date retta a me, non si mangiano affatto.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. OMBRELLO Se credete necessario portarlo, manovratelo con discrezione, sollevandolo in modo da non urtare altri passanti, muniti anche loro di ombrello. Appena entrate in un locale chiuso, fosse pure un Grande Magazzino Economico, cercate di riporlo al guardaroba, per evitare di inondare i pavimenti, di infastidire chi vi passa vicino bagnandogli le scarpe e, se si tratta di una signora, di lacerarle le calze. Una padrona di casa previdente avrà un portaombrelli, costituito, spesso, da una giara paesana o da una grossa anfora antica, dove la cameriera sistemi subito gli ombrelli dei visitatori. Se poi fossero grondanti, bisogna cercare un luogo (corridoio isolato, stanza di sbratto, terrazzo coperto), dove lasciarli aperti.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. ONORATO la formula corrente durante le presentazioni. Si può anche aumentarne l’effetto con «Molto onorato». Nessuno, tranne un centenario polacco, dice ormai «enchanté». Le signore dicono: «Lieta» o «Molto lieta» o sorridono semplicemente.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. ORECCHINI Gli orecchini sono il solo gioiello che proponga un problema chirurgico, almeno in Europa, poiché in India si trafora anche il naso ed in Africa si inserisce un piattello nel labbro, senza citare altre vanità inca o maya. Bisogna, o no, bucare le orecchie delle bambine, costringendole a portare inizialmente i cerchietti, perché il buco della tenera carne non si richiuda; e poi, fino alla morte, qualcosa sui lobi che altrimenti si rivelerebbero deformati? Secondo me, no. Secondo gli orefici sì, se si vuol essere certi di non perdere i diamanti storici, poiché le clips e le montature dette «americane» offrono minor sicurezza. Mio nonno Aloysius, essendo liberale e progressista, si oppose a che io subissi la piccola tortura. Durante la mia vita, in cui si alternarono povertà e ricchezza, io portai pendenti di diamanti e conchiglie economicissime, senza mai perdere nulla, nonostante avessero solo le molle «americane».
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. OSPITALIT (FALSA) L’ospitalità è una virtù antichissima, che per millenni supplì alla mancanza di organizzazioni alberghiere, turistiche e poliziesche: «L’ospite è sacro, nutriamolo, alloggiamolo, difendiamolo, presentiamolo al cieco, ma sensibile, signor Omero, e scortiamolo fino al confine, dove verrà affidato ad un altro padron di casa comprensivo». E, se anche il progresso rende superflue alcune di queste precauzioni, pure l’ospite dovrebbe esser sacro lo stesso, specialmente quando è un ospite involontario. Non lui, insomma, bussa alla vostra porta in una notte di neve: siete voi che lo invitate a bere un cocktail, sulla fine di un torrido pomeriggio estivo, totalmente trascurando il fatto che il vostro appartamentino periferico è addirittura bollente e che la vostra ghiacciaia non funziona affatto. Spendendo esattamente la metà di quanto voi lo obbligate a spendere in tassì, il vostro ospite siederebbe tranquillo in qualche fresca e splendida piazza italiana, bevendo granite impeccabili o, se crede, cocktails preparati alla perfezione. Perché lo invitate, dunque, povero ospite? Bene o male, tutti mangiano, la sera, in casa loro; e del resto non vi sognereste di invitar i mendicanti che digiuneranno. A questi ospiti, che strappate dai loro deschi, offrite qualcosa che non avrebbero avuto: l’insalata di pollo, o la presenza della diva di Hollywood, un vino prodigio o una conversazione scintillante. Altrimenti, lasciateli tranquilli e non costringeteli, dopo una notte insonne (quel pesce aveva qualcosa di strano!), a telefonarvi i loro sentiti ringraziamenti.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. PANE Si rispetta il pane, sempre. Si insegna ai bambini che non bisogna buttarne via neanche un pezzetto o, se fosse caduto in terra, bisogna baciarne l’angolino pulito prima di liberarsene. Non si spengono le sigarette nel panino, come fanno certe Americane a tavola. Non si spezza il pane prima di servirlo, ma lo si taglia, in cucina, con l’apposito coltello. Invece a tavola il pane non si taglia mai, lo si spezza con le dita.