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 2018  aprile 25 Mercoledì calendario

L’Ue verso il no alla manovra correttiva. E domani il governo potrebbe approvare il Def

Il calendario europeo per il giudizio sui conti pubblici italiani è pronto: giovedì 3 maggio ci sarà la «fotografia» scattata dalle previsioni economiche, mercoledì 23 maggio il verdetto finale con le Raccomandazioni specifiche per Paese. E quella che sembrava essere una doppia mina sul tavolo del nuovo governo è destinata a non esplodere. O meglio: non subito. Il prossimo esecutivo avrà tempo fino all’autunno per disinnescarla.
A novembre il quadro emerso dalla valutazione di Bruxelles lasciava aperti due rischi: una possibile procedura di infrazione per la violazione della regola del debito sui conti del 2017 e la richiesta di una manovra correttiva (da 3,5 miliardi) sui conti nel 2018. La prima pare scongiurata grazie a un miglioramento della situazione economica. Sulla seconda una decisione definitiva verrà presa nelle prossime settimane, ma la Commissione sarebbe orientata a non mettere nero su bianco una cifra, evitando così la richiesta di correzione immediata al nuovo governo. Nel documento che sarà approvato il 23 maggio verrebbe indicato il «rischio di deviazione», ma senza richieste esplicite. A quel punto tutto sarebbe rinviato alla manovra autunnale, ma a quel punto non ci saranno più margini di tolleranza.
In questi giorni i tecnici della Commissione sono al lavoro per predisporre le tabelle con le previsioni. Le cifre saranno frutto delle stime Ue e di un confronto con i piani presentati dai governi. Dieci Paesi hanno già spedito i loro documenti a Bruxelles. L’Italia non è fra questi. La ragione del ritardo è nota: Gentiloni e Padoan hanno rimandato l’approvazione del testo nella speranza che dalle consultazioni emergesse una maggioranza. L’attesa ha iniziato a farsi lunga, e per questo a Palazzo Chigi sono pronti a riunire i ministri giovedì, subito dopo l’incontro fra Sergio Mattarella e Roberto Fico sull’esito del mandato esplorativo a quest’ultimo. Un ulteriore rinvio è sempre più improbabile: venerdì e sabato Padoan sarà a Sofia per la riunione dei ministri finanziari dell’Unione, e il galateo istituzionale impone di presentare i documenti qualche giorno prima delle previsioni di primavera. Del resto il testo che verrà presentato all’Europa dovrebbe essere una fotografia fedele o quasi della nota di aggiornamento dello scorso autunno: stessi numeri, impegni invariati. Il documento eviterà di fornire indicazioni politiche sulle intenzioni del nuovo governo, salvo sottolineare che – fatta eccezione per il 2013 – le clausole di salvaguardia che ad ogni Finanziaria incombono sui conti italiani sono state sempre disinnescate. Una formula diplomatica per far dire a Gentiloni e Padoan che i successori – chiunque essi saranno – dovrebbero evitare l’aumento delle tasse sui consumi. Quell’impegno nel 2019 vale rincari Iva per 12,4 miliardi di euro.
Stando alle indiscrezioni raccolte da La Stampa, nei numeri della Commissione sul 2017 dovrebbe emergere un miglioramento del deficit strutturale (quello calcolato al netto del ciclo economico e delle misure una tantum) rispetto alle previsioni autunnali (che lo indicavano al 2,1% del Pil). Questo parametro è fondamentale per valutare se l’Italia ha rispettato o meno la regola del debito: il rischio-procedura dovrebbe quindi essere scongiurato. Perché è vero che i dati Eurostat indicano un peggioramento del deficit nominale (2,3% a consuntivo anziché il 2,1% di novembre), ma sulla differenza pesa la contabilizzazione del decreto salva-banche (oltre 5 miliardi). La situazione è dunque migliorata e questo è dovuto all’andamento della crescita. Ovviamente resta la possibilità che l’Ue presenti un rapporto sul debito (articolo 126.3), ma anche questo passaggio non è scontato.
Si va inoltre verso una schiarita sui conti del 2018, dopo che in autunno era stato rilevato un buco da 3,5 miliardi di euro. La tenuta della crescita contribuirà infatti a ridurre lo scostamento dai parametri. Per il prossimo governo si allontana dunque il rischio di dover approvare subito una manovra correttiva. La scelta sarà frutto di una discussione politica all’interno della Commissione ma la sensazione è che alla fine prevarrà la linea del rinvio. A quel punto in autunno non ci saranno più margini di trattativa. Fra clausole di salvaguardia e nuovi impegni da onorare il conto non potrà essere inferiore ai 20 miliardi di euro.