La Stampa, 27 aprile 2018
«Basta con l’inglese». La Francia sfida l’Ue
Quando la sete di egemonia è forte, c’è il rischio di sentire la lingua secca. Ne sanno qualcosa i francesi, che con l’arrivo di Emmanuel Macron stanno cercando di recuperare il peso perso negli ultimi anni in Europa. Parigi vuole approfittare anche dell’uscita del Regno Unito per ripristinare la «Grandeur» a Bruxelles, mettendo subito in chiaro una serie di cose. A partire proprio dalla lingua.
Il bilinguismo nelle istituzioni Ue (francese-inglese) è ormai un ricordo del secolo scorso. Dopo l’allargamento a Est del 2004, l’inglese è diventato predominante. E il tedesco, dato lo strapotere della Germania, è sempre più presente nei documenti ufficiali. Ma ora che Londra sta per uscire dal club, Parigi punta i piedi per salvaguardare la «langue de la diplomatie».
Un esempio? Mercoledì l’ambasciatore francese presso l’Ue – Philippe Léglise-Costa – per protesta si è alzato e se n’è andato. Letteralmente. Lasciando anzitempo la riunione settimanale con i colleghi (Coreper). Gli altri avevano appena bocciato la sua proposta di usare due lingue (francese-inglese) nel gruppo di lavoro costituito per avviare i negoziati sul prossimo bilancio pluriennale dell’Unione. Il primo senza il Regno Unito, per intenderci. Se non ci sono più gli inglesi, questo il ragionamento dell’ambasciatore di Parigi, perché dovremmo usare la loro lingua? Al netto degli irlandesi, che non hanno l’intenzione di esprimersi in gaelico ai tavoli istituzionali, la Francia ha cercato di far passare questo concetto.
Léglise-Costa ha contestato la decisione della presidenza bulgara e persino del servizio giuridico del Consiglio, respingendo l’esclusività dell’inglese. I bulgari hanno fatto notare che il formato previsto per quel tipo di riunioni – che in gergo si chiamano Fop (Friends of the Presidency) e hanno carattere informale – impone l’inglese come unica lingua e dunque l’assenza di interpreti. In alternativa bisognerebbe costituire un gruppo di lavoro formale e dare a tutti i Paesi la possibilità di richiedere la traduzione nel loro idioma. Con un notevole spreco di soldi e di tempo. Ma l’ambasciatore francese ha insistito, chiedendo di introdurre il bilinguismo nel formato Fop, visto che in futuro non ci saranno più i britannici al tavolo. Non ha però trovato nemmeno la sponda di Belgio e Lussemburgo, gli altri due Paesi francofoni. Rimasto isolato, ha sbattuto la porta e se n’è andato. «Adieu».