La Stampa, 27 aprile 2018
La storia di Napoleone riscritta con i fiori
L’infatuazione di Giuseppina per le rose e con lei di tutta la sua corte, contagia, e non per ultimo, lo stesso Napoleone. Condivide con lei la scelta di acquistare Malmaison. S’impegna a portare nuove varietà dall’estero dov’è impegnato in battaglie. Paga lui, non senza protestare, le enormi spese dell’adorata Joséphine. Usa accompagnare con rose i suoi inviti amorosi, come quello a Marie Walewska: «Non gioielli per questo pranzo, ma questa rosa». Come ne offre una, per pura diplomazia, la sera prima di firmare il trattato di Tilsitt, alla bella Elena di Prussia, che pur detesta. Chiede che gli portino una rosa per aspirarne a lungo il profumo, esausto, dopo aver dettato il suo testamento. Molte rose portano il nome di Napoleone, dedicategli a partire dai trionfi iniziali fino alla morte in esilio. Una delle prime è l’introduzione belga «Le Grand Napoléon», probabilmente la stessa chiamata anche, più modestamente, «Napoléon» o ancora più timidamente «Rose Bonaparte».
Al ritorno sul trono della dinastia borbonica, nel 1814, è tempo di restaurazione pure per le rose. La superba damascena da lui molto ammirata che porta il suo nome, è ribattezzata «Folie de Bonaparte» o «Folie du Corse». Mentre i monarchici si spingono a battezzare una rosa «Victoire de Waterloo», dimenticando stupidamente che la sua sconfitta non è la loro vittoria. Seguirà, forse per riparare a questa gaffe, una «Victoire d’Austerlitz». Non tutti dimostreranno di volerlo cancellare dai loro ricordi. Cartier, un grande sostenitore parigino del Primo Impero, chiamerà «Saint-Hélène» uno dei suoi ibridi di rosa gallica, color rosso intenso. A Bruxelles, un rosaista anonimo, quasi di nascosto, gli rende omaggio con la «Tombeau de Napoléon». La muscosa scoperta a Friburgo che gli amatori chiamano «Cristata», diventa «Chapeau de Napoléon». Quando le ceneri dell’Esule rientrano in Francia, esce la «Cendres de Napoléon» e poco importa che la rosa appartenga al gruppo detto Bourbon. Durante il Secondo Impero, l’epopea napoleonica non si spegne per diversi anni ancora con le rose «Souvenir de l’Empire». E «Louis Bonaparte», «Pauline Bonaparte», «Princesse Baciocchi», ricordano i membri più noti della famiglia.
Queste nostalgie e celebrazioni dei ricordi imperiali, non sempre sono giudicate di buon gusto. Ci si è spinti troppo in là per la «Revue Orticole» che scrive: «Sembra che si sia voluto scrivere la storia delle nostre glorie con fiori di rose. Ma non è troppo? A forza di voler adulare l’orecchio o attirare l’attenzione degli amatori con dediche e nomi celebri, a volte, si è caduti nel ridicolo (…). Di grazia, propagatori di rose, ottenitori di nuove varietà, non offendete più le nostre orecchie».