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 6 agosto 2006. PELI SUPERFLUI Costituiscono una delle massime preoccupazioni tra le donne di oggi, le quali cercano di curarli con cere e creme di ogni genere, quasi sempre nocive, invece di ricorrere alla depilazione elettrica che, eseguita in un buon istituto, non lascia traccia. Naturalmente l’elettrolisi è indicata solo per il volto; per le gambe andrà benissimo la cera, purché si abbia cura di ripeterla con frequenza. Quanto alle ascelle: ci sono due teorie opposte, in materia. Secondo l’una l’ascella deve esser netta e rasata; secondo l’altra tenebrosa e non rasata. Dipende dalle donne decidere: quelle molto pelose faranno bene a rasarsi, eviteranno il pericolo dei cattivi odori trattenuti lì. Le altre potranno restare allo stato naturale, sempre curando un’estrema pulizia e facendo eventualmente uso, oltre che di molto sapone e talco, anche di qualche deodorante. Ci sono poi ragazze atterrite dalla villosità dei fidanzati, la prima volta che li vedono in costume da bagno: repulsione che può trasformarsi in disastrosa ripugnanza. Non so bene quale rimedio ci sia per le poverine: vorrei però convincere gli uomini che le loro foreste non sono così affascinanti come troppo spesso credono.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. PUNTUALIT Non è semplicemente la cortesia dei re, ma anche la base del nostro equilibrio. / Se bisogna stabilire un programma del giorno, facciamolo tenendo conto degli imprevisti prevedibili, e scusatemi il gioco di parole; voglio parlare del traffico lungo le nostre strade, la scarsezza dei tassì, l’affollamento dei mezzi pubblici, e infine, l’impuntualità altrui. Anche se voi, arrivando con matematica precisione allo sportello delle tasse vi credete in grado di esser liberi mezz’ora dopo, e pronti per un altro appuntamento nello stesso quartiere (cioè avete calcolato ed abolito gli imprevisti prevedibili), dovete anche fare i conti con l’impiegato che non sarà al suo posto. Il pasto in trattoria non durerà, come credete, cinquanta minuti, perché il cameriere vi servirà in ritardo e la cuoca avrà dimenticato di prepararvi lo zabaglione. Cercate, quindi, di spaziare al massimo i vostri impegni, facendo affidamento solo su voi stessi, a meno che non disponiate di segretarie, autisti ed organizzatori esemplari. /
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. QUOTIDIANIT Secondo Arnold Bennet, il vero pericolo del matrimonio. Secondo le coppie riuscite, la vera ricetta per la comprensione, la compassione, e perché no?, anche la passione.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. RACCONTARE Triste a dirsi, i nostri racconti non interessano, di per sé, il prossimo. Se vogliamo svegliarne e serbarne l’interesse, dobbiamo scegliere, a soggetto, un tema che riesca interessante altruisticamente. Per esempio la mia fuga attraverso la Russia nel 1918 non interessa, riconosciamolo, nessuno. Ma il mio recente incontro con Christine Jorgensen interessa tutti. Quindi, anche se a me farebbe piacere riandare al mio passato, ci rinuncio, in favore di un presente altrui.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. RADIO Volume basso! E, se abitate in una casa con muri di carta velina, volume bassissimo. D’estate, finestre chiuse: non è giusto invadere il vicinato con le «vostre» canzonette, i «vostri» resoconti sportivi. Dopo le dieci, il silenzio o, al massimo, un grazioso sussurrio nella vostra stanzetta.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. REGALI La persona che decide di fare un regalo a qualcuno si sente tanto altruista da diventare violentemente egoista. / Chi mai offre fiori secondo il gusto altrui e non secondo il proprio? E chi, scegliendo un libro, si libera del proprio gusto? Unicamente tra innamorati è permesso donare Shakespeare perché, prediligendolo, si vuol stabilire un altro legame, intellettuale stavolta; ma tra estranei, tra indifferenti, non è giusto «stringere», non è giusto «imporsi». Bisogna ricordare che sei mesi fa la signora X ha dichiarato casualmente di amare le anturie, e che il dottor Y, l’anno scorso, si entusiasmò per Goethe: e regalare anturie o Il giovane Werther. Quando, in occasione di una visita, un amico vi porta un regalo, se siete veramente bravissime (e bravissimi) dovete esser capaci di arrossire dalla gioia. Un bel rossore è il migliore dei ringraziamenti; ma se non arrivate a tanto, almeno trovate le parole giuste per esprimere riconoscenza ed emozione. Il dono, se fasciato di cartavelina o racchiuso in uno scrigno, va gustato subito e non posto con noncuranza sul tavolino. Scartatelo, guardatelo, fatelo guardare: miracolo! proprio il libro, il rossetto, il fazzoletto, il mazzo di carte che sognavate da anni!
