Il Messaggero, 27 aprile 2018
Filtri efficaci, condanne e risarcimenti, ecco come fermare gli haters del web
Le torme di iconoclasti digitali che hanno aggredito via Internet il Presidente emerito farebbero impallidire Stanley Kubrick e persino la sua scimmia che in 2001 Odissea nello spazio armata di una gigantesca tibia percuote un cumulo di ossa.
Il torrenziale fiume di insulti e messaggi di odio che ha allagato le pianure social dell’universo telematico ci si augura sia l’ultima biasimevole espressione dell’homo informaticus e segni il passaggio alla tanto auspicata civiltà della Rete.
IL PALCOSCENICO
Il web e tutti gli strumenti di comunicazione quotidiana sono stati il palcoscenico di tragiche barbarie. In molti si sono chiesti se la sassaiola nei confronti di Napolitano non poteva essere evitata o fermata con maggiore celerità. Parecchi auspicano il buon esito delle attività investigative scattate celermente per individuare i responsabili di una simile inconcepibile condotta.
Discussioni e confronti sul tema hanno rimarcato la necessità di porre un argine a comportamenti inammissibili, innescando fin troppo naturali perplessità su chi e come possa e debba agire. Lo scaricabarile in caso di eventi online assurge addirittura al rango di disciplina olimpica e la transnazionalità del non-territorio di Internet non agevola.
REGOLE E LIMITILe piattaforme tecnologiche su cui poggiano i social network sono fuori dal nostro territorio nazionale e persino da quello comunitario. Le nostre leggi si fermano al confine geografico e gli interlocutori (Facebook, Twitter, Instagram e così a seguire) se ne approfittano, limitandosi alla sottoscrizione di accordi e agreement che subito dopo il taglio del nastro e il brindisi dimostrano una sostanziale inconsistenza. In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale ha più forza di mille battaglioni di vigilantes: la stesura di regole, la predisposizione di filtri e l’esame automatico dei testi e delle immagini, il controllo sintattico e semantico potrebbero fulminare certi fenomeni come le zanzare che si accostano alle lampade assassine nelle sere d’estate. L’alito mefitico di chi sputa veleno andrebbe ad appannare solo il suo schermo: post, tweet e messaggi finirebbero solo nei registri elettronici dei siti che ricevono ma non pubblicano.
Semplice. Tanto semplice quanto spinoso: ci sarebbe chi subito salta su lamentando un freno alla libera espressione o paventando una temibile censura, oppure chi ritiene non debba essere un già troppo potente operatore privato a stabilire cosa vada bene o cosa no. Una cooperazione non solo formale tra istituzioni e colossi del web potrebbe aprire spiragli di luce. Ma gli haters generano traffico, i loro messaggi innescano condivisioni o commenti negativi, la mala educacion si traduce comunque in business e quindi nessuno ha fretta di interrompere la colata lavica di ingiurie e oltraggi.
I REATI
L’educazione, già, è quella la parola magica. Forse basterebbe la consapevolezza che l’aggressione telematica va a configurare diverse fattispecie di reato (diffamazione, ingiuria, minaccia, oltraggio, vilipendio...). Molti forsennati, se avessero mai coscienza di andare incontro a condanne penali o richieste di risarcimento civile, probabilmente limerebbero la loro efferata effervescenza verbale, scosterebbero la tastiera e magari troverebbero un più edificante passatempo.
IL RIMEDIOIl rimedio più efficace, però, sarebbe quello al momento della condanna al termine di un rigoroso processo di addebitare al colpevole non soltanto le spese processuali ma anche tutti i costi sostenuti dalle Forze dell’Ordine per arrivare alla sua identificazione. Gli oneri investigativi non vanno però computati limitandosi a calcolare stipendi, straordinari, trasferte, dotazioni hi-tech e logistica. Non c’è solo il danno emergente, ma pure il lucro cessante del cittadino. Il tempo perso dalle forze di polizia con indagini non sempre agevoli è sottratto allo svolgimento di altre funzioni preventive e repressive che sono alla base della sicurezza dell’intera collettività.
In futuro speriamo non ce ne sia bisogno. Auguri, Presidente.