la Repubblica, 26 aprile 2018
Quanta storia i biscotti di Prato ma non chiamateli «cantucci»
A proposito di Malaparte, Le dirò che nei suoi ultimi giorni, quando andavo a trovarlo, egli si informava circa l’arrivo dei biscottini di Prato, che egli sapeva a Lui già spediti da amici pratesi, e ne vantava la bontà eccezionale”. La passione golosa dello scrittore pratese raccontata nella lettera di un amico è uno dei tanti tasselli di un puzzle che Antonio Mattei cominciò a comporre nel 1858 al piano terra di un palazzo medievale. E che quest’anno, in coincidenza con il compleanno numero centosessanta, la famiglia Pandolfini – erede dei Mattei – ha deciso di celebrare aprendo un museo-bottega nel cuore di Firenze.
Biscotti e non cantucci. L’equivoco nasce dalla prima insegna: “Antonio Mattei – fabbricante di cantucci, biscotti ed altri generi”. I cantucci, in realtà, erano prodotti a partire da una pasta lievitata, arricchita con zucchero e olio, profumata all’anice, cotta in forno e affettata. Un tentativo di dare dignità di dolce alla povertà del pane, azzerato nei numeri e nella popolarità insieme ai primi segni del benessere, quando abbiamo cominciato a permetterci il lusso dei biscotti veri.
L’irresistibile fascino dei dolcetti con la carta blu Savoia è facilissimo da verificare: basta passare in questi giorni davanti al work in progress di via Porta Rossa. L’inaugurazione è fissata per il 3 maggio, ma la processione di questuanti golosi è inarrestabile. Grandi e piccini, magri e grassi, italiani e stranieri, passano e buttano un’occhiata distratta. Poi si fermano, tornano indietro, guardano meglio, fanno capolino all’interno, chiedono “se almeno si può comprare un sacchettino di biscotti”. Sono una gran bella famiglia, i Pandolfini. Quattro figli distribuiti nel decennio che va dal ’61 (Letizia) al ’71 (Francesco). In mezzo, Marcella ed Elisabetta e su tutti l’inossidabile energia di mamma Maria Laura, napoletana in trasferta da sessant’anni in terra pratese e ancora capace di fare ogni anno una quarantina di pastiere per onorare la tavola pasquale di amici e parenti. Alle loro spalle, un albero genealogico strutturato con un fondatore, i suoi figli, e uno slittamento di cognome, da Mattei a Pandolfini, complice l’avvicendarsi, parallelo alla storia della famiglia, di guerre e vedovanze. Passaggio consolidato dall’intelligenza visionaria di nonno Ernesto, premiato nel centenario della fabbrica con la nomina a cavaliere del lavoro. Da una generazione all’altra, il filo rosso della qualità non si accorcia di un millimetro. I biscotti vengono premiati a Firenze nel 1861 alla prima Esposizione Italiana, l’anno seguente Londra all’Esposizione Internazionale, nel 1867 all’Exposition Universelle di Parigi, e poi Vienna e Filadelfia. Prima che il mondo si affacci sull’ultimo secolo del millennio, la Mattei ha già varcato tutti gli oceani, forte dei suoi biscotti squisiti e della confezione originariamente color carta da zucchero ( mutuata poi in una nuance di blu più acceso, pare come omaggio ai Savoia) legata col cordino colorato. Una sorta di packaging ante litteram che ha attraversato intatto l’intera storia aziendale. Nel frattempo, i cantucci e i biscotti alle mandorle vengono affiancati dal pan di ramerino (rosmarino e uvetta), dalla torta mantovana (con ricetta lasciata in dono da due suore ospitate in occasione del Giubileo del 1875) e dai brutti boni, ideati per utilizzare i bianchi dell’uovo scartati nella preparazione dei prodotti. A seguire, i biscotti della salute, i savoiardi, il filone candito, tutti venduti nel laboratorio con spaccio, dove ancora oggi si realizzano i due terzi del fatturato totale (2.600 milioni), grazie a un mix efficace di ingredienti eccellenti e legami col territorio, tra le cappelliere piene di biscotti in partenza per l’Australia e gli anziani che con la scusa di comprare i sacchettini di sbriciolature si siedono a chiacchierare davanti al bancone. Un’attività così vincolata alle materie prime che in tutta la sua storia la Mattei ha abbassato le saracinesche solo fra il ’ 39 e il ’ 42 per il rifiuto di usare farine e mandorle di risulta, salvo tornare in attività negli ultimi anni della guerra con l’obbiettivo di garantire le forniture di pane al vicino ospedale gestito dalla Croce Rossa. I fratelli Pandolfini