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. REGGISENI Essenziali, dall’adolescenza alla morte. Molte mamme esitano, davanti alle loro dodicenni, quasi che l’acquisto di un reggiseno equivalesse l’emancipazione. In realtà, equivale la garanzia di uno sviluppo armonioso. Portateli sempre, ed abbiatene molti, di tipo diverso: quello che userete più spesso abbia spalline larghe ed eventualmente foderate di vellutino, per evitare di incidere la carne; quello che metterete la sera sia, sempre, senza spalline, per adattarsi a qualunque tipo di scollatura, a qualunque trasparenza; quelli che sceglierete durante la gravidanza abbiano l’approvazione del medico, e vi sorreggano ininterrottamente, anche la notte, e siano perfettamente lavabili perché dovrete ungervi molto la pelle in modo da evitarvi le «smagliature». Durante l’allattamento, adottate i reggiseni che si aprono davanti: e usateli anche dormendo, finché non abbiate smesso di allattare.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. REGIME Il ritorno dalle vacanze segna, generalmente, l’accendersi di polemiche igieniste, e chi torna da Chianciano parlerà solo di fegato, chi rientra da Ischia di reumatismi; senza contare le teorie preziose delle passeggiate a piedi nudi tra l’erba, del soggiorno in Beauty Farms dove gli specialisti restituiscono la bellezza alle donne, o magari gliene inventano di nuove. «Embrioni» si sente dire comunemente, e «ormoni» o «rieducazione assoluta». Anche chi ha qualche dubbio sul proprio fegato, nonostante Chianciano, o sulle proprie rughe, nonostante il sacrificio di tanti pulcini embrionali, non resisterà al piacere di vantarli in presenza degli amici, insinuando che soprattutto loro ne trarrebbero giovamento, ed implicando così che sono gialli negli occhi, chiazzati nelle guance, deplorevoli nel carattere: oppure grinzosissimi. /
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. REGINA Passo da... Memoria di... Eleganza per... E si potrebbe continuare, questa parola ha, come «rosa» o come «madre», assunto valore di paragone costante, di spiegazione immediata. Ricordatevi, comunque, che le regine arrivano al trono dopo un allenamento talvolta sbagliato (Giuliana di Olanda non fu abbastanza curata nel fisico e la formazione intellettuale di Soraya dell’Iran è insufficientissima), ma comunque costante. Il portamento, il tatto, l’accuratezza indispensabili alle sovrane si possono acquistare attraverso ostinazione, disciplina, vigilanza. Anche voi potete camminare regolarmente; comportarvi cortesemente e vestirvi in tailleur classico durante il giorno, in classico velluto nero durante i pranzi, i balli, le serate dell’Opera. Ricordatevi che, tranne gli errori commessi da una regina grassa e da una regina ignara, le altre regine sono fedeli ad apparenze immutabili: pettinature semplici, tre fili di perle, la voce bassa, il sorriso tranquillo... Elena, Regina di Rumenia; Vittoria, Regina di Spagna; Ingrid, Regina di Danimarca; Astrid, Regina del Belgio; Federica, Regina di Grecia, variamente spaziate negli ultimi cinquant’anni, non variarono gran che un modello unico ed esemplare.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. REPUTAZIONI (LETTERARIE) Chi ne gode, ampiamente, da vivo, è colto talvolta da leggeri dubbi; chi non ne gode affatto, è sempre convinto di meritarlo per l’avvenire: Orazio, Stendhal, Flecker, collocarono il proprio successo in un tempo ancora remoto, se ne trovarono, in complesso, benissimo. Il poeta ignorato, il romanziere incompreso si eviteranno ulcere e tristezze votandosi ai lettori del Duemila.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. RICCHI L’inchiesta condotta da Life ha dimostrato che i ventisette individui più ricchi d’America vivono scontrosamente e quasi clandestinamente. In Europa, si tende ad imitarli ed il Ritz o il George V, a Parigi, ospitano nelle loro soffitte peggio arredate i padroni del petrolio o dell’uranio, che vi conducono esistenze caute e avare. «Non frequentate miliardari» io ripeto sempre ai miei nipotini, «ci perdereste anche gli spiccioli». un’antica verità, compensata un tempo dallo splendore in cui i miliardari vivevano, dai palazzi, dalle carrozze, dal profumo del fasto. Oggi, nulla di simile e i Signori dell’oro o delle tanks hanno il coraggio di organizzare mostre dei loro quadri, vendendoli a poveretti che sperano di conquistare la loro benevolenza. Le signore dell’Hotel Plaza ordinano ai grandi magazzini gli scampoli e le occasioni. Le eredi di Gulbenkian disegnano i propri gioielli e sferruzzano i propri golfini. Poiché comunque le tasse non li risparmiano, e le masse non li amano, tanto varrebbe che proteggessero artisti e modiste, architetti e cuochi. Il primo dovere di chi ha molto denaro è semplicemente spenderlo. Con grazia, se può.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. RINGRAZIAMENTI Ringraziate sempre e di tutto se volete, in avvenire, presentare nuovi ringraziamenti. Insomma, una catena di amabilità ricevute e riconoscenza dimostrata è utile a tutti.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. RIVESTIMENTI «Certo il fegato di Ava Gardner è adorabile, i reni di Elizabeth Taylor sono stupendi, ma noi preferiamo trovarli ben coperti di pelle rosata»: battuta polemica, diventò una specie di proverbio, ed illustra, in America come altrove, la necessità di tetti eleganti, intonaci solidi, e perfino nobile carta da pacchi: rivestite con raffinatezza oggetti, e magari sentimenti comuni: ve ne troverete benissimo.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. ROMPERE L’ANIMA I contadini toscani modificano, all’infinito, le peggiori bestemmie sperando di renderle innocue. Non diversamente si trasformano, in punta di lingua, altre frasi, senza riuscire a farle meno orrende. «Rompere l’anima» sostituisce altre definizioni, sempre imperniate su qualche rottura, e l’immagine di quest’immortale anima ridotta in pezzetti e brandelli risulta sinistra quanto una bestemmia vera. Non è la sola che si colga, oggi, nell’insorvegliata eloquenza di uomini e donne. «Va a farti... friggere», con l’aggravante della sospensione dinanzi all’ultimo verbo, ha una sordidezza medioevale, e «porca miseria» allarga, deformandola improvvisamente, la bocca delle ragazze che credevamo garbate e tranquille. /
