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 2018  aprile 25 Mercoledì calendario

In Iraq lo stadio più grande del mondo sarà realizzato con i soldi sauditi

All’inizio di marzo, dopo la travolgente vittoria per 4 a 1 della Nazionale irachena su quella saudita, il premier Haider al-Abadi ha ricevuto una telefonata non attesa. Dall’altra parte del filo c’era Re Salman. Si complimentava per la prestazione, un’amichevole che aveva messo fine a quasi trent’anni di embargo ai match internazionali in Iraq. Ma l’intenzione era un’altra. Il sovrano dell’Arabia Saudita e il leader iracheno hanno stretto un rapporto privilegiato dopo la visita di Al-Abadi a Riad nel giugno dell’anno scorso. Una rivoluzione, perché, dall’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein nel 1990, Iraq e Arabia Saudita hanno vissuto tre decenni di rapporti conflittuali, persino peggiorati dopo l’abbattimento del raiss e l’ascesa al potere degli sciiti. L’Iraq si è ritrovato nell’abbraccio sempre più stretto dell’Iran e Al-Abadi, per quanto sciita pure lui, è in cerca di un difficile equilibrio fra i due vicini ingombranti, la repubblica islamica degli ayatollah e il regno saudita.
Per questo Re Salman e il figlio Mohammed hanno lanciato un’offensiva per allontanare quanto più possibile l’Iraq dall’abbraccio iraniano. Con due armi: i soldi e lo sport. Alla Conferenza per la ricostruzione in Kuwait, lo scorso febbraio, i Paesi del Golfo si sono impegnati a finanziare un quarto degli 80 miliardi che serviranno a rimettere in piedi il Paese dopo 15 anni di guerra civile e le devastazioni dell’Isis. Case, strade, industrie, infrastrutture. Ma anche decine di nuovi stadi. È un pallino di Al-Abadi, appassionato di calcio. Ed ecco che dopo la vittoria contro l’Arabia Saudita è arrivato il regalo inatteso. Lo stadio più grande del mondo, con 135 mila spettatori. Una volta e mezza gli 80 mila che ufficialmente trovano posto al Maracana di Rio de Janeiro. E molti più dei 114 mila dello stadio di Pyongyang, oggi il primo al mondo, o i 100 mila del Camp Nou di Barcellona.
Nel Golfo, si sa, amano i record. E Re Salman, oltre a saldare l’amicizia con Al-Abadi, vuole gettare anche ombra allo stadio in costruzione nella rivale Doha, il Qatar Foundation Stadium, che sarà inaugurato per i Mondiali del 2022, e che con i suoi 45 mila posti sembrerà un nano. L’idea iniziale della nuova arena di Baghdad, che sarà costruita in un sobborgo meridionale della metropoli e si chiamerà Babylon Stadium, era di una capacità di 100 mila posti. Ma poi i sauditi hanno rilanciato e ieri è stato presentato il progetto dell’architetto iracheno Abdul Rutha, con 35 mila posti in più e linee ardite che richiamano i ponti di Calatrava. Una gigantesca testa di leone, riferimento ai gloriosi imperi assiro e babilonese, sarà visibile a chilometri di distanza, mentre tutta la struttura sarà circondata da un parco di palme e una vasta area pedonale. Un modo per riqualificare la periferia meridionale di Baghdad, uno dei bersagli preferiti dagli attentatori suicidi dell’Isis.
I tempi per la realizzazione restano ancora vaghi, almeno cinque anni. La ricostruzione dell’Iraq richiederà a dir poco un decennio e per un vero rilancio bisogna aspettare la disfatta definitiva dello Stato islamico. Nonostante lo stesso Al-Abadi abbia annunciato al mondo la «vittoria» sull’Isis nel luglio del 2017, dopo la riconquista di Mosul, il califfato è ancora presente nelle zone remote del deserto e ha cellule attive tutto attorno alla capitale, soprattutto nelle province di Salahuddin e Diyala. I rendering spettacolari dello stadio più grande al mondo servono anche a sognare, a dimenticare una realtà ancora difficile e a lanciare la fase finale della campagna elettorale del premier. Il 12 maggio si vota per la rielezione del Parlamento. Decine di coalizioni e liste sono in lizza ma alla fine la sfida è fra il blocco ultra filo-iraniano dell’ex premier Nouri al-Abadi e quello di Al-Abadi, che vuole proseguire con «l’equidistanza» fra Paesi del Golfo e Iran, e fra America e Russia. Una sfida all’ultimo voto dove anche il calcio può dire la sua.