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 2018  aprile 27 Venerdì calendario

L’amaca

La vox populi è importante e i capi di partito hanno sempre avuto modo di udirla (e spesso ignorarla) in fior di assemblee. Poi però si riunivano le segreterie e, forti della delega ricevuta, i capi decidevano in proprio, scannandosi in stanze chiuse con i loro avversari. Oggi è più complicato perché la vox populi tracima dai luoghi deputati, invade siti e piazze mediatiche, dove a milioni i clic si sommano e diventano montagne. Proprio questa impetuosa promiscuità, che secondo qualcuno è democrazia che finalmente si avvera, secondo altri è la più grande caciara mai vista al mondo, rende più difficile e più importante che mai il mestiere di capo.
Se il bravo politico è colui che non decide sondando l’emotività della piazza, ma sulle basi delle proprie convinzioni profonde, essere un bravo politico è molto più difficile di prima.
Se Togliatti avesse deciso di amnistiare i fascisti, e Berlinguer di lanciare il compromesso storico, nell’epoca dei social, sarebbero stati sommersi di insulti e nell’ipotesi migliore di “nooooo!”
desolati. Allo stesso modo Cinque Stelle da un lato, Pd dall’altro, o si congedano educatamente l’uno dall’altro o hanno di fronte la tempesta social perfetta. Non è mai detto che la vox populi sia nel torto; neppure, però, che abbia ragione. Chissà se esistono ancora capi in grado di fare silenzio attorno a sé, e nel silenzio decidere, esponendosi in prima persona al rischio di sbagliare oppure alla gloria del successo.