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. ROULOTTE Nelle tendopoli o nei campings, che imbruttiscono rapidamente il mondo e rovinano il turismo organizzato, bisognerebbe praticare ascetiche virtù, quali il silenzio, la modestia e la fraternità, dividendo il pane, vestendosi pudicamente e immobilizzando le radio. In realtà tutti urlano, odiano e si rendono odiosi. Quando sono ricchi i campeggiatori solitari hanno batterie abbastanza potenti e serbatoi abbastanza massicci per garantirsi una certa indipendenza. Adottino, tuttavia, una giusta semplicità, e non si fermino sul ciglio della strada che conduce a Paraggi o al Circeo, per farsi servire, vistosamente, da un domestico in livrea e per guardare con distacco i passanti accaldati. In America molti pensionati vendono la casa, comprano il trailer e con quello si spostano da un camping della Florida (l’inverno) a un camping del Canada (l’estate). Qua e là conducono, con maggiore economia, lo stesso genere di vita che condurrebbero in una pensioncina turistica, giocano a bridge e a golf, leggono libri gialli. Evitano, insomma, quanto di avventuroso ci sarebbe apparentemente, nel loro modo di vivere. /
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 20 agosto 2006. RUGHE Dai venticinque anni in poi, una donna perde olio... ed anche un uomo, direi, senza parlare delle automobili! Dai venticinque anni in poi bisogna compensare la magrezza della pelle e quindi il pericolo delle rughe usando quanti più corpi grassi si può: burro, olio, creme nutrienti, lozioni antisolari. Contemporaneamente bisogna smettere le smorfiette, le strizzatine d’occhio, la perplessità espressa rialzando la fronte e, come Gloria Swanson in Viale del Tramonto, bisognerebbe usare, quando si è ben certi della solitudine, le stelline di caucciù che, immobilizzando i punti cruciali, ci abituano all’immobilità.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 03 settembre 2006. SIESTA Dormite a mezzogiorno, all’una, alle due, a metà della vostra giornata e non dico «dopo colazione», perché forse voi, saggiamente, non fate colazione e preferite il sugo di frutta ed il sonno. Chi, nell’orario di ufficio, abbia una, due ore soltanto, preferirà nutrirsi leggermente e dormire profondamente al pasto copioso ed alla sonnolenza successiva.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SIGARETTE Utilissime a teatro, nelle «scene vuote», per dare un contegno all’attore, sono preziose anche nell’incertezza della vita mondana: «Una sigaretta?» e tutto il traffico di accendini che ne segue può spesso risolvere un momentaneo imbarazzo. In genere non si fuma da soli in presenza di un amico o di un semplice conoscente. Si chiede, brevemente, «Sigaretta?», tendendo il portasigarette o il pacchetto. Se il conoscente rifiuta, si accende con serenità la propria. Se la conoscente rifiuta le si chiede, garbatamente: «Non le dà noia?» prima di accendere. Non si insiste mai. Se si sa di avere, nel pacchetto, una sigaretta sola, non la si tira fuori per non creare sublimi sacrifici e lunghe proteste. Se si detestano le sigarette che ci vengono offerte, non si grida: «Che orrore, son troppo forti!». Ma, quasi scusandosi: «Sono a regime e non fumo».
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SIGNORA (VERA) «Ah! Ah! ma lei non sa di avere a che fare con una vera signora!». Oppure: «Io che sono una vera signora...»; oppure: «Impari a conoscere una vera signora...». Chi senta suonare questa frase fatidica avrà, comunque vadano le cose, una certezza assoluta: quella di non trovarsi davanti una «vera signora». La vera signora, infatti, non ammette nemmeno lontanamente che si possa crederla altra cosa, esattamente come l’uomo importante non griderà mai, a chi lo urta in filobus: «Lei non sa con chi sta parlando!». Un uomo importante, una vera signora si considerano circondati da un alone di considerazione pubblica e di meriti personali, per cui non ci saranno mai equivoci.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SIGNORA (LA MIA SIGNORA, LA SUA SIGNORA) Frase che simboleggia cattivo gusto e presunzione ma, per abolirla, bisogna tener conto dei nostri interlocutori, adeguandosi ai gusti e alle ambizioni altrui. Non è mai lecito dire la mia signora invece di mia moglie, ma è talvolta necessario dire la sua signora. Infatti, ad un amico giovane e disinvolto si dirà «salutami tua moglie». Ma l’amico anziano e provinciale preferirà sempre la formula «Molti saluti alla signora». Lo snob apprezza la formula anglosassone del «saluti alla signora Rossi, o Bianchi». E tutti, in fondo, gradiscono la napoletana cerimoniosità del «donna»: «Ricordami a donna Maria o Luisa, o Margherita».
