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 2018  aprile 26 Giovedì calendario

I topi allo spiedo di Torino

Il magazzino è in un garage di corso Regina Margherita a Torino, a due passi da Porta Palazzo, il mercato alimentare più grande della città. Nel capannone i vigili hanno trovato migliaia di spiedini già fritti, fette di carne pronte per essere cucinate, animali scuoiati, pesci senza lische, mentre in uno scaffale c’erano anche creme sbiancanti, cosmetici e archi con frecce. Al di là dell’assenza di minime condizioni igieniche e ovviamente dei permessi di Ufficio di Igiene, Asl, Comune e Camera di Commercio, la municipale, non senza fatica, ha scoperto che gli animali macellati sono nutrie, grosse pantegane, pesci gatto, rane e lumache non commestibili. Che invece vengono cucinati e venduti. Intorno al caseggiato non lontano dal centro città, dalle prime luci dell’alba e fino a sera, un’insopportabile puzza acre e nauseabonda infastidisce i residenti, perlopiù anziani che vivono nelle soffitte del vecchio quartiere operaio di Borgo Dora. Sono loro che hanno segnalato la cosa ai vigili. Sarebbero centinaia i clienti del grande magazzino alimentare, per la maggioranza stranieri (in prevalenza africani), compresi i titolari di kebab e rosticcerie più o meno etniche della città. DONNE A CACCIA Gli archi, le frecce e qualche lancia sono, invece, gli strumenti di caccia – nel vero senso della parola – usati da donne nigeriane che detengono l’esclusiva del commercio di queste specie di “carni nere”. Si appostano di notte lungo le sponde del Po, infilzano gli animali e se li portano via. Hanno imparato a cacciare così sulle rive del Niger, e la stessa cosa fanno a Torino. Dopo l’attività venatoria inizia il lavoro di macellazione degli animali e, infine, chef non proprio stellati si dedicano alla cucina delle prede. E ripetiamo, non si tratta di fantasiose ipotesi: secondo quanto ha appurato la municipale – che ha trasmesso in procura ampia documentazione, tant’è che sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta penale che ipotizza reati relativi alla mancata osservanza di misure di igiene, la macellazione abusiva e la detenzioni illegale di armi – il commercio sarebbe particolarmente florido. «Al civico 134 di corso Regina Margherita – dicono al comando della municipale – è un continuo andirivieni di venditori abusivi, che si riforniscono delle carni e poi le vanno a vendere in alcune zone della città». All’ingrosso uno spiedino di nutria costa 50 centesimi, ma viene rivenduto anche a due, tre euro. Pressoché identico il prezzo per una coscia lessa di pantegana. Più cari i pesci gatto e le lumache. Nell’ultimo blitz sono stati sequestrati 106 animali scuoiati. Le interiora erano state gettate nei bidoni della spazzatura. Chi lavorava nel garage, dopo essere stato identificato, e stato allontanato. «Ma sono stati via per poco – spiega Antonio Ruspoli, che vive in un palazzo vicino -, dopo un paio d’ore erano di nuovo al lavoro, perché la clientela è numerosa e la manodopera non manca. Chi viene arrestato o espulso viene subito sostituito». LA CLIENTELA Del cibo pare siano ghiotti i centroafricani, e con nutrie e topi sono imbottiti i panini che vengono venduti ai pusher da donne nigeriane che riforniscono gli spacciatori nei parchi e agli angoli delle strade. Spingono carrelli della spesa zeppi di generi alimentari cucinati sia nel garage di corso Regina Margherita, ma anche in un piccolo spaccio allestito all’ex Villaggio Olimpio (Moi), occupato abusivamente da profughi e clandestini. Improbabile l’insegna, “Pizza”, che campeggia sulla porta d’ingresso. La clientela è selezionata e chi non è conosciuto dallo chef, come il cronista troppo curioso, viene allontanato a male parole. Dunque un pezzo d’Africa, di quella più nera e selvaggia, ha trovato accoglienza nella Torino post industriale. Finora a poco sono servite le perlustrazioni notturne lungo il fiume: «Le cacciatrici sono particolarmente abili e avvedute, si nascondono tra la vegetazione delle sponde – spiegano gli investigatori – e colpiscono le nutrie e i topi appena giungono a riva». Finora polizia, vigili e carabinieri ancora non hanno preso nessuno con le mani nel sacco: «Appena quelle donne notano i lampeggianti, spariscono rapidamente e abbandonano le prede infilzate dalle frecce e dalle lance sulle sponde del Po». Le stesse nutrie che approdano sulla spiaggetta del parco del vecchio zoo della città (chiuso da anni) e che, la domenica mattina e nei giorni di festa, diventano l’attrazione dei bambini che giocano ai giardinetti. riproduzione riservata