Libero, 26 aprile 2018
Sanson, il boia contrario alla pena di morte
Un boia contrario alla pena di morte: a questo il grande paradosso deve la leggenda di Charles-Henri Sanson. Quarto erede di una sorta di “dinastia” che ebbe appaltate le esecuzioni capitali a Parigi tra 1687 e 1847, ufficialmente esercitò tra 1778 e 1805. In realtà, però, aveva iniziato il mestiere nel 1754, al posto del padre che rimase ufficialmente titolare fino alla morte, ma che per problemi di salute non era più in grado di lavorare in prima persona. A sua volta passò di fatto la mano al figlio nel 1795, continuando però anche lui a essere il boia ufficiale fino alla morte, nel 1806. Le persone da lui giustiziate furono molte di più delle circa 3000 di cui si parla di solito. Furono però esattamente 2918 quelle del periodo tra il 14 luglio del 1789 e il 21 ottobre del 1796, periodo cruciale della Rivoluzione Francese. Dopo che l’ex professore della facoltà di Medicina e deputato di Parigi dottor Joseph Ignace Guillotin propose all’Assemblea Nazionale Costituente l’adozione di «un semplice meccanismo» per rendere la pena di morte indolore, il 2 marzo del 1792 alle Tuileries andò anche Sanson – assieme allo stesso Guillotin e al medico di corte Antoine Louis – per presentare a Luigi XVI la nuova macchina. Il re, che a tempo perso si dilettava di lavori di carpenteria e meccanica, capì subito che c’era un difetto, e per evitare inceppamenti corresse il disegno, sostituendo alla prevista lama a mezzaluna una obliqua. Di lì a 10 mesi anche la sua testa sarebbe stata troncata dal marchingegno da lui perfezionato: stessa fine fatta anche da sua moglie Maria Antonietta. Ma allo stesso modo sarebbe morto anche tutto lo stato maggiore della Rivoluzione, a partire da Danton e Robespierre. LE MEMORIE Insomma, un testimone inquietante. Erede di un “privilegio” familiare trasmesso per via quasi feudale e strumento della Rivoluzione; servitore di vari regimi; uccisore che sembrava provare pena per le sue vittime e che cercava di alleviare la loro sofferenza: era un personaggio troppo romanzesco perché l’800 romantico non ci costruisse sopra i suoi romanzi. Già nel 1829, con la sua famiglia ancora in esercizio, uscirono infatti due volumi di Mémoires pour servir a l’histoire de la Revolution Française par Sanson: con la prestigiosa introduzione di Honoré de Balzac, ma a quanto sembra del tutto apocrifi. Non si sa se più per correggerli o per sfruttare il filone, tra 1862 e 1863 uscirono i sei volumi di Sept générations d’exécuteurs. Mémoires des Sanson, redatti dal nipote Henri-Clément Sanson. Tradotta parzialmente in italiano nel 1925 dalle Edizioni Apollo di Bologna, riproposta poi senza variazioni nel 1989 dalle Messaggerie Pontremolesi di Milano, col titolo Giù la testa memorie del boia della rivoluzione è ora stata ripubblicata da La Vita Felice (360 pp. 18,50 euro) nella parte appunto relativa al cruciale periodo rivoluzionario, e a cura di Matteo Noja. Da ricordare che proprio con una storia dedicata al boia di Parigi Charles-Henri Sanson durante la Rivoluzione Francese nell’ottobre del 2012 le Edizioni Bonelli fecero esordire la nuova collana a fumetti Le Storie, e nel 2013 anche un manga giapponese è stato dedicato allo stesso personaggio. Insomma, il tema è ancora attualissimo: specie in epoche di giustizialismo galoppante che sembrano veramente evocare i deliri giacobini, anche se per fortuna in senso più metaforico che letterale. LA FINE DEL SUPPLIZIO È vero che molti esegeti hanno vari dubbi sulla veridicità del racconto cui Sanson nipote aveva posto la garanzia del suo cognome. Viene dunque il dubbio se il nobile appello finale – «il bilancio è a zero per la pena di morte» – sia più farina del sacco di Charles-Henri o di Henri-Clément. Comunque, era stata l’esperienza di famiglia a suggerire ai Sanson che «la pena di morte ha fatto il suo tempo». «Abolendola, si libererà da penosi doveri una classe di funzionari, per i quali io alzerò tanto meglio la voce in quanto ho cessato di farne parte». Anche se, in realtà, per far smettere la ghigliottina in Francia si dovrà aspettare addirittura il 1981. riproduzione riservata