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 2018  aprile 27 Venerdì calendario

Non è ancora cominciata la partita vera

Il dialogo è avviato, l’esploratore si fa da parte. Sta in questa evidente contraddizione, illustrata ieri al Quirinale dal Presidente della Camera, dopo il colloquio con il Capo dello Stato, il valore effettivo della seconda esplorazione, dedicata all’ipotesi di una maggioranza 5 stelle-Pd, e conclusa ieri secondo l’esploratore con «esito positivo».
Ora è evidente che se davvero lo sbocco di questi altri due giri di consultazioni fosse stato, non diciamo buono, ma incoraggiante, Fico non si sarebbe ritirato, rimanendo ad aspettare le conclusioni della direzione del Pd del 3 maggio nella quale il partito dovrebbe finalmente fare la sua scelta.
La sensazione è che la convocazione a una settimana di distanza della riunione, malgrado i ripetuti inviti di Mattarella ad accorciare i tempi, preluda a un’ennesima non decisione, o a una finta disponibilità a un confronto programmatico con i 5 stelle, ma a partire da una serie di punti ostici e dalla richiesta, sulla quale Di Maio ha già messo le mani avanti, di rinunciare a obiettivi irrealizzabili ma molto caratterizzanti del programma pentastellato.
In altre parole, un gioco del cerino, che potrebbe far passare ancora una o due settimane, ma difficilmente modificare i dati essenziali di una trattativa che non è partita.
Perché il Pd non è pronto e non è in grado di decidere, e i 5 stelle fronteggiano una rivolta di più di metà della loro base, un gran pezzo di elettorato che Di Maio e Casaleggio non hanno alcuna voglia di deludere, soprattutto mentre resta alto il rischio di un ritorno alle urne di qui all’autunno.
Rimpallarsi la responsabilità di chi per primo sceglierà di rompere, come s’è visto per due giorni, non è proprio un grande obiettivo. E tirarla per le lunghe con questa prospettiva non contribuirà certo a aumentare le probabilità di soluzione della crisi. Tra l’altro Di Maio comincia a leggere sui dati dei sondaggi il costo piuttosto alto in termini di consensi di questa inconcludente e infinita trattativa. È come se gli elettori e i militanti del Movimento, gente semplice, che non sa nulla del funzionamento di un sistema proporzionale, gli chiedessero: ma se abbiamo vinto, perché non andiamo al governo? E se non ci andiamo, perché non torniamo all’opposizione? Senza dire poi di Salvini, deluso dalla porta in faccia (almeno ufficiale, dietro le quinte non si sa) del quasi alleato (per qualche giorno) Di Maio, superata la parentesi semifestiva di questa settimana di doppi ponti, darà fuoco alle polveri, cominciando a dipingere i 5 stelle tornati avversari alla stregua di un qualsiasi partito poltronista come tutti gli altri.
La campagna elettorale mai paga di se stessa continua così. Comprensibile quindi che il Presidente della Repubblica, dopo aver visto com’è finita anche la seconda esplorazione, abbia deciso di liberare dal suo compito Fico, in attesa di valutare autonomamente cosa maturerà nei prossimi giorni. Per Mattarella si avvicina l’ora di nuove decisioni: con l’incognita che anche l’ipotesi di un governo d’emergenza, di tregua, del Presidente, e insomma di un esecutivo chiamato a coprire solo i prossimi mesi, in attesa di un chiarimento politico che al momento è impossibile, possa sbattere contro un «no» dei partiti incapaci finora di trovare un’intesa magari provvisoria: trasformando anche questo espediente estremo nel governo elettorale incaricato di riportare il Paese al voto.