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SIMPATIA Non è un dono, è una scienza. Tutti possono riuscire simpatici, se soltanto lo desiderano. Conosco una donna, abitualmente vestita di nero, che per far visita ai nipotini mette sempre una sciarpa rosa, o un cappellino piumato, o una collana luccicante: vuol riuscire simpatica anche ai neonati. Conosco una donna smemorata che segna, su di un enorme libro nero abilmente diviso in rubriche, tutto quello che fa piacere – e dispiacere – ai suoi conoscenti.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SOFFIARSI IL NASO Tirate fuori di tasca il fazzoletto, che spero immacolato (bisogna averne sempre uno pulito, il che equivale non solo a cambiarlo ogni giorno, ma a tenerne anche di riserva in qualche tasca o, per le donne, in altro scomparto della borsa). Non sparite sotto il tavolo, non voltatevi, non divincolatevi. Ma nemmeno guardate ansiosamente, nel fazzoletto, i risultati dell’operazione. E, una volta riposto il fazzoletto, non toccatevi più il naso, e particolarmente non toccatevelo con le dita nude, che poi offrirete altrui, nella stretta del congedo.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SOLITUDINE Malattia di cui le donne soffrono assai più che non gli uomini, e cercano di combatterla con assoluta ingenuità. Alle lettrici che mi scrivono di uscire dal loro isolamento io ho raccomandato per anni lo sport, la beneficenza, l’associazione a circoli culturali, ricevendone la stessa risposta: «Non sono sportiva. Non sono buona. Non sono intellettuale. Sono stufa di esser sola, e basta». Perché nessuna capiva che un club sportivo o archeologico o musicale le avrebbe consentito continui contatti sociali: mentre, attraverso le opere pie, avrebbe ottenuto contatti umani. Gli uomini normali sono sempre incasellati meglio delle donne: la scuola, la vita militare, l’ufficio, perfino l’abitudine di mangiare in trattoria e di prendere il caffè al bar li collocano e li trattengono in gruppi diversi /.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SONNO il massimo dei segreti anche se correntemente si citano illustri generali e cantanti famosi capaci di dormire tre ore per notte. Cercate di dormire molto, moltissimo, di ricaricarvi dalla stanchezza, dal nervosismo, dall’angoscia, dormendo. Io assistetti un giorno alla discussione sull’insonnia tra Bergson e Proust che avrei dovuto, se fossi stata capace di farlo, stenografare interamente: fu un sublime squarcio di doppia eloquenza e, ahi! di doppia impotenza, perché infine i due grandi insonni riconobbero che nulla, non la camomilla, non i sonniferi, non l’autosuggestione, non il bagno caldo potevano farli dormire. Tuttavia io penso che ciascuno di noi deve studiare, instancabilmente, su se stesso, le sue reazioni: in genere la stanchezza fisica concilia il sonno, e si dovrebbe fare molto moto nei cattivi periodi. Quanto a me, l’insonnia mi viene dalla vecchiaia: l’addomestico, spiandola perché so che c’è un minuto solo, nella mia veglia, in cui posso vincere. Se riesco, esattamente allora, a posare il libro ed a spegnere la luce, sono salva: altrimenti, mi arrendo per astuzia ed adopro le ore notturne quasi fossero diurne, leggendo, lavorando, scrivendo, rammentando.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SOPRACCIGLIA Fortunatamente, il tempo delle depilazioni assolute è finito, per le donne; e non è mai cominciato, per gli uomini. Chi, tuttavia, abbia sopracciglia foltissime e basse può procedere ad una cauta operazione di «rialzo». Disinfettate la zona delle operazioni, ammorbiditela con crema e poi, servendovi della pinzetta, togliete ragionevolmente quel tanto di peli che vi dà un’espressione imbronciata. Le signore che soffrano del difetto opposto, e cioè di sopracciglia scarse possono: a) farle tingere; b) migliorarle con qualche tocco leggerissimo di matita marrone, verso l’alto, e poi di matita nera sulla matita marrone; c) spazzolarle semplicemente con una goccia di olio di ricino o di vaselina.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SPAZZOLE Se per i capelli, sceglietele con setole disposte circolarmente. E usatele per duecento colpi quotidiani. Se per abiti, diritte: e usatele ogni volta che rincasate sull’abito appena tolto, per non consentire alla polvere di incrostarsi. Lo smacchiatore sia ottimo, e sempre a portata di mano.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SPUTARE Mi meraviglio! Non si sputa mai. E non ci si gratta mai. E non si mangiano le unghie, mai, e non ci si esplora le narici, mai. Quindi non ci sono norme di etichetta per le sputacchiere né per altri orrori del genere.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. STERNUTIRE una specie di piccola disgrazia, si diventa brutti e goffi sternutendo e, se è possibile, bisogna cercare di reprimere lo sternuto, di celarlo discretamente nel fazzoletto. Ma niente brusche giravolte, niente esplosioni, niente scuse. Gli Inglesi riescono spesso a soffocarlo premendo forte un dito contro le narici. I furbi non escono di casa quando sono raffreddati.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. SUPERSTIZIONE una parola che, introdotta nella conversazione, provoca immancabilmente qualche protesta: « ridicolo essere superstiziosi!». Se però passate ad un esame approfondito della situazione, scoprirete qualche reticenza: « ridicolo essere superstiziosi! Assolutamente! Però io non passerei mai sotto una scala...». Chi ammette una superstizione, le ammette tutte. inutile condannare chi teme il sale versato e, per conto proprio, temere le posate incrociate. Ed è quindi doppiamente inutile atteggiarsi a cervello superiore, quando si ha poi una qualunque debolezza. Una persona educata rispetterà, comunque, le superstizioni altrui, e non si sforzerà di convenire alla ragionevolezza il suo prossimo. Quando date un pranzo, quindi, tenetevi ben lontano dal numero 13, anche se a voi il 13 è tanto simpatico. E, fissando una camera in albergo per l’amica che ve ne ha incaricata, scartate il numero 17, anche se a voi è indifferente. E, naturalmente, evitate di introdurre nella conversazione questo tema di cui conoscete gli sviluppi immancabili.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. TELEFONO «Pronto, posso parlare con la signora?». «Chi è lei?». «Sono Clara R.». «La signora non c’è». E tanto varrebbe aggiungere «per lei». Ogni volta che una domestica o un segretario o una impiegata risponde così, si ha l’impressione di venir deliberatamente esclusi. Ma anche questo dialogo è stato iniziato male, bisognava dire: «Pronto, sono la contessa R. Posso parlare con la signora?». Se nella stessa famiglia ci sono una suocera ed una nuora, allora si dice «la signora» per indicare la più importante, la più anziana, mentre la nuora verrà chiamata, ad esempio, «signora Maria» /. Chi prende in mano un ricevitore sta per entrare, simbolicamente, sì, ma anche rumorosamente ed imperiosamente, nella casa o nell’ufficio altrui: deve, quindi, per prima cosa annunciarsi. Ma anche chi risponde al telefono ha il dovere di evitare ogni ambiguità ed ogni possibile malinteso. E invece: «Pronto, chi parla?». «Mi dica lei con chi vuol parlare!». «Già, e se avessi sbagliato numero?». «Ma lei ha sbagliato numero». «E come lo sa?». «Vede, le persone che telefonano a me sono tutte per bene, lei invece...» /. In quasi tutti i paesi di Europa, ormai, ogni telefonata, anche nella cerchia urbana, costa: non chiedete, quindi, agli amici che già vi offrono il tè, di offrirvi anche sette colloqui con il calzolaio, l’avvocato, ecc. Ospiti in villa, fate pure, avvertendo, una telefonata intercomunale e, nel momento stesso in cui chiedete alla signorina di mettervi in contatto con Milano o Bruxelles, pregatela di lasciarvi sapere, a telefonata finita, il vostro debito. Chiuderete la somma esatta in una busta, che poserete sulla scrivania del padron di casa, con un rigo di spiegazione: «Ho telefonato a Bruxelles, grazie!» /.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. TELEGRAMMI Sono comodissimi ed in molti casi evitano la convenzionalità di lettere noiose (condoglianze e rallegramenti, auguri e cordialità) /. Non permettetevi un «abbraccioti», né un «salutissimi»: per contro non ostentate gli «stop», che evocano i milionari 1920. Scegliete frasi semplici, quotidiane, brevi: troveranno il loro fascino nel fatto stesso di esser trasmesse così velocemente.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale 3 settembre 2006. TELEVISIONE Probabilmente non è una forma d’arte, e nemmeno d’informazione, poiché soggiace a tendenze politiche ed isteriche assolutamente discutibili. Però va considerata una forma di relax, di assoluto riposo, e non mi sembra affatto utile goderne in gruppo. Diffido degli alberghi che offrono alla clientela diversi salotti per i diversi canali, ma apprezzo gli alberghi che, senza sovrapprezzo, vi mettono un televisore in camera: gli spettacoli televisivi vanno guardati in pantofole e vestaglia, in tranquillità e pace. Solo così potrete sopportarne la mediocrità o apprezzarne gli scarsi meriti.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. TENSIONE Non voglio parlare di elettricità, ma di nervosismo. / Questo fenomeno si riscontra particolarmente fra gli intellettuali di buona volontà, quelli che, soffrendo già per un temperamento sensibile ed eccitabile, desiderano inoltre produrre una buona impressione su chi li accosta, pronunciare parole memorabili, dare il proprio tono ad un ambiente. Però anche innumerevoli padrone di casa semplicemente borghesi sono «tesissime» quando invitano le amiche al tè o un collega del marito a pranzo: vorrebbero che i vol-au-vent fossero perfetti, la conversazione fluida, le mosche assenti, e non si avvedono che gli ospiti preferirebbero vol-au-vent pessimi, silenzio e ronzio di mosche alla perpetua agitazione delle povere signore. Gli innamorati non troppo sicuri di esser amati; le ambasciatrici non troppo convinte di esser popolari; i commessi viaggiatori timidi soffrono, ugualmente, di questo zelo sovreccitato, di questa febbrile cortesia. Come guarirne? Riflettendo lungamente, prima, sulle persone da affrontare: e poi sulla precarietà degli affetti umani, sul finire del tempo, sulla prontezza dell’oblio. Chi si ricorderà, tra un anno, dei nostri vol-au-vent? E, tra dieci anni, di noi?
