la Repubblica, 28 aprile 2018
Quaranta autografi di Puccini
Gregorio Moppi Quaranta autografi del giovane Giacomo Puccini, finora sconosciuti, spuntano dalla villa-museo di Torre di Lago. Il Maestro lucchese, scomparso nel 1924, li aveva sempre conservati tra le sue carte; mai prima d’ora, però, erano stati intercettati dagli studiosi. Riemergono adesso, a pochi mesi dalla morte della nipote Simonetta (che della villa era custode), anche grazie all’inventario del fondo redatto dalla Soprintendenza archivistica della Toscana. Si tratta di 12 pezzi per organo, 15 per pianoforte, più uno per quartetto d’archi ( Allegretto movimento di Gavotta, si chiama), una decina di contrappunti a tre e quattro voci e la partitura integrale del Preludio a orchestra (di cui è noto un altro esemplare manoscritto, ma mutilo di una pagina). Tutti lavori risalenti agli anni d’apprendistato di Puccini. A quando studiava a Lucca e poi al Conservatorio di Milano. E a quando, adolescente o poco più, lavorava come organista alla chiesa di San Girolamo, nella sua città. «Niente è datato e, fra tutto il materiale recuperato, solo una pagina è firmata. Tuttavia la grafia e la qualità della musica sono accostabili agli altri lavori per organo del decennio 1870», spiega Virgilio Bernardoni, musicologo che sta approntando l’edizione critica della produzione organistica pucciniana. In parecchie delle opere rinvenute a villa Puccini è prescritto il momento della liturgia in cui dovevano essere suonate: “Offertorio”, “Elevazione”, “Poscommunio”. Vi si trova anche un pezzo dal titolo singolare, la Pastorella gravida: una pastorale natalizia battezzata in modo scanzonato, quasi blasfemo, con l’ironia che sempre ha caratterizzato Puccini. Le pagine pianistiche e i contrappunti sono invece esercizi da studente. «Piccole cose. Massimo una ventina di battute. Alcune reimpiegano lo stesso tema, che evidentemente gli veniva dato dal maestro come compito da sviluppare», commenta Bernardoni. «Sono scritte alla maniera settecentesca. Dal che traspare come Puccini si sia formato sullo stile classico, che gli insegnavano a scuola o che magari aveva acquisito in famiglia, visto che proveniva da una dinastia di musicisti». Dalle carte di Torre del Lago, proprietà della Fondazione Simonetta Puccini, potrebbero saltar fuori ulteriori perle. Una l’ha già individuata Gabriella Biagi Ravenna, altra esperta pucciniana: un quaderno delle spese fatte a Milano al principio degli anni Ottanta, quando il compositore era un giovanotto squattrinato allievo del Conservatorio. Il taccuino ha un nome, la Bohème, come il capolavoro allora ben lontano dal nascere.