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 2018  aprile 26 Giovedì calendario

Facebook, il caso Cambridge (per ora) non tocca i conti

Tra accuse di ingerenze alle elezioni (soprattutto le presidenziali 2016 negli Stati Uniti), contenuti inappropriati e violazioni della privacy, Facebook archivia il primo trimestre 2018 con ricavi a 11,97 miliardi di dollari (+49% rispetto all’anno passato) al di sopra delle attese degli analisti. Un risultato trainato anche dalla crescita dei contenuti video. L’utile netto è salito a 4,99 miliardi (da 3,06 miliardi). Aumenta anche la popolazione di Facebook: ora è di 2,2 miliardi (+13% sul 2017).
Era il primo test sui conti dopo lo scandalo Cambdrige Analytica, la società alla quale il social network fondato da Mark Zuckerberg ha venduto i dati di 87 milioni di utenti per finalità elettorali. Sembra premiante la svolta decisa dal management che ha cambiato l’algoritmo dando la priorità alle «connessioni significative» tra amici e familiari. Le performance non sono state influenzate dalla riduzione del tempo trascorso sulla piattaforma da parte degli utenti. Il numero di ore nel quarto trimestre 2017 è diminuito di circa 50 milioni al giorno. Negli Stati Uniti e in Canada, mercati che ospitano gli utenti più interessanti per gli inserzionisti pubblicitari, il numero di accessi giornalieri è sceso di 700mila unità. La difesa di Facebook, che sembra aver convinto anche gli investitori (ieri il titolo ha archiviato la seduta al Nasdaq guadagnando il 4,37% a 166,67 dollari per azione), è che ciò sia inevitabile. Perché il cambiamento nell’algoritmo ha come ratio quella di limitare la diffusione di video virali. 
C’è attesa da parte degli investitori per capire la strategia che Facebook adotterà. Il minor numero di spot presenti sulla piattaforma potrebbe far aumentare il prezzo con il quale la società vende gli spazi pubblicitari alle imprese e la ricaduta finanziaria non dovrebbe essere negativa. Le rivelazioni del Datagate, peraltro, sembrano non aver modificato le strategie d’investimento delle multinazionali, al netto di Unilever che ha deciso di dirottare altrove le sue risorse.