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. TINTURE Per capelli, evidentemente. Evitatele, per quanto potete; gli uomini ingenui si lascino cader di mano il Pettine Magico o la Brillantina Prodigio concepiti proprio per illudere loro. E le donne non meno ingenue si limitino a lavarsi i capelli, magari in casa, con qualche cachet, totalmente innocuo, che accentui i riflessi biondi nella capigliatura castana o illumini di turchino una capigliatura grigia.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. TRASFORMAZIONI Apprezzabili, ma solo se machiavelliche. Voglio dire che una donna ha il diritto di cambiare pettinatura ogni mattina ed ogni mattina ed ogni sera, se crede, di presentarsi a colazione come una ragazzina ed al ballo come una vampira. Ma non le è consentito di esagerare: mi ricordo di Maria Montez, così buona, che non sapeva resistere alle tentazioni proposte dalla sua stessa grazia. Invitata a pranzo nella sua casa di Hollywood mi accolse indossando una guaina d’oro; sparì con un pretesto, e ricomparve stellante nel tulle bianco. Ma, al momento del caffè, scivolò via, e riapparì in velluto nero. Perché non mi si accusi di citare solo i Grandi della Terra, aggiungerò che, durante una sosta nell’albergo principale di V., cittadina piemontese, seguii lo svolgersi di una festa danzante... in cui le signorine si appartavano nella toilette per trarre, da modeste valigette di fibra, un vestito diverso da quello indossato fino ad allora. L’elegantissima, la Regina dei Cuori Locali, ne sfoggiò tre. Ahi!
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. UMANIT una parola attualmente di moda, usata a proposito ed a sproposito. Ma l’uso che se ne fa viene dal curioso bisogno di trovarsi intorno simpatia, comprensione, gentilezza, riassumendole così. «Il mio dentista», si sente dire, «non è forse un genio, ma è talmente umano!». Questo significa che il dentista segue i suoi pazienti con cortesia e con attenzione, anche se la sua competenza tecnica è limitata. Si lodano «sarti umani», «librai umani», perfino «domestiche a mezzo servizio umane». Insomma, abbiamo tacitamente ammesso di vivere tra belve, mascherate con il camice bianco o con la giacchetta piena di spilli o con la giubba di lustrino o con il grembiulone di tela: jene, lupi, tigri, sciacalli, vipere, in vesti e funzioni umane. Ma senza umana consistenza. Cerchiamo di reagire alla fretta ed all’indifferenza che troppo spesso si trasformano in crudeltà e ci meriteremo anche noi questo curioso diploma di buona educazione.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. UMILT Coltivatela cristianamente e segretamente, evitatela mondanamente e ufficialmente. Rammentate che qualunque vostra affermazione scherzosa è presa sul serio: «Figuriamoci», gorgheggia la brillantissima attrice, «io sono e rimarrò sempre una dilettante!» / perché crede che tutti protesteranno: «Tu! Tu!, genio! Tu, somma!». Ed invece i suoi ascoltatori scrolleranno il capo, assentendo: «Sì, certo, dilettante; ma così squisita...». E da allora in poi la classificheranno tra le dilettanti. Lo scrittore che ammette di esser l’unico ad acquistare i suoi romanzi; la scrittrice che confida al suo intervistatore qualche dubbio sulla propria profondità; il musicista che si teme esaurito; il pittore che denuncia la sua crisi; la padrona di casa che precede l’apparizione dell’arrosto con la deplorazione della lardellatura / creeranno nel loro pubblico un’indulgente, sprezzante, definitiva disistima dei propri talenti.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. USI E COSTUMI DEGLI STRANIERI Mi è capitato spesso di ricevere lettere di giovanetti che per andare in Inghilterra (o in America, o in Spagna) mi chiedevano consigli sul contegno da tenere. Domande, in fondo, superflue, perché la buona educazione è perfettamente internazionale, perché gli usi nazionali si imparano sul posto. Ad esempio, gli orari dei pasti sono diversissimi: in America ed in Inghilterra si mangia presto, in Spagna tardi; e nella Spagna meridionale più tardi che non in quella settentrionale, come, del resto, accade in Italia. / Una donna avvezza a vivere nei paesi latini, dove non ci si veste mai da sera prima che il sole non sia calato, troverà fastidioso indossare nuvole di chiffon rosa verso le sei o le sette del pomeriggio, ma dovrà farlo al nord: e si potrà difendere solo adottando abiti eleganti, sì, ma modestissimi, di picché e non di chiffon, perché non riuscirebbe a far spostare l’ora del teatro, del pranzo, del balletto locali. / I viaggiatori, giovani e vecchi, hanno un solo dovere: lo stesso dovere che hanno qui, a casa loro. Essere gentili, comprensivi, pazienti. Non brontolare contro la cucina all’olio, né contro la cucina al burro, né contro la cucina al lardo. Ascoltare, sforzandosi di capire, non solo la lingua ignota, ma l’animo, le intenzioni degli interlocutori. Non stabilire paragoni vantaggiosi agli altri. Non approfittare mai di una situazione illecitamente. Non fare i furbi. Non fare gli sciocchi. Fare gli Italiani, veri, intuitivi, accomodanti, caritatevoli e cordialmente spiritosi.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. VECCHIAIA (ALTRUI) / Due anni fa, una passionale e giovanissima pittrice romana scrisse un articolo rimasto famoso in cui esortava i vecchi alla morte, ed i giovani alla riscossa: tra i vecchi poneva, con la stessa enfasi, Benedetto Croce ed Alberto Moravia, divisi da circa otto lustri. Io non me ne meravigliai affatto, sapevo che per l’ingenua gli anni, oltre un certo limite, non contavano in quanto che tali, formavano massa indistinta. Soltanto, dimenticava che i progressi dell’igiene, della scienza, della volontà, consentono attualmente curiosi miracoli. Non citerò Bodomoletz, né i duchi di Windsor, dirò tuttavia che le persone già illustri e discusse prima della quarantina riescono, tra i loro altri successi, ad ottenere anche una specie di immobilità, quando addirittura non tornano indietro. Pressione giusta, fegato assestato, denti smaglianti, snellezza levigata, abiti aggiornati, e, soprattutto, la possibilità di rifornirsi infinitamente di idee e di immagini viaggiando, leggendo, spendendo... Fra dieci anni, la giovane pittrice battagliera ritroverà Alberto Moravia identico, né più grasso, né più magro, né più orgoglioso, né meno brillante. sicura di essere durevole quanto lui?
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. VILLANI INCONSAPEVOLI Battetevi contro i villani inconsapevoli. Contro chi, ad esempio, sfoglia libri e giornali con il dito inumidito nella propria saliva, senza pensare a chi dovrebbe leggere dopo. Se mi date retta, rifiuterete gelidamente di accettare indietro l’oggetto insozzato. Io lo faccio, ogni volta che in treno, in piroscafo, in aereo, qualcuno mi offre un pezzo di carta stampata, su cui stampò anche le proprie umide impronte. «Dispiacente, lo leggerei volentieri se lei non l’avesse trattato così». O, a chi mi chiede in prestito «qualcosa da leggere»: «Con gioia, se lei non sputa sulle pagine». Sguardo angosciato suo, diffusa spiegazione mia.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. ZELO «Et surtout», dicono i Francesi, «pas trop de zèle!». Giustissimo. Evitate lo zelo eccessivo, intempestivo, ingombrante. Non chiedete sette volte ai vostri invitati se vogliono dell’altra aranciata. Non importunate la signora che mangia poco perché mangi di più. Non imponete a nessuno la scuola-svizzera-dove-i-bambini-stanno-tanto-bene, o il regime bianco o la vostra compagnia. Fate compagnia agli infermi, ma solo se sapete di esser loro grata e simpatica. Fate la corte alle signorine, ma solo se sapete di esser loro grato e simpatico. Non proponete giochi di società in un salotto dove tutti conversano. Non siate, insomma, troppo zelanti.
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. ZIZZANIA Questa parola così brillante e tagliente simboleggia i peggiori pericoli della convivenza sociale. Ci sono donne (e anche uomini), che l’adorano, la collocano dovunque possono, riferiscono pettegolezzi, inventano giudizi, decretano necessità di rivendicazioni o addirittura di vendetta: «Ieri ho dovuto spezzare una lancia in tuo favore, al pranzo R.: figurati che quella sciocca di Annaclaudia ha tirato fuori la vecchia storia di tuo nonno usuraio; ma io l’ho messa subito a posto:”Che usuraio e usuraio”, ho gridato,”sappiamo tutti che il povero don Carlino aiutava gli amici, ed era giusto tirarne fuori un modesto interesse, ma usuraio, poi! Già, siete talmente ingiusti con l’intera famiglia di don Carlino, quell’altra storia della zia Amalia che scappò di casa con il pompiere...”. E allora Giannantonio salta su:”Fosse stato solo il pompiere! Ma il macellaio?”. Insomma, non si è parlato d’altro. Ed io, lì, sola a difendervi tutti, morti e vivi; però tu, se mi dài retta, devi far qualcosa, non dico un duello, un paio di schiaffi sì, e la prima volta che incontri Luisa digliene quattro, se le merita...».
• Il dizionario di Irene Brin. Il Giornale, 10 settembre 2006. ZORRO Ovvero Douglas Fairbanks Sr. / Si sposò una prima volta, con l’ereditiera che parve offrire a lui, giovane attore, l’ingresso in un particolare patriziato americano. Poi divorziò, divenuto ricchissimo, perché la moglie non aveva alcun desiderio di invitare nella villa qualsiasi Royalty di passaggio. Poi sposò la debuttante Mary Pickford, perché ne era innamorato, e perché la sentiva animata dalle sue stesse ambizioni. Poi cominciò a odiare la prima signora Fairbanks ed il piccolo Douglas jr., nato da quell’unione, perché, impoveriti ormai, abitavano a Parigi, vivevano in Rive Gauche, frequentavano gli intellettuali e si trattava per lui di uno snobismo ancora misterioso. Poi odiò Joan Crawford, giovanissima sposa del figlio, perché la considerava plebea. Poi divorziò da Mary, perché il successo di lei l’infastidiva, e sposò Sylvia; era, anche lei, plebea per nascita, però seguitava (e seguita e seguiterà) a portare il titolo di un primo marito, facendosi chiamare lady Ashley. Il povero, grosso, cardiaco Doug si ammazzò, letteralmente, a furia di cocktail-parties, o formal-dinners, e quanto, secondo lui, doveva condurlo sulla vetta di una carriera unicamente mondana. Il segno di Zorro era, ormai, una qualsiasi onorificenza, un cartellino da portare all’occhiello per significare che si poteva accedere alla Royal Enclosure di Ascot. E mi sembra giusto concludere queste pagine con un ammonimento: guardatevi da Mammone, guardatevi dallo snobismo.