sono figli orgogliosi di questa storia, ma non prigionieri, se è vero che Francesco dopo la laurea in Scienze politiche ha studiato restauro e Letizia è storica dell’arte. A lei, in particolare, è toccato raccogliere e codificare il materiale per il museo tra mercatini e biblioteche, archivi e magazzini, visto che i pratesi, storici produttori di tessuti, hanno portato i biscottini Mattei chiusi nelle valigie insieme a scampoli e campioni in tutto il mondo. Nella città che ha inventato il pagherò, progenitore del traveller’s cheque ( merito del mercante quattrocentesco Francesco Datini), la vocazione al commercio si è sposata mille volte con il valore dei prodotti. Non a caso, i Pandolfini hanno scelto la famiglia Antinori per l’abbinamento biscottini- Vinsanto, con tanto di lettera autografa di Ernesto Pandolfini a Piero Antinori con la prima richiesta di fornitura datata mezzo secolo fa. Ancora oggi, la Mattei è il più sostanzioso cliente del Vinsanto Antinori, immancabile nelle confezioni regalo del biscottificio. Il legame con Firenze non è solo frutto di un accordo tra aziende. A metà degli anni ’20, Ernesto Pandolfini aveva concesso al fratello di aprire un punto vendita in via Tosinghi, “a condizione che vengano rispettate le caratteristiche dei prodotti originali”. Ma due anni più tardi, constatato che i biscotti fatti in loco erano una copia piuttosto sbiadita degli originali, il negozio venne chiuso. Da allora a oggi, i biscotti sono stati molto presenti in pasticcerie, gastronomie e ristoranti fiorentini, pur senza il supporto di una bottega monomarca. Ma centosessant’anni sono un traguardo troppo importante per esaurirlo con i festeggiamenti di rito, e soprattutto Firenze è una spina nel cuore di ogni pratese. Riempite le bacheche di premi e riconoscimenti – culminati nel 2016 con l’emissione di un francobollo dedicato – la voglia di riaffacciarsi in riva all’Arno ha avuto il sopravvento. Il problema era dove, visto che l’Unesco ha blindato il centro storico, vietando ulteriori sfregi alimentari, dopo che le stradine del cuore cittadino si sono riempite di fast food e affini. L’architetto Carlo Achilli è riuscito a trasformare un piccolo magazzino in un gioiellino museale e contemporaneo, che sa di storia e di biscotti. Tra l’adesione al crowdfunding del Centro Pecci per il restauro della fontana di Enzo Cucchi e l’inserimento nel catalogo del prestigiosissimo store newyorkese Bergdorf Goodman, i biscotti con le mandorle Mattei vanno incontro a un futuro radioso. La scorsa settimana, è arrivata la telefonata di un professore di Chicago, insegnante per un anno alla gloriosa scuola tessile di Prato. Aveva appena ricevuto il pacchetto ordinato su Internet e si era commosso annusando il profumo dei suoi biscotti preferiti. Altro che madeleine di Proust.
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Le cappelliere
Le storiche cappelliere del biscottificio Mattei esposte nella nuova bottega museo il cui progetto si deve all’architetto Carlo Achilli che ha recuperato un magazzino trasformandolo in area espositiva
I fratelli Pandolfini a Firenze
Marcella, Letizia, Elisabetta e Francesco, la nuova generazione di Pandolfini, eredi di Antonio Mattei, il capostipite e fondatore dell’azienda nel 1858. Guidano la ditta insieme a mamma Maria Laura
Confezioni colorate
I prodotti esposti nella bottega di Firenze. Tra gli altri si vedono le confezioni rosse (cioccolato) e quelle verdi (mandorle e pistacchi). Nella vetrina alcune delle specialità del laboratorio
Come si producono e come si abbinano
Nella ricetta tradizionale dei biscotti (o biscottini) Mattei di Prato, avvolti nella celebre carta blu, solo farina, uova, zucchero mandorle e pinoli.
A garanzia di una qualità senza compromessi, i pinoli arrivano da San Rossore, le mandorle dalla Puglia, e la farina è una miscela dei migliori grani italiani.
Mattei produce anche due varianti: con gocce di cioccolato 85 per cento della Manifacture Cluizel (carta rossa) e impastato con mandorle e pistacchi siciliani (carta verde). Cottura e riduzione in tocchetti come per i cantucci. Grazie all’assenza di lievito e grassi, i biscotti si conservano a lungo in barattoli ben chiusi.
Abbinamento d’elezione, il Vinsanto Antinori, prodotto da uve Trabbiano e Malvasia appassite sui graticci e vinificato in legno