Il Messaggero, 25 aprile 2018
«Nessuno sullo scranno dove sedeva Virginia». Voto bulgaro dei grillini
«A Robe’, questi so’ matti, faccelo tu il governo». La consigliera comunale Giorgia Meloni, che è anche leader di Fratelli d’Italia, prima di lasciare il Campidoglio si sfoga con il collega di opposizione (e amico) Roberto Giachetti del Pd. La battuta ha un respiro nazionale, ma parte da una vicenda molto locale. Si è appena consumata la lotta per lo scranno che fu di Virginia Raggi, richiesto a gran voce da Cristina Grancio, ex grillina espulsa dal M5S per le sue posizioni contro lo stadio della Roma a Tor di Valle.
Alla fine i pentastellati decidono che Grancio non solo non potrà occupare il mitologico terzo scranno in alto nell’emiciclo sinistro dove la consigliera Raggi fece opposizione a Marino dal 2013 al 2015. No, finisce sotto la teca della storia l’intera fila che fu occupata da De Vito, Stefano, Frongia e l’attuale sindaca. Intoccabile. Nessuno potrà sedersi in quei posti: patrimonio dell’Unesco?
LA DOMANDA
«Mi chiedo dov’è l’articolo del regolamento che prevede di escludere una scelta del posto ai consiglieri?», ha detto Grancio che voleva accomodarsi in quel banco come sfida di purezza: «Io non ho mai cambiato idea sugli ideali del M5S e sul programma». In un momento di caos la consigliera si è comunque accomodata nel posto proibito, adottata dalle opposizioni del centrodestra e del Pd. In imbarazzo De Vito ha annunciato di voler mettere la scelta ai voti, già ratificata in conferenza dei capigruppo. «E quale sarebbe il motivo? Perché non lo dite apertamente?», è stato l’affondo di Meloni. Alla fine con 25 voti a favore e 8 contrari l’assemblea capitolina ha approvato la decisione dei capigruppo che vieta a chiunque di sedersi sulla fila di scranni di opposizione che furono del M5s nel 2013.
La consigliera del Pd Valeria Baglio ha preso la parola spiegando che «è una cosa ridicola che dobbiamo stare qui a discutere degli scranni liberi e che il M5s deve decidere a chi assegnare. È una vergogna che ci costringete a votare su questo, nessuna capigruppo si è mai espressa sul mio posto». «Non vi permetteremo di strumentalizzare quest’aula», ha ribattuto il capogruppo del M5s Paolo Ferrara aggiungendo: «So che molti di voi sono esperti in poltrone visto che ne hanno addirittura due». Riferimento a chi è contemporaneamente parlamentare o consigliere regionale (i casi in consiglio comunale sono 4). Di sicuro, non esiste un articolo del regolamento che vieta dove sedersi, e anche è un unicum. La vicenda è durata più di trenta minuti con il consiglio comunale convocato per discutere della situazione di Atac, la più grande municipalizzata italiana che balla sul baratro del fallimento. «Ao, metteteci un altarino dove stava la Raggi», hanno urlato spazientiti da questa commedia i dipendenti della società, in Aula per ben altri motivi. Paolo Ferrara, fiero del voto bulgaro del M5S e della forzatura al regolamento, a fine serata ha ribadito fiero il concetto: «Non permettiamo a nessuno di occupare quei posti: serve disciplina». Dalla casa di vetro